Formaggi erborinati

Viaggio nel favoloso mondo dei formaggi erborinati

Roberto Caravaggi
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    Inconfondibili nell’aspetto, con la pasta interna solcata da occhielli o venature verde-grigio, in molti casi tendenti al blu, e spesso caratterizzati da un odore penetrante e un gusto deciso: sono i formaggi erborinati. Se il principale esponente di questa categoria è il Gorgonzola, scopriremo che la grande tradizione casearia italiana conta di tante specialità. Così come ci sono altre grandi eccellenze straniere, come il francese Roquefort e l’inglese Blue Stilton, che contendono al gorgonzola il primato della popolarità e dell’apprezzamento a livello mondiale. Insomma, quello dei formaggi erborinati – definiti, proprio per la caratteristica colorazione interna dovuta alle muffe, “blu”, “bleu”, “blue cheese” o “queso azul”, a seconda delle latitudini – è un mondo tutto da scoprire. Con l’articolo di oggi vogliamo portarvi a conoscerlo più da vicino, a partire dai migliori rappresentanti della cultura casearia italiana, passando per i vicini francesi e concludendo con altre eccellenze internazionali.

    Formaggi erborinati: come nascono?

    Formaggi erborinati caratteristiche

    AS Food studio/shutterstock.com

    La dicitura “formaggi erborinati” deriva dal termine dialettale milanese erborin, che sta per “prezzemolo”, ed è riferito alle venature o occhiellature grigio-verdi che solcano la pasta interna. Questo aspetto caratterizzante è dovuto all’azione di un micelio ( l’apparato vegetativo dei funghi), che dà luogo alla proliferazione di muffe nel corso della stagionatura del formaggio. Si tratta quindi di microrganismi che, senza interferire con i fermenti lattici della lavorazione casearia, vivono e agiscono all’interno della forma. Per questo motivo, si dice che gli erborinati sono dei formaggi “vivi”, in cui consistenza, odore e gusto continuano a evolvere nel tempo. 

    Pare che, come per molte specialità gastronomiche, l’origine dei formaggi erborinati sia dovuta a una casualità. In antichità, infatti, in assenza di tecnologie per la refrigerazione degli alimenti, si usava conservare i beni deperibili all’interno di ambienti freschi e bui, con umidità costante, come le grotte. Qui, i funghi responsabili dell’erborinatura trovavano l’ambiente ideale per proliferare e colonizzare il formaggio, conferendogli quelle caratteristiche di aspetto e gusto che li rendono oggi inconfondibili. Leggenda vuole che proprio dalla dimenticanza di un pastore, che ha abbandonato il suo pasto frugale a base di pane e formaggio all’interno di una grotta, sia nato il famoso Roquefort. Dopo qualche tempo, infatti, le muffe sviluppate dal pane avevano intaccato anche il formaggio: quel che sembrava un danno è stata, invece, rivelazione!

    Di solito, i microrganismi responsabili dell’erborinatura appartengono al genere Penicillium (la varietà più nota è il penicillium roqueforti, ma sono noti anche il glaucum e il weidemann, per citare altri esempi) e tradizionalmente vengono inoculati attraverso dei fori nelle forme. Un’operazione che erano i pastori stessi a svolgere, grazie a lunghi aghi a bucare la pasta dall’esterno per fare in modo che le spore potessero arrivare fin nel cuore del formaggio. Oggi, tuttavia, eccezion fatta per alcune produzioni artigianali, si preferisce procedere addizionando al latte, appena prima della cagliata, colture selezionate dei suddetti funghi.

    Re Gorgonzola

    gorgonzola dop

    Andrey Starostin/shutterstock.com

    Quando si parla di formaggi erborinati, viene facile pensare subito al gorgonzola. Non a caso, si tratta di una delle eccellenze gastronomiche italiane più famose e apprezzate a livello mondiale. Le sue origini, contese tra la Lombardia e il Piemonte, sembrano risalire addirittura all’anno 879 d.C. Dal 1996 ha ottenuto la denominazione Gorgonzola DOP, con un disciplinare che ne definisce i processi di lavorazione e l’area di produzione. 

    Il gorgonzola si produce da latte rigorosamente vaccino e, in base alla stagionatura, può essere dolce o piccante. Il primo, la cui stagionatura è compresa tra i 50 e 150 giorni, è di consistenza morbida (in alcune versioni al cucchiaio si presenta come una sorta di crema), con un sentore burroso, da cui emergono le note aromatiche dell’erborinatura. Il gorgonzola piccante (noto anche come gorgonzola naturale) stagiona, invece, da un minimo di 80 a un massimo di 270 giorni. Più compatto e dalla pasta friabile, al taglio rivela in genere un colore bianco avorio, con le venature più scure della versione dolce. Anche il gusto cambia, con una prevalenza piccante donata dall’azione delle muffe.

    Molto apprezzato sia in purezza, sia come ingrediente per la preparazione di specialità tipiche, quali la polenta e gli gnocchi o – soprattutto la versione dolce – per la mantecazione dei risotti, viene celebrato ogni anno dalla Sagra Nazionale del Gorgonzola, che si svolge a settembre nell’omonima cittadina lombarda.

    Non solo Gorgonzola: il panorama dei “blu” italiani

    Se al Gorgonzola DOP va il titolo di capofila del settore, in Italia c’è un vasto mondo di formaggi erborinati, che include alcune specialità di grande pregio e tradizione. È

     soprattutto nel Nord Italia che questo tipo di prodotti ha trovato larga diffusione e si è espresso anche in tante realtà artigianali: piccoli caseifici o malghe di montagna, dove si producono veri e propri capolavori di arte casearia.

    Strachitunt DOP, l’antica eccellenza bergamasca

    Strachitunt DOP

    strachitunt.it

    Tra i più noti “parenti del gorgonzola” troviamo lo Strachitunt DOP, eccellenza bergamasca, dov’è orgogliosamente prodotto da secoli. A differenza del gorgonzola, si usa solo latte vaccino intero e, soprattutto, non viene inoculato alcun ceppo fungino per la formazione delle muffe: semplicemente, si unisce la cagliata della sera prima a quella fresca del mattino. Il contrasto di temperatura tra le due cagliate e le forature praticate ancora manualmente, durante il periodo di stagionatura (che dura almeno 75 giorni), favoriscono lo sviluppo di una più o meno accentuata erborinatura. Il prodotto finale è a pasta compatta, piuttosto friabile e con un sentore paglierino, dovuto all’alimentazione delle vacche, che avviene in gran parte all’aperto, nei pascoli della Val Taleggio

    Blu del Moncenisio e Blu di Morozzo: due specialità piemontesi

    Altro erborinato tipico è il Blu del Moncenisio, che si produce in Piemonte, nell’area tra il versante meridionale del Colle del Frejus e l’Altopiano della Novalesa. Prodotto da latte di mucca, cui è ammessa l’eventuale aggiunta di una percentuale di latte caprino, viene poi sottoposto a una stagionatura minima di due mesi. Si presenta in forma cilindrica, con una crosta sottile e la pasta interna dal colore paglierino, con le muffe sviluppate a occhielli. La consistenza è piuttosto friabile e il gusto può variare dal dolce al piccante a seconda della stagionatura.

    Dal gusto decisamente più delicato è, invece, il Blu di Morozzo, che prende il nome dall’omonimo comune in provincia di Cuneo. Si tratta di un formaggio a crosta fiorita, simile al francese Brie nell’aspetto, ma dalla lavorazione simile a quella del Rochebaron, altra tipicità transalpina. Cospargendo la crosta esterna di cenere si favorisce la crescita naturale di muffe del ceppo penicillium roqueforti, che contribuiscono allo sviluppo di venature bluastre all’interno della pasta. Ne risulta un prodotto dolce, cremoso, con solo un lieve accenno delle note aromatiche dovute all’erborinatura.

    Blu del Montefeltro: il tesoro dell’entroterra romagnolo

    Blu del Montefeltro

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    Di ben altro tono è, invece, il Blu del Montefeltro. Prodotto nell’area appenninica tra la Romagna e le Marche è un formaggio dalla storia “breve”, ma che ha saputo riscuotere già importanti riconoscimenti, come il primo posto al concorso Infiniti Blu (evento a contorno della Sagra Nazionale del Gorgonzola) del 2010. Si produce da latte vaccino e viene fatto stagionare per almeno 4 mesi in forme cilindriche, affogate in vinacce di Albana (tipico vino romagnolo) passita. Quest’affinatura conferisce al prodotto finale, che presenta delle venature blu ben sviluppate lungo tutta la pasta, una nota aromatica capace di regalare un ottimo contrasto con il sentore piccante delle muffe.

    Bleu d’Aoste: espressione di montagna 

    Storia piuttosto recente anche quella del Bleu d’Aoste, prodotto in Valle d’Aosta a partire dal 2005 con latte intero proveniente da sole razze autoctone. Al taglio, presenta un colore bianco avorio, con evidenti venature blu dovute all’azione delle muffe di penicillium roqueforti. Si caratterizza poi per la pasta compatta, tendente al granuloso col procedere della stagionatura (che va da un minimo di 90 a un massimo di 120 giorni), e per il gusto intenso e aromatico, che gli è valso una serie di riconoscimenti, quali la medaglia d’oro per la “categoria formaggi erborinati”, sia nella 4ª Olimpiade dei Formaggi di Montagna, svoltasi nell’ottobre 2005 a Verona, sia nella 6ª edizione, svoltasi nell’ottobre 2007 a Oberstdorf (Germania).

    I grandi “blu” di capra, pecora e bufala

    C’è poi tutta una galassia di erborinati prodotti da latte caprino, ovino e bufalino. A questo proposito, vale la pena di citare il blu di capra della Malga Carnia Formaggi, realtà friulana con sede a Sauris (UD). Qui i formaggi sono prodotti da solo latte d’alpeggio, lavorato rigorosamente a crudo, che si traduce in un’intensità aromatica dove spiccano le erbe di montagna di cui gli animali al pascolo si nutrono. Nel blu di capra, in particolare, questa nota erbacea si sposa al meglio col sentore vagamente selvatico del latte caprino. 

    Prodotto d’eccellenza è anche il Baffalo Blu, prodotto con latte di bufala dal Caseificio Defendi: pasta bianca compatta con venature verdognole ben delineate, presenta al palato una scioglievolezza, che lascia poi spazio a un sapore che dal burroso si evolve in intensità, fino a un retrogusto vagamente piccante. Si è classificato al 6° posto assoluto nell’edizione 2018 dei World Cheese Awards.

    La tradizione francese dei formaggi erborinati: 3 eccellenze da provare

    La grande tradizione francese nell’arte casearia trova espressione anche in fatto di formaggi erborinati. Allo stesso modo in cui in Italia è il gorgonzola a farla da padrone, qui il principe indiscusso della categoria è il Roquefort. Anche se, come vedremo, ci sono altre autentiche eccellenze degne di nota.

    “Le roi”: il Roquefort

    Roquefort

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    Si tratta di una specialità dalle origini antichissime: le prime tracce storiche risalgono, infatti, al VIII secolo d.C. Prodotto da latte ovino di origine locale, lavorato a crudo, ha ottenuto nel 1996 il riconoscimento europeo di AOP (Appellation d’origine protégée), equivalente in lingua transalpina della nostra DOP. Il disciplinare di produzione ne regolamenta tutte le fasi di produzione. In particolare, l’aggiunta di spore di penicillium roqueforti al momento della cagliatura e, soprattutto, la fase di stagionatura (da un minimo di 90 giorni a un massimo di 9 mesi), che deve avvenire nelle grotte tipiche della località di Roquefort-sur-Soulzon, nell’area a sud del Massiccio Centrale. Le condizioni costanti di umidità e di temperatura e la ventilazione naturale, creata dalla particolare conformazione delle rocce calcaree, contribuiscono a ottenere un prodotto finale dalle caratteristiche inconfondibili. Il Roquefort, contraddistinto dalle occhiature grigio-verdi dovute all’azione delle muffe, presenta una pasta untuosa e avvolgente al palato e un gusto particolarmente intenso, dove emerge il sentore deciso del latte di pecora.

    Bleu d’Avergne AOP

    Altra eccellenza francese in fatto di formaggi erborinati è il Bleu d’Avergne AOP. Proveniente dall’area nel cuore del Massiccio Centrale, si produce a partire dal latte di vacca. Leggenda vuole che tradizionalmente fosse prodotto aggiungendo del pane di segale alla miscela di latte e caglio, chiudendo poi il tutto in sacchi forati, dove lasciar fermentare il tutto per lo sviluppo delle caratteristiche muffe. Oggi l’erborinatura è dovuta all’inoculazione di spore di penicillium glaucum, la cui azione viene favorita dalla foratura delle forme. La salatura avviene in due tempi e viene eseguita a secco durante la fase di stagionatura, che è piuttosto breve: dalle due settimane alle quattro e oltre. Questo fa sì che il Blue d’Auvergne risulti tendenzialmente cremoso, con un gusto piuttosto dolce e aromatico (specie nelle forme meno stagionate), dove vanno a inserirsi le note di una piccantezza appena accennata.

    Fourme d’Ambert AOP

    Fourme d'Ambert

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    A chiudere – idealmente – il podio degli erborinati francesi, citiamo la Fourme d’Ambert AOP. Formaggio originario della zona dei monti del Forez, è prodotto da latte di vacche alimentate con erba dei pascoli e foraggi locali. Il latte viene lavorato entro 48 ore dalla mungitura, dopo di che si passa alla cagliatura e alla successiva spillatura, che favorisce la penetrazione delle muffe all’interno della pasta. La stagionatura minima è di 28 giorni, per un formaggio che si presenta con una pasta untuosa, punteggiata dagli occhielli verde-blu dell’erborinatura, consistenza cremosa e profilo aromatico dolce, cui fa da contrasto un retrogusto paglierino

    Dal Blue Stilton al Cabrales: gli altri erborinati dal mondo

    Aldilà delle eccellenze di due Paesi dalla grande tradizione casearia, come Italia e Francia, ci sono altri formaggi erborinati che godono di fama mondiale. Vediamoli di seguito, continuando il nostro viaggio.

    Blue Stilton: l’inglese per eccellenza

    Blue Stilton

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    A partire dal Blue Stilton, prodotto DOP di provenienza inglese, dov’è stato prodotto per la prima volta nel XVIII secolo. La base è il latte vaccino, che viene sottoposto a pastorizzazione. Dopo la lavorazione, che prevede l’aggiunta di fermenti lattici, spore di penicillium roqueforti, caglio e sale, si procede alla posa del composto ottenuto in cesti di legno di noce. Qui, il formaggio prende forma e procede la stagionatura, che può durare da tre a sei mesi. Il prodotto finale si presenta con una crosta sottile, completamente edibile, e una pasta bianca caratterizzata da occhiature bluastre che si diradano dall’interno (dove sono, in genere, più fitte) verso l’esterno. La consistenza è piuttosto friabile nelle forme meno stagionate, ma col tempo tende a divenire più cremosa, e il gusto sapido e con qualche accenno di piccantezza. Il disciplinare di produzione prevede che il Blue Stilton DOP, per chiamarsi tale, sia prodotto esclusivamente nell’area che comprende contee di Derbyshire, Leicestershire e Nottinghamshire. Curiosamente, il paese omonimo, Stilton, comune di circa 3000 abitanti situato nel Cambridgeshire, non ne fa parte e il formaggio qui prodotto dev’essere commercializzato con altra denominazione.  

    Queso de Cabrales: orgoglio dei monti asturiani

    Tipico della regione spagnola delle Asturie, dove si trova il comune da cui prende il nome, è il Queso de Cabrales. Formaggio a denominazione d’origine dal 1981, è tutelato da un disciplinare di produzione, che ne definisce sia le tecniche di lavorazione, sia la provenienza del latte. Latte che deve provenire solo da allevamenti locali e che, in genere, è misto, ovvero vaccino, ovino e caprino, in proporzioni variabili a seconda del produttore. Questa è la caratteristica principale del Queso de Cabrales: la presenza dei tre latti, lavorati a crudo, si ritrova poi anche nell’aspetto, nell’odore e nel gusto. Il prodotto finito si presenta, infatti, con una crosta sottile e untuosa e una pasta interna friabile, di colore paglierino, tendente al giallognolo là dove è maggiore la percentuale di latte di vacca, con un’erborinatura fitta e ben distribuita su tutta la fetta. L’odore è intenso e penetrante, così come il gusto, completato dalla nota aromatica conferita dallo sviluppo delle muffe e dal sentore selvatico del latte ovino e caprino.

    Danablu: il “blu” di Danimarca 

    Danablu formaggio

    barmalini/shutterstock.com

    Dalle latitudini scandinave arriva, invece, il Danablu, specialità danese che si avvale della denominazione IGP. Creato tra il 1920 e il 1927, si produce a partire da latte vaccino trattato termicamente, prima di essere addizionato con fermenti lattici e spore di penicillium. La stagionatura è breve e porta a prodotto dalla pasta interna di un bianco perlaceo e un aspetto burroso, con le caratteristiche occhiellature bluastre dovute all’erborinatura. Non particolarmente odoroso, al palato rivela un gusto delicato, con una spiccata sapidità.

    Rogue River Blue: dagli USA il formaggio campione del mondo 2019

    Non possiamo concludere questo viaggio nel favoloso mondo dei formaggi erborinati senza citare il Rogue River Blue, formaggio biologico prodotto dal caseificio statunitense Rogue Creamery (nello stato dell’Oregon), che è stato eletto migliore al mondo nel corso dell’ultima edizione dei World Cheese Awards. La prestigiosa manifestazione internazionale, tenutasi nell’ottobre 2019 a Bergamo, ha visto partecipare oltre 3800 formaggi da tutto il globo, con una nutrita rappresentanza di prodotti nostrani. A spuntarla, però, è stato proprio il Rogue River Blue, che ha conquistato il palato dei giudici grazie alla lunga stagionatura (dai 9 agli 11 mesi) in grotte naturali e all’affinatura, con le forme che vengono avvolte in foglie di vite Syrah imbevute di pera e brandy.

     

    La nostra esplorazione del favoloso mondo dei formaggi erborinati si conclude qui. Quali sono i vostri preferiti? E quali, invece, sareste curiosi di provare?

    Nato a Milano, vive da sempre a Locate di Triulzi, nella provincia sud del capoluogo lombardo. Oltre a collaborare con alcune testate giornalistiche locali è food blogger per storiedifood.com, dove racconta soprattutto di specialità e piccole realtà artigianali. Il suo piatto preferito è la piadina romagnola perché, nella sua semplicità, sa appagare come poche altre cose.

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