Pasqua, tempo di Vin Santo: un passito da riscoprire

Natascia Rioli
3 minuti

     

    La Pasqua si avvicina e porta con sé profumo di fiori, colori vivaci, uova di cioccolato, grigliate all’aria aperta, colombe dolci e… Vin Santo!

    Lo sapevate? Questo vino infatti si chiama così proprio perché, secondo la tradizione, le uve utilizzate per produrlo, lasciate appassire lentamente dopo la vendemmia, venivano pigiate, pressate e infine messe a fermentare proprio durante la Settimana Santa.

    A dirla tutta, le leggende sull’origine del nome “Vin Santo” sono tantissime. C’è chi lo fa risalire alla frase “Questo è vino di Xantos!” pronunciata a un Concilio Ecumenico tenutosi a Firenze nel 1439 – frase mal interpretata, visto che il nome Xantos, cioè Santorini, è diventato “Santo”. Qualcuno poi ne cerca la provenienza addirittura nell’antica Grecia e nella parola xanthos, “biondo”; altri semplicemente riducono questa espressione all’usanza di servire vini passiti e dolci durante la messa.

    Qualunque sia l’origine del nome, in fin dei conti, poco importa: sono leggende affascinanti, e a noi piace pensare che ci sia un po’ di vero in ognuna di esse. Concentriamoci ora sul presente del (o meglio dei) Vin Santo DOC, vino passito tra i più pregiati in Italia, ma troppo spesso imitato e ridotto a vino di bassa qualità, buono solo per inzupparci i cantucci.

    Oggi vogliamo approfittare dell’avvicinarsi della Pasqua per sfatare qualche mito sul Vin Santo, un prodotto in cui tradizione e tecniche moderne si incontrano, per creare un passito tra i più interessanti e premiati al mondo.

    Vini passiti e vini liquorosi: alla scoperta del vero Vin Santo

    Abbiamo nominato i vini passiti, ma ci sarà sicuramente capitato di imbatterci in bottiglie di vino liquoroso, molte volte di bassa qualità, che abbiamo accettato come Vin Santo, incoraggiati da nomi che in qualche modo contengono la parola Santo, ma che, se guardiamo da vicino l’etichetta, da nessuna parte riportano la dicitura “Vin Santo DOC”.

    Come abbiamo accennato, il Vin Santo DOC è un vino passito, mentre i vini liquorosi non fanno parte del disciplinare di produzione. Ma qual è la differenza tra un vino passito e un vino liquoroso e cosa hanno a che vedere queste due categorie con il Vin Santo?

    Come nasce un vino passito

    Un vino passito, come suggerisce il nome, è prodotto con uve appassite, senza alcuna aggiunta di zucchero o alcol.

    Marco Taliani de Marchio/shutterstock.com

    Il processo di appassimento può avvenire sia sulla pianta, vendemmiando l’uva più tardi rispetto a un normale vino secco, sia in locali appositi, in cui le uve vengono lasciate disidratare esposte a sole e vento, o negli essiccatoi, per periodi che vanno dalle poche settimane ai circa sei mesi del Vin Santo DOC. Così facendo, l’acqua contenuta nei grappoli pian piano evapora e lo zucchero si concentra.

    Il periodo di appassimento e le tecniche sono regolate dal disciplinare di produzione. Al termine di questo processo, si pigiano e si pressano gli acini appassiti per estrarre il mosto, che sarà tanto più denso e zuccherino quanto più lungo e intenso è stato l’appassimento.

    Il mosto viene poi fatto fermentare: solitamente la fermentazione consiste nel trasformare tutto lo zucchero contenuto nel mosto in alcol, grazie all’azione dei lieviti, ma nel caso dei vini passiti non tutto lo zucchero viene trasformato in alcol. A volte la fermentazione si interrompe naturalmente, altre volte invece è necessario l’intervento dell’enologo, ma in tutti i casi, trattenendo lo zucchero, riusciamo a ottenere un vino dolce e non troppo alcolico, solitamente entro i 15 gradi.

    Dopo la fermentazione, i vini passiti di più alta qualità riposano per qualche anno in botti di legno, per uscirne ancora più concentrati, morbidi e ricchi di aromi.

    Cos’è un vino liquoroso

    AnfisaT/shutterstock.com

    A differenza del passito, un vino liquoroso rientra nella categoria dei vini speciali, ovvero vini che subiscono ulteriori lavorazioni o aggiunte di componenti: ad esempio nei vini liquorosi, come ci suggerisce il nome, durante (o al termine) della fermentazione, al vino viene aggiunto alcol, per ottenere dei composti molto longevi e con caratteristiche aromatiche particolari.

    Nel caso di questi vini, l’uva non è quasi mai appassita perché, a differenza di un vino passito, non serve concentrare gli zuccheri: basta aggiungere l’alcol poco dopo l’inizio della fermentazione, quando il mosto è ancora dolce, per interrompere l’azione dei lieviti e ottenere il grado alcolico e il livello di dolcezza desiderati. Non è raro dunque che i vini liquorosi raggiungano gradazioni tra i 15 e i 22 gradi alcolici.

    Oltre a quelli dolci, esistono moltissimi vini liquorosi secchi, come alcune categorie di Sherry, il celebre vino spagnolo tanto amato dagli inglesi – da non confondere con lo Cherry, un liquore alla ciliegia.

    Un vino liquoroso può essere messo subito in commercio, come nel caso dei vini di più bassa qualità che spesso imitano il Vin Santo. In alternativa, può essere affinato in legno anche per anni, per acquisire corpo, eleganza e nuovi aromi: è il caso di vini pregiati come il Porto Vintage o LBV, tutti gli Sherry e i Marsala

    I processi di lavorazione dei due vini sono quindi molto diversi. Come vedremo tra un attimo, il vero Vin Santo DOC è sempre e solo un vino passito!

    Il Vin Santo DOC: come riconoscerlo?

    Andriana Syvanych/shutterstock.com

    Il Vin Santo è un vino passito dal colore ambrato che ha origine nei vini dolci tradizionalmente prodotti nel centro Italia. È qui che i contadini lasciavano appassire le uve nei solai, appese ai soffitti, dal momento della vendemmia fino alla Pasqua, per poi lasciar riposare il vino che ne derivava in piccole botti di legno, per lunghissimi periodi. Un procedimento antico e sapiente, che si è diffuso pian piano in diverse zone della nostra penisola per dare origine a prodotti di eccellenza riconosciuti e amati in tutto il mondo.

    Nonostante il Vin Santo toscano sia il più famoso, esistono piccole produzioni anche in altre regioni: poco conosciuto, seppure di grande pregio, è il Vino Santo del Trentino DOC, anche questo un vino passito molto simile all’omonimo toscano.

    Concentriamoci però sulla regione che ha reso il Vin Santo celebre nel mondo, la Toscana, dove il Vin Santo viene prodotto sotto ben 4 Denominazioni di Origine Controllata: Vin Santo di Carmignano, Vin Santo del Chianti, Vin Santo del Chianti Classico e Vin Santo di Montepulciano.

    I vitigni

    Le varietà più utilizzate per la produzione del Vin Santo toscano sono il Trebbiano toscano e la Malvasia bianca lunga. Il Sangiovese è invece alla base della tipologia Occhio Di Pernice, prodotta in tutte e 4 le DOC di cui sopra: il risultato è un vino scuro, denso e concentrato che alla vista ricorda quasi l’aceto balsamico tradizionale.

    La produzione

    Nel territorio del Chianti Classico, la produzione di Vin Santo del Chianti Classico è una vera e propria arte che richiede tempo e pazienza.”
    Disciplinare del Vin Santo del Chianti Classico DOC

    L’uva per il Vin Santo è sempre vendemmiata a mano, per selezionare solo i grappoli più sani e maturi. Gli acini vengono poi sottoposti all’appassimento, che ancora oggi dura fino a fine marzo, dopodiché il mosto altamente zuccherino viene messo a fermentare nei tradizionali caratelli, piccole botti di legno allungate, e lì rimane per qualche anno ad acquisire morbidezza e aromi.

    Antonio Gravante/shutterstock.com

    I caratelli storicamente non venivano mai puliti, e il nuovo Vin Santo veniva messo a fermentare assieme alle fecce rimaste sul fondo del caratello dalla precedente vinificazione, la cosiddetta “madre”. Oggi i produttori più tradizionali continuano ad usare la madre, mentre gli enologi più moderni ne sconsigliano l’uso perché è talvolta responsabile di processi microbiologici indesiderati e aromi sgradevoli.

    Caratteristiche del Vin Santo DOC

    Come si presenta dunque un Vin Santo DOC? Ovviamente ogni DOC ha le sue sfumature, ma in generale troviamo un vino dal colore ambrato, dagli aromi intensi e persistenti di albicocca secca, pesche sciroppate, mandorle e amaretti, pasticceria secca, uva passa, miele. Al gusto è decisamente dolce, ma i prodotti migliori riescono a mantenere la giusta dose di acidità, che rende il vino equilibrato e per nulla stucchevole.

    In alcuni casi, i caratelli non vengono riempiti completamente, lasciando un piccolo spazio vuoto che consente al vino il contatto con l’ossigeno, dandogli caratteristiche ossidative: prevalgono quindi gli aromi marsalati e di frutta secca come noci e nocciole, o di burro leggermente rancido.

    La versione Occhio di Pernice invece è un po’ diversa: scuro e denso alla vista, quasi nero, e presenta aromi di prugne secche, uva passa, datteri, propoli, miele di castagno, erbe balsamiche, spezie dolci e affumicato. 

    I lunghi affinamenti conferiscono al vino concentrazione e persistenza, dandogli una consistenza densa, oleosa, simile a uno sciroppo, e la moltitudine di aromi lascia che il vino indugi a lungo sul vostro palato, che vi ringrazierà, appagato.

    Abbinamenti con il Vin Santo: cantucci sì o no?

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    Siamo consapevoli che è praticamente impossibile parlare di Vin Santo senza pensare ad inzupparci i Biscotti di Prato, meglio conosciuti come Cantucci, ma dopo tutto quello che vi abbiamo raccontato, siete proprio sicuri di voler alterare il vostro prezioso calice anziché degustarlo in purezza? A voi la scelta, ma noi vi consigliamo di degustarlo senza briciole, e accompagnare il biscotto al vino senza inzupparlo. 

    Sarebbe poi un peccato godersi il Vin Santo solo con i Cantuccini! Sempre restando sui dolci, suggeriamo di provarlo con altra pasticceria secca come i Ricciarelli, o i biscotti di pasta di mandorle, oppure, perché no, una buona fetta di colomba pasquale!

    Da non sottovalutare gli abbinamenti con il salato: il Vin Santo è perfetto anche con sapori in forte contrasto come crostini ai fegatini o formaggi erborinati: un Roquefort o un Gorgonzola stagionato saranno perfetti!

    Bene, ora che abbiamo capito il grande lavoro dietro al Vin Santo, saremo pronti ad accettare il suo unico neo: il prezzo! Una bottiglia di Vin Santo DOC di qualità, solitamente imbottigliata in formato da 500 cl o 350 ml, difficilmente costa meno di 25-30€. D’altronde, le bassissime rese e il lunghissimo processo di lavorazione ne fanno un prodotto d’eccellenza: niente a che vedere con le pallide imitazioni di vini liquorosi pronti in pochi mesi.
    Ora che conoscete la differenza, occhio all’etichetta: cercate la dicitura “Vin Santo DOC” e siamo sicuri che non ve ne pentirete!

    Ora tocca a voi: quali sono i vostri Vin Santo DOC preferiti, e come li abbinate? Attendiamo suggerimenti e consigli per una dolcissima Pasqua!

    Nata a Modena, vive a Sassuolo (MO) e lavora a Reggio Emilia. Ufficialmente è Project Manager in ambito Digital, ma la sera è facile trovarla in giro per l'Emilia mentre insegna a degustare il vino. Assaggiatrice di vino e Sommelier, sta studiando per il WSET Diploma. Il suo piatto preferito è senza dubbio la pizza napoletana, tanto da avere in casa un forno dedicato, rigorosamente abbinata a una bollicina. In cucina non può mancare... un calice di buon vino, cos'altro?

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