Cronaca di Frontiere del Gusto

Redazione

Frontiere del gusto con Moni ovadia

di Giuditta Lagonigro

Ha suscitato curiosità e interesse la prima edizione di Frontiere del Gusto, manifestazione  organizzata  dall’Associazione di Idee Borgo Castello Tre – Gorizia – e la Compagnia del  Cibo Sincero di Monfalcone. La kermesse, ricca di appuntamenti di cultura gastronomica, con momenti dedicati alla letteratura, è stata aperta daMartino Ragusa, scrittore, giornalista, gastronomo e Presidente nazionale della Compagnia del Cibo Sincero, che ha tenuto una conferenza sul tema Origini e attualità della cucina siciliana. Nella storica sala conferenze del Museo Provinciale di Gorizia, a Borgo Castello, cuore dell’antica e nobile città di Gorizia, Martino Ragusa, siciliano Doc, ha posto l’accento sulla cucina italiana contemporanea che si è riscattata dalla nouvelle cuisine dando la propria impronta alle ricette.

“I ristoratori oggi propongono piatti in cui si privilegia la cucina dei sapori, evidenziando le materie prime che sono riconoscibili insieme a forme e colori. Una cucina di ingredienti dunque, non di copertura. In Sicilia, con il grande patrimonio delle materie martino in conferenza stampaprime e la varietà dei pasti, la cucina si presta a rappresentare un’ideale cucina temporanea in cui la tradizione venga rivisitata con l’esaltazione e la puntualizzazione dei procedimenti semplificati (ad esempio la  destrutturazione), il cui scopo sia l’esaltazione della materia prima. Nei ristoranti siciliani in cui si fa cucina un po’ ricercata, gli chef mettono le mani su vecchie ricette, rendendole eleganti anche nella presentazione dei piatti. I siciliani che un po’ si nascondono e un po’ sono consapevoli della loro “specialità” attraverso le tantissime contaminazioni culturali dei popoli dominatori, hanno quasi rafforzato la loro identità collettiva, anche nella cucina. In Sicilia, nonostante le inflessioni territoriali, la cucina è unitaria”.
Il racconto di Martino Ragusa  continua attraverso diapositive attraverso le  quali  i presenti  vengono accompagnati in un viaggio di sapori e profumi narrati e quasi percepibili.

“Frutta di marzapane, esempio di cucina d’imitazione e di grande abilità dei pasticceri, l’olio, la ricotta, le anguille, di cui i fiumi siciliani sono ricchi, il vino, la ricotta salata, capperi, basilico, tutti prodotti introdotti dai Greci.  Ai Romani la Sicilia deve dire grazie per la salatura del pesce, specialmente le sarde, companatico dei poveri, per  il macco di fave, condiviso con la Puglia, piatto quasi archeologico, arrivato intatto ai giorni nostri, la salsiccia aromatizzata con pepe e semi di finocchio, quasi unico manufatto del maiale (a causa della presenza musulmana) e gli asparagi.

Gli Arabi, invece, in Sicilia hanno avuto una cous cousdominazione breve ma intensa. Loro eredità lo zucchero di canna, la frutta candita, la cassata, (torta in arabo) in una forma che nel tempo si è stratificata, gli agrumi, la cannella, il cous cous  (Trapani, Erice, Pantelleria sono i vertici del triangolo del cous cous), il sorbetto, il gelsomino che entra in alcune ricette di dolci, le panelle, lo zafferano, i cannoli, le sfingi (dolci devozionali) e il torrone di sesamo. Gli Ebrei, accolti durante le loro diaspore, hanno introdotto i carciofi, le melanzane steccate con formaggio, aglio, pepe,“cotte nell’olio”, il pane con la milza, la zuppa con la zucchina lungadella quale si mangiano anche le foglie (tenerumi).  Agli Angioni si devono le aringhe, lo stoccafisso, l’aglio, la brioche che in Sicilia viene riempita di gelato, il rollò o falso magro, il gattò… Ultimo capitolo per le arancine, attribuite agli Arabi, agli Angioini e agli Svevi.  Inizialmente l’arancina era composta solo da riso accompagnato da carne in umido, poi è probabile che sia stata trasformata in cibo da caccia, quindi da trasporto. Il nome deriva dalla sua somiglianza con l’arancia.

Con gli spagnoli sono arrivati il pomodoro, la caponata, la zucca, il pandispagna, le patate, i peperoni. Un capitolo a parte merita la cucina patronale dei monsù, parola che deriva da monsieur, titolo riservato a cuochi reclutati dai nobili per i quali il monsù era uno status simbol. pasta con le sardeQuella dei monsù era una cucina francese ma nacque una contaminazione tra gli aiutanti dei cuochi e le ricette di questi, con il risultato di piatti come le sarde a beccafico che emulavano  gli uccelletti, non alla portata del popolo. Altro esempio le melanzane a bistecca, con il salmoriglio, le melanzane a cotoletta, a quaglia, fino alla  più recente pasta con le sarde (fine del 1700). Ultima, ma non meno importante, la cucina conventuale. Alle monache si deve la frutta Martorana (dal convento di Martorano) le minni di virgini (seni di vergini), l’agnello di marzapane. La Chiesa si è impossessata dei dolci e li ha fatti diventare devozionali, quindi  tutti ne potevano mangiare senza commettere peccato di gola. Altra distinzione  da fare è quella  tra la cucina di città, con cucina più elaborata e la cucina di paese, con cucina più rustica e la cucina di strada, con cibi che si possono mangiare passeggiando”

Una cucina, quella siciliana, ha concluso Martino Ragusa, con una forte identità ma nel contempo unitaria, quindi nazionale e contemporanea.  Tesi, questa, condivisa dal folto gruppo di amici capeggiati da Salvatore Colella, Presidente dell’Associazione culturale e ricreativa siciliana di Gorizia, intervenuti alla conferenza insieme ai soci della Compagnia del Cibo Sincero di Monfalcone e di Trieste.  La cordiale chiacchierata è proseguita all’interno della sede dell’Associazione di Idee Borgo Castello Tre, dove è stato presentato anche il Libro Orto e Mangiato, dello stesso Martino Ragusa. I presenti, accolti da Isabella Stauble, hanno potuto gustare alcuni piatti della cucina siciliana, rivisitati da Savy chef  e fare un brindisi con i vini della Tenuta di Borgo Conventi a Farra d’Isonzo.

Nei giorni successivi si sono svolte le interessanti degustazioni di te, curate da TeaTime di Trieste , che ha allestito una bella mostra di teiere antiche e moderne e di olio.

rita costanzoL’assaggiatrice di olio, Rita Costanzo, socia della Compagnia, ha presentato un olio extravergine di Cividale del Friuli -Grinòvero -, da gustare insieme a un assaggio di orzotto con crema di barbabietole e cialda di formaggio. Rita Costanzo ha raccomandato ai presenti di utilizzare sempre un buon olio extravergine di oliva del proprio territorio e quando possibile, cercare di scoprire gli altri oli extravergine presenti in tutte le regioni italiane. L’olio è il  condimento principe della dieta mediterranea e bisogna imparare a conoscerlo bene.
Di grande impatto anche la serata conclusiva di Frontiere del Gusto che si è svolta nella Tenuta Borgo  Conventi, a Farra d’Isonzo, con un gradito ospite: Moni Ovadia. Il poliedrico autore si è intrattenuto col folto pubblico conversando sul libro Il Glicomane, l’uomo che diventò un dolce, sua ultima pubblicazione.

“Non vivo per mangiare, ma apprezzo la qualità del  cibo, ha esordito Moni Ovadia che moni ovadia con martinoparla di sé, della sua famiglia, del codice etico/dietetico a cui è stato avviato, in famiglia, sin dall’infanzia. E’ importante che vi siano politiche tese alla  promozione e alla salvaguardia dell’immenso patrimonio enogastronomico italiano, ribadisce Ovadia!  Grande ironia  nel libro il Glicomane, laddove l’autore racconta di George Samla, continua a  vivere pur avendo un altissimo livello di glicemia nel sangue. Avvia quindi, un processo introspettivo, aiutato da un naturopata greco che lo accompagna nel viaggio che riserverà un finale inatteso:l’uomo non muore perché si è trasformato  egli stesso in un dolce…

La  serata è proseguita con la degustazione  di: zuppa di porri, cous cous con caponata e melanzane alla parmigiana light, preparati da Rita Costanzo e di piatti preparati da Savy chef con la supervisione di Isabella Stauble: hummus (crema di ceci speziata)  su crostini di pane con olio evo, jota bianca (passata di fagioli bianchi e crauti), sugo di glutine con polenta di farina di mais gialla, pan di mandorleal cacao insieme a tiramisù e dolcetti  preparati da una socia dell’Associazione di Idee. Impeccabile l’accoglienza della Tenuta Borgo Conventi che ringraziamo per la cortese disponibilità.

 

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