La rivoluzione dei “biopesticidi” per un futuro più sicuro e sostenibile

Alessia Rossi
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    Torniamo a parlare di pesticidi, il cui consumo mondiale invece di diminuire sarebbe in aumento, contrariamente a quanto promesso in questi anni. Sono almeno 4 i milioni di tonnellate di pesticidi usati ogni anno, tra erbicidi, insetticidi e fungicidi, come illustra l’Atlante dei pesticidi 2023, redatto dalla Fondazione Heinrich Böll insieme ad altre organizzazioni ambientali. E da tempo, numerosi studi evidenziano gli effetti negativi dell’uso di queste sostanze sulla salute umana, sulla sicurezza alimentare e sull’ambiente

    Per questo, una delle grandi sfide per il prossimo futuro sarà quella di implementare lo studio di soluzioni alternative organiche per proteggere le colture, così da ridurre significativamente l’uso di prodotti chimici. In quest’ottica, un contributo lo sta dando l’italiana CiaoTech PNO all’interno del progetto BIOBESTicide, inserito nel programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell’Unione europea. Come? Puntando alla realizzazione di un bio-pesticida “altamente innovativo” a partire dalla valorizzazione di sottoprodotti di scarto per contrastare le gravi malattie che colpiscono i vigneti.

    Approfondiamo l’argomento!

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    Pesticidi: un pericolo per salute e ambiente

    Secondo un’indagine Ipsos commissionata dalla rete europea Pesticide Action Network, il 75,9% dei cittadini europei intervistati è in pensiero per gli effetti sulla salute dell’uso dei pesticidi in agricoltura se impiegato in dosi massicce. In un precedente approfondimento, abbiamo visto come studi scientifici abbiamo dimostrato che una dieta a base di prodotti biologici aiuterebbe ad abbattere la concentrazione dei pesticidi nell’organismo. Ma non solo, a preoccupare consumatori e consumatrici è anche l’impatto che questi hanno sull’ambiente: in un altro report, sempre della rete europea, si evidenzia chiaramente come non solo i pesticidi minacciano la sicurezza alimentare, ma concorrono direttamente e indirettamente ai cambiamenti climatici.

    Perché? Si tratta di prodotti chimici di sintesi, derivanti dai combustibili fossili, e anche il loro imballaggio, trasporto, applicazione e smaltimento producono emissioni di gas serra, contribuendo al degrado del suolo e minacciando la biodiversità. Inoltre, l’aumento dell’uso dei pesticidi in agricoltura, insieme a quello delle temperature, hanno permesso alle popolazioni di parassiti di crescere e diffondersi a scapito degli insetti utili, diminuendo allo stesso tempo la naturale resilienza delle colture ai cambiamenti climatici. In questo modo, i produttori agricoli sono costretti a impiegare ancora più pesticidi, creando così un pericoloso circolo vizioso. Ma non solo: l’uso di queste sostanze contribuisce all’inquinamento da microplastiche: i loro principi attivi sono spesso incapsulati in rivestimenti di tale materiale, per rallentarne il rilascio. 

    Alla ricerca di soluzioni alternative: la sfida dei biopesticidi

    Con “bio-pesticida” si intendono tutti gli organismi viventi, o prodotti naturali derivati da tali organismi, in grado di contenere patogeni vegetali. A differenza dei loro “cugini” di sintesi, questo tipo di sostanze non mostra tossicità per l’uomo e l’ambiente, e non rilascia nemmeno residui pericolosi. 

    Per far fronte alle esigenze del settore agricolo e ai problemi legati all’uso dei pesticidi, Università, Istituti, startup e aziende si stanno orientando verso l’indagine di soluzioni sempre più innovative, tra cui rientrano proprio i bio-pesticidi. Proprio all’interno di questo contesto nasce il progetto BIOBESTicide, finanziato dall’UE, che sta sviluppando un bio-pesticida efficace ed economicamente vantaggioso. L’obiettivo? Combattere alcune tra le malattie più distruttive per la viticoltura: stiamo parlando delle Malattie tronco della vite (GTD, in inglese Grapevine Trunk Diseases) che attualmente colpiscono vigneti in tutto il mondo e riducendo la durata di vita dei vigneti. Un problema importante, che arreca gravi danni a uno dei settori fondamentali per l’economia europea, soprattutto italiana. 

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    Valorizzare le biomasse agricole sostenibili 

    Il punto di partenza di questa sperimentazione è la valorizzazione di biomasse agricole di scarto, come polpa di barbabietola e la melassa derivante dalla raffinazione dello zucchero, che favoriscono la crescita di un particolare ceppo fungino, il Pythium oligandrum (ceppo I-5180). Questo micete, applicato al momento e alla concentrazione ottimali, colonizza le radici della vite e stimola le difese naturali della pianta contro le GTD, fornendo una protezione che varia tra il 40% e il 60%. 

    Il progetto BIOBESTicide validerà l’efficacia del prodotto formulato su vigneti di diverse aree geografiche, garantendo contemporaneamente la sicurezza dei prodotti, sia dal punto di vista sanitario che ambientale, nel rispetto delle attuali normative europee. Diversi lotti di produzione sono stati utilizzati per prove sul campo e in pianta in condizioni controllate, e BioBESTicide sta potenziando la propria tecnologia proprietaria per portare il progetto dalla scala di laboratorio fino a un impianto DEMO con una capacità produttiva di 10 tonnellate all’anno per valutare la fattibilità industriale del progetto e creare una catena di produzione sostenibile.

    Non solo organico: la tecnologia al servizio della sostenibilità

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    La ricerca di soluzioni alternative trova un suo alleato non solo nel materiale organico per produrre bio-pesticidi, ma anche nella tecnologia. In particolare, attira l’attenzione del progetto di ricerca Ormesi condotto da ENEA, che prevede la progettazione di un piccolo robot a controllo remoto per trattare frutta e verdura con raggi ultravioletti. Questa procedura avrebbe il vantaggio di stimolare le difese di questi prodotti e rafforzarne la resistenza ai patogeni, riducendo di conseguenza del 50% la quantità di pesticidi impiegati.

    I primi test sono stati effettuati su basilico, limoni e mele: i ricercatori hanno dimostrato che “un’opportuna dose di luce ultravioletta UV-C determina una maggiore resistenza ai patogeni e alle malattie pre e post raccolta. In pratica, la luce ultravioletta crea uno stress positivo a cui la pianta reagisce con la produzione di particolari metaboliti, simili ai nostri anticorpi: un effetto noto come ‘ormesi’, da cui prende il nome il nostro progetto”, spiega Paolo Di Lazzaro, responsabile dello studio insieme a Daniele Murra, Sarah Bollanti, Antonia Lai e Loretta Bacchetta. Non solo: l’irraggiamento UV-C permetterebbe alle piante di aumentare la produzione di sostanze “buone” per l’organismo umano, come antociani e flavonoidi, incrementando quindi il valore nutraceutico del prodotto.

    Attualmente, il gruppo di lavoro sta considerando l’installazione di sensori ottici sul robot al fine di individuare in maniera precisa le aree delle piante che necessitano del trattamento. Questa iniziativa mira a sviluppare un sistema tecnologicamente avanzato, destinato alle imprese specializzate nella produzione di trattori e droni per l’applicazione di trattamenti fitosanitari.

    Che sia tramite tecnologia, o grazie all’impiego di bio-pesticidi innovativi, è ormai chiaro come sia fondamentale ridurre sempre di più l’impiego di prodotti fitosanitari in agricoltura, per il benessere sia dell’ambiente che dell’uomo.


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    È nata vicino a Bologna, ma dopo l'università si è trasferita a Torino per due anni, dove ha frequentato la Scuola Holden. Adesso è tornata a casa e lavora come ghost e web writer. Non ha molta pazienza in cucina, a parte per i dolci, che adora preparare insieme alla madre: ciambelle, plumcake e torte della nonna non hanno segreti per lei. Sta imparando a tirare la sfoglia come una vera azdora (o almeno, ci prova).

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