Micoproteine: un nuovo settore promettente per le fonti proteiche alternative alla carne

Matteo Garuti
3 minuti

     

    Le micoproteine (dal greco mìkes, fungo) rappresentano un’importante opportunità per il settore dei prodotti alimentari di origine vegetale, una fonte proteica versatile e dall’alto profilo nutrizionale. Da alcuni anni, le ricerche sulla fermentazione fungina sono progredite notevolmente, espandendo un settore che sta offrendo all’industria applicazioni innovative e impensabili fino a poco tempo fa. Ma quali sono le caratteristiche di questa risorsa e perché potrebbe rivoluzionare il mondo delle alternative alla carne? Considerando ricerche e progetti già avviati, cercheremo di saperne di più.

    Micoproteine: dalla fermentazione dei funghi un’opportunità per produrre proteine alternative

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    La fermentazione fungina è ormai riconosciuta come una delle risorse più efficaci e facilmente utilizzabili per il settore delle proteine vegetali. Oltre al consolidato comparto del plant-based e alle proteine da coltura cellulare, infatti, questa tecnica sembra avere maggiori possibilità di successo su larga scala, tanto che in poco tempo potrebbe primeggiare in questo spazio di mercato. Il percorso di sviluppo e vendita delle alternative vegetali alla carne, peraltro, finora è stato altalenante, a causa della reputazione non sempre lusinghiera di questi prodotti e soprattutto dei prezzi elevati. Tuttavia, le micoproteine continuano a guadagnare consenso, grazie alla struttura riconducibile a quella della carne, al sapore neutro e malleabile per svariate ricette, alla qualità nutrizionale elevata e alla produzione a basso impatto ecologico. Secondo molti osservatori, infatti, rappresenteranno la vera novità dei prossimi anni, specialmente nel mercato europeo.

    Come evidenziano le ricerche del Good Food Institute (rete internazionale no profit di organizzazioni che promuovono le proteine ​​alternative in ottica di sostenibilità, salute e sicurezza alimentare) gli investimenti nel campo delle tecnologie per la fermentazione a partire dal 2019 hanno fatto registrare una vera e propria impennata e dal 2021 hanno superato la soglia del miliardo di euro, a riprova delle potenzialità che gli esperti già avevano ipotizzato. 

    Anche se l’applicazione nella produzione di proteine è piuttosto recente, l’impiego di processi fermentativi in ambito alimentare ha una lunga storia, in primis attraverso l’utilizzo di batteri, ma anche miceli e microalghe. Il pane, come la birra e molti altri alimenti di antica origine esistono proprio grazie a metodi che sfruttano la fermentazione Quotidianamente consumiamo prodotti realizzati grazie a questo processo, spesso senza saperlo. Negli ultimi decenni, però, l’evoluzione tecnologica ha permesso di affinare le tecniche per ottenere agenti e ingredienti funzionali per la lavorazione degli alimenti, come gli enzimi. Ad esempio, la chimosina derivata dalla fermentazione ha in gran parte sostituito il caglio, precedentemente ricavato dallo stomaco dei vitelli, come coagulante principale nella produzione dei formaggi. Nella sua applicazione più recente, la fermentazione consente di produrre alternative alle fonti proteiche di origine animale, con un impatto ambientale nettamente inferiore.

    Come funziona la fermentazione e quali sono le caratteristiche delle micoproteine?

    Il procedimento prevede che i funghi vengano coltivati e fatti fermentare all’interno di bioreattori, dai quali si ottiene una biomassa che viene sottoposta a filtrazione e successivamente a trattamento termico. Sul piano tecnologico, le micoproteine vengono prodotte replicando in ambiente controllato ciò che avviene in natura, ovvero la proliferazione dei ceppi fungini dai quali si ottiene il mycelium, l’apparato vegetativo dei funghi.

    Questo processo permette di ottenere una materia finale dalla consistenza pastosa e modellabile, ideale per la produzione di preparati simili alla carne. Dal punto di vista nutrizionale, oltre ad essere un’ottima fonte di proteine, il ricavato contiene anche una buona dose di fibre (beta-glucani e chitina), mentre il contenuto di grassi corrisponde a una percentuale tra il 2 e il 3,5%, con una prevalenza di polinsaturi, ed è presente anche una piccola quantità di vitamine del gruppo B.

    Oltre che per il loro apporto di nutrienti, in ottica industriale le micoproteine hanno alcuni notevoli pregi che ne stanno decretando il successo: sul piano sensoriale sono pressoché neutre, e quindi estremamente versatili, aspetto che consente di inserirle in un gran numero di possibili preparazioni e abbinarle alle più svariate caratteristiche aromatiche. A questo si aggiunge l’alta scalabilità in fase di produzione industriale, con evidenti vantaggi economici, e il facile inserimento nell’ingredientistica.

    Se si considera l’impatto ambientale, la produzione delle micoproteine è molto più sostenibile se confrontata con quella degli alimenti di origine animale. Il consumo idrico è 10 volte inferiore a quello necessario alla produzione di carne di manzo e 2,5 volte a quello della carne di pollo. L’utilizzo di suolo fertile, inoltre, è 10 volte inferiore rispetto a quello impiegato per la produzione di carne bovina e il processo produttivo consente un guadagno netto positivo di contenuto proteico nel prodotto finale.

    Le micoproteine domineranno il settore delle proteine alternative?

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    I vantaggi appena citati hanno stimolato grandi investimenti in questo settore, lasciando prevedere che il micelio entro pochi anni diventerà la risorsa principale tra le proteine di origine vegetale. Considerando le svariate applicazioni, infatti, la fermentazione fungina può offrire un contributo sostanziale all’industria delle proteine alternative. Se il processo fermentativo della biomassa può creare proteine nutrienti e sostenibili in modo efficiente ed economico, la fermentazione di precisione apre anche altre strade per produrre ulteriori prodotti nutrienti o funzionali per diversi scopi. A livello industriale, il micelio si sfrutta anche in altri ambiti, ad esempio in edilizia per creare materiali isolanti.

    Tornando alla produzione alimentare, le proteine da fermentazione fungina si utilizzano nel settore dei sostitutivi della carne a partire da quasi quarant’anni, ma più recentemente sono stati studiati e realizzati prodotti innovativi e più versatili, in grado di influenzare notevolmente l’industria alimentare, e non solo per questo specifico settore. Tra questi, dolcificanti, bloccanti dell’amaro o esaltatori di sapidità, grassi e coloranti alimentari, realizzati da aziende che si stanno specializzando in diversi settori con prodotti brevettati. Questa eccezionale ampiezza di applicazione contribuisce ad attirare l’attenzione dell’industria alimentare.

    Il progetto europeo Smart Protein per le proteine del futuro 

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    Al di là alle numerose iniziative di aziende private, che stanno sviluppando e brevettando prodotti di varia tipologia basati sulla fermentazione fungina, possiamo citare Smart Protein, un’iniziativa finanziata e coordinata dall’Unione europea per sviluppare una filiera delle proteine alternative ricavate grazie a questa tecnologia. Il principio di riferimento, come affermato anche nella strategia europea Farm to Fork, è garantire l’accesso a un’alimentazione sana per il maggior numero di persone, attraverso sistemi alimentari sostenibili. Il progetto, lanciato nel 2020, mira a costituire filiere produttive di fonti proteiche con un impatto positivo su bioeconomia, ambiente, biodiversità, sicurezza alimentare e nutrizionale e fiducia dei consumatori. Nelle sperimentazioni sono stati testati prodotti proteici innovativi, convenienti ed efficienti nell’impiego di risorse vegetali quali derivati da fave, lenticchie, ceci e quinoa, ma anche proteine da biomasse microbiche derivate da funghi commestibili mediante il riciclo dei sottoprodotti delle lavorazioni della pasta, del pane e della birra. Tra i 32 partner, si contano consolidate aziende italiane e internazionali, ma anche start-up di recente fondazione.

    Tra gli obiettivi del progetto, ci sono:

    • l’identificazione delle caratteristiche delle proteine generate, per determinare le applicazioni alimentari più idonee per ciascuna di esse, tra cui qualità nutrizionale, valore biologico, proprietà sensoriali e tecno-funzionali, struttura proteica e interazione con altre proteine;
    • gli aspetti normativi da soddisfare rispetto a sicurezza alimentare, allergenicità e sostenibilità degli ingredienti alternativi e dei prodotti alimentari sviluppati, lungo tutta la filiera;
    • la valutazione delle potenzialità commerciali di queste nuove fonti proteiche per aiutare a stimolare la transizione e favorirne l’adozione tra i consumatori;
    • l’analisi del gradimento e della fiducia dei consumatori nei diversi mercati nei confronti dei prodotti innovativi a base vegetale;
    • lo sviluppo, la specializzazione e l’interazione tra i partecipanti al progetto nell’applicazione industriale delle proteine.

    Come abbiamo visto, le micoproteine offrono tante possibilità per creare prodotti innovativi, dei quali sarà interessante seguire gli sviluppi e verificare il successo commerciale. Le applicazioni delle potenzialità del micelio, peraltro, superano i confini del settore alimentare e potranno riservare altre novità.


    Immagine in evidenza di: Elena Veselova/shutterstock.com

     

    Matteo è nato a Bologna e vive a San Giorgio di Piano (Bo), è giornalista, sommelier e assaggiatore di olio d'oliva, ha collaborato con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell'Università di Bologna. Per Il Giornale del Cibo si occupa di attualità, salute, cultura e politica alimentare. Apprezza i cibi e le bevande dai gusti autentici, decisi e di carattere. A tavola ama la tradizione ma gli piace anche sperimentare: per lui in cucina non può mancare la creatività, "perché è impossibile farne a meno!"

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