Cibi in via di estinzione

Cibi in via di estinzione: quali sono gli alimenti che potremmo non trovare più in tavola e perché?

Angela Caporale
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    Gli effetti del cambiamento climatico arrivano anche a tavola, e non sempre il consumatore ne è consapevole. Eppure sono numerosi gli studi che, negli ultimi anni, si sono occupati proprio di capire in che modo fenomeni come il riscaldamento globale vadano a modificare l’ecosistema agricolo, generando un impatto sulle colture. Una conseguenza in termini di resa, di quantità, ma – secondo alcuni studi – anche di qualità. Si ipotizza anche che alcuni cibi siano a tutti gli effetti “in via di estinzione”. È possibile, infatti, che in poche decine di anni non troveremo più sui banchi del supermercato cioccolato, caffè, avocado, miele e altri prodotti la cui filiera è fortemente condizionata dall’ambiente o, viceversa, provoca un consumo di risorse tale per cui non potrà essere sostenibile ancora a lungo. Scopriamo quali sono e perché potrebbero scomparire.

    La crisi climatica a tavola: 9 cibi in via di estinzione

    I danni del riscaldamento globale sulla filiera alimentare sono chiari da anni e, anche su Il Giornale del Cibo, abbiamo approfondito il rapporto tra cibo e cambiamenti climatici sottolineando come lo sviluppo sostenibile, la riduzione delle diseguaglianze e la lotta contro la povertà e la fame siano strettamente correlati. Lo evidenzia anche il Nobel per la Pace del 2020, assegnato al World Food Programme che, progressivamente, ha iniziato a occuparsi sempre di più di attività di sensibilizzazione del consumatore in tutte le aree del mondo.

    Ciò è oggi prioritario perché gli effetti della crisi si vedono già nei campi. Per esempio nella crisi della produzione dell’olio d’oliva oppure nel calo della raccolta dei pomodori, due prodotti che rappresentano alcune delle eccellenze del Made in Italy. Ci sono poi degli alimenti che, più di altri e più velocemente, vedono la produzione calare mettendo in dubbio la possibilità di rispondere effettivamente alla domanda dei consumatori. Il tema è fortemente dibattuto, tant’è che anche il World Economic Forum, insieme con il WPF, ha realizzato una mappa interattiva dei cibi a rischio in tutti i continenti. La situazione è in constante aggiornamento, ma vediamo ora, grazie al supporto di alcuni studi scientifici, quali sono e perché si tratta di alimenti considerati appunto in via di estinzione.

    Cioccolato

    Cioccolato

    beats1/shutterstock.com

    Il caso più classico e più noto è quello del cioccolato. Attualmente i principali produttori di cacao al mondo sono Ghana e Costa d’Avorio dove, però, il clima sta mutando e diventando sempre meno ospitale per le piante di cacao. Hanno, infatti, bisogno di un elevato livello di umidità e, secondo uno studio dellInternational Center for Tropical Agriculture pubblicato nel 2018, il riscaldamento globale farà sì che già entro il 2030 la produzione non sarà in grado di coprire l’attuale quantità di consumo. Il cioccolato, rassicurano gli scienziati, non sparirà, ma diventerà progressivamente un bene più caro e raro. A meno che non si trovino altri luoghi, più ospitali, dove spostare la produzione.

    Caffè

    Caffè

    Ilja Generalov/shutterstock.com

    Anche il caffè è considerato un alimento “a rischio”. Come accade per il cacao, la maggior parte della produzione è concentrata in Brasile, Vietnam, Colombia e Indonesia. In questo caso, il problema è rappresentato dall’aumento delle temperature in questi Paesi e da un cambiamento nella frequenza e nella quantità delle piogge. Una condizione che può causare anche una maggiore esposizione delle piante a malattie e parassiti.

    Avocado

    avocado

    Krasula/shutterstock.com

    Il caso dell’avocado è particolarmente interessante perché lo sostenibilità della produzione, come abbiamo visto in un articolo dedicato, è condizionata sia dalle scelte di consumo poco consapevoli negli Stati Uniti e in Europa, sia dall’eccessivo impiego di risorse che richiede la sua coltivazione. La produzione di questo frutto, concentrata soprattutto in America Latina, comporta un consumo idrico molto importante. Secondo quanto calcolato dall’Università di Twente nei Paesi Bassi che ha studiato l’impronta idrica della produzione dei cibi, 500 grammi di frutta richiederebbero 272 litri d’acqua. Di fatto, dunque, si va a consumare eccessivamente una risorsa che sarà, progressivamente, sempre più scarsa in ampie aree del pianeta proprio a causa del riscaldamento globale.

    Il lato “umano” della crisi dell’avocado riguarda, invece, l’aumento della domanda di questo frutto in tutto il mondo dove è diventato di “moda”. Maggior richiesta ha comportato un maggiore stress sulle realtà produttive che, in alcuni casi, ha causato condizioni di grave difficoltà per le comunità delle zone di produzione. Proprio per questo, sono nate aziende che coltivano questo frutto in maniera sostenibile anche in Italia, per poter garantire l’approvvigionamento di supermercati, bar e ristoranti con un minor impatto ambientale.

    Miele

    miele italiano

    Jag_cz/shutterstock.com

    Anche per il miele si prospetta un futuro cupo, conseguenza di fenomeni denunciati da tempo. Pensiamo, per esempio, alla crisi delle api per cui questi preziosi insetti impollinatori sono progressivamente scomparsi dalle campagne a causa dell’utilizzo di pesticidi e altre sostanze velenose. In maniera minore, influiscono sulla salute delle api anche i cambiamenti climatici: situazioni di siccità, alluvioni e altre calamità ne mettono, in alcuni casi, a repentaglio la sopravvivenza, ma – ribadiscono gli esperti – l’uso di pesticidi resta il principale problema in Europa. Per l’Italia il trend produttivo è negativo da anni, come sottolinea anche l’Osservatorio Nazionale Miele che conferma come, in alcune aree, il calo rispetto all’anno precedente è pari addirittura al 70/80%. 

    Uva e vino

    Uva settembre

    SMarina/shutterstock.com

    Sebbene non propriamente a rischio estinzione, anche il mondo della viticoltura è fortemente condizionato dai cambiamenti climatici. Secondo uno studio realizzato dall’Institut National de la Recherche Agronomique (Inra) pubblicato nel 2020, il 56% delle aziende vitivinicole nel mondo potrebbero scomparire se, entro il 2050, ci sarà un aumento della temperatura di 2°C. Percentuale destinata a crescere ancora fino all’85% se, nei cinquant’anni successivi, il trend restasse invariato.

    Non significa direttamente che non verranno più prodotte uva e vino, ma che gli spazi dove vengono coltivate le viti ora non saranno più ospitali e assisteremo a una migrazione delle aziende e dei vigneti verso altre aree – Stati Uniti e Nuova Zelanda, per esempio – o su territori in altitudine. Ciò può rappresentare una minaccia per alcune eccellenze italiane, come il Prosecco DOP, che sono molto amate nel mondo e strettamente legate al loro territorio di produzione.

    Banane

    Banane

    vincentchuls/shutterstock.com

    Secondo i dati della FAO, tra il 2000 e il 2017 la produzione di banane su scala mondiale è passata da 67 milioni  a 114 milioni di tonnellate, proprio come conseguenza del riscaldamento globale. Una crescita positiva solo all’apparenza perché uno studio pubblicato sulla rivista Nature Climate Change ha evidenziato come il progressivo aumento delle temperature da qui al 2050 potrebbe invertire il trend. I ricercatori sottolineano che un ulteriore crescita della temperatura porterebbe a un calo della resa fino a un valore compreso tra 0,59 e 0,19 tonnellate a ettaro.

    Arachidi (e burro di arachidi)

    Burro di arachidi

    inewsfoto/shutterstock.com

    Le piantagioni di arachidi richiedono una quantità costante e mediana di pioggia per poter sopravvivere, circa 20-40 pollici d’acqua. Per questo sia condizioni di prolungata siccità sia improvvise inondazioni compromettono fortemente la resa dei campi, soprattutto in America Latina. Una situazione che potrebbe portare a una riduzione della produzione su scala globale, ma anche – come accade anche per altre colture – a una migrazione. Non è un caso che proprio quest’anno sia stato promosso dalla Coldiretti l’avvio di una nuova filiera di arachidi 100% made in Italy dove il clima, per ora, sembra congeniale alla produzione.

    Cereali

    Cereali

    Alf Ribeiro/shutterstock.com

    Fortemente condizionata dal riscaldamento globale è tutta la categoria dei cereali. Un importante rapporto dell’International Panel on Climate Change, aggiunge che i raccolti di grano, riso, mais e soia su scala globale potrebbero calare di una percentuale tra il 3 e il 16% entro il 2050. Con un impatto particolarmente significativo su determinate aree geografiche come il Sud Est Asiatico dove, oltre all’aumento delle temperature, si assiste a frequenti inondazioni e a un innalzamento del livello del mare che peggiorano la situazione.

    Sciroppo d’acero

    Sciroppo acero

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    Infine anche lo sciroppo d’acero può essere considerando un cibo a rischio di estinzione, perché la sua produzione, concentrata soprattutto in Canada, è fortemente legata alla temperatura dell’ambiente. La linfa dell’albero viene “spinta” fuori dalla corteccia proprio in virtù della pressione generata dal cambiamento di temperatura tra giorno e notte. Il riscaldamento globale condiziona direttamente questo parametro, rischiando di compromettere per sempre la produzione di questo condimento popolare per i pancake e non soltanto.

     

    Come anticipato, in molti casi si tratta di colture fortemente condizionate dal cambiamento climatico e che, progressivamente, non saranno più in grado di rispondere alla domanda dei consumatori. L’appello silenzioso dei produttori è, ancora una volta, quello a un consumo consapevole, che sappia scegliere cibi prodotti in maniera sostenibile e una concreta riduzione degli sprechi. Che sia questa la strada per assicurarci la possibilità di mangiare una barretta di cioccolato in serenità anche in futuro?

    Passaporto friulano e cuore bolognese, Angela vive a Udine dove lavora come giornalista freelance. Per Il Giornale del Cibo scrive di attualità, sociale e food innovation. Il suo piatto preferito sono i tortelloni burro, salvia e una sana spolverata di parmigiano: comfort food per eccellenza, ha imparato a fare la sfoglia per poterli mangiare e condividere ogni volta che ne sente il bisogno.

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