produzione olio di oliva

Crisi dell’olio di oliva: cosa ci aspetta nei prossimi anni?

Matteo Garuti

Negli ultimi anni si è parlato molto della crisi nella produzione dell’olio di oliva, specialmente in Italia. I cambiamenti climatici, le malattie e i parassiti hanno intaccato una delle filiere alimentari più tipiche del nostro Paese, favorendo l’aumento dei prezzi. La percezione dei consumatori su questo settore, peraltro, scontava già il danno d’immagine causato dalle frodi e dalle contraffazione, con un peso economico rilevante. Dopo aver valutato i criteri per riconoscere l’olio extravergine d’oliva di qualità, questa volta abbiamo interpellato Tullia Gallina Toschi, professoressa ordinaria del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari dell’Università di Bologna e coordinatrice del progetto Oleum, che mira a proteggere l’autenticità e la qualità dell’olio d’oliva.

Produzione olio di oliva: i motivi della crisi

Le avversità che da alcuni anni la produzione dell’olio d’oliva sta affrontando hanno avuto un impatto rilevante, riducendo i volumi entrati sul mercato. Come ha ricordato la professoressa Gallina Toschi, a pesare sono state le cause climatiche, i patogeni e i parassiti, problemi non di rado collegati fra loro.

Le malattie

xylella olivo

In Italia si è parlato molto della Xylella fastidiosa, un batterio che vive e si riproduce all’interno dell’apparato linfatico delle piante, in grado di provocare il disseccamento rapido dell’ulivo. Nel Salento la diffusione di questo patogeno ha portato all’abbattimento di numerose piante, stimolando dibattiti e proteste da parte di chi avversava un provvedimento così drastico. La professoressa Gallina Toschi, però, ha confermato che questo patogeno ha mietuto vittime e ridotto la produzione di olio d’oliva in un’area circoscritta, e il problema persiste dove le piante erano produttive o secolari, e la piena ripresa della produttività richiederà anni. Per calcolare precisamente i danni, ad ogni modo, occorrono analisi agronomiche dettagliate sul territorio. Fra le malattie, è da ricordare anche la lebbra olearia, che invece ha colpito più diffusamente, comprese le zone produttive del Centro-Nord.

Caldo eccessivo, parassiti e siccità

Ad avere un impatto più grave sulla produzione nazionale di olio d’oliva, tuttavia, sono state le temperature e i livelli di umidità sopra la media, che, quando si sono manifestate, hanno favorito la proliferazione della mosca dell’ulivo (Bactrocera oleae). L’intervistata ha ricordato che nel 2015 – e soprattutto nel 2016 – le infestazioni da mosca hanno causato molti danni, su scala assai estesa. Il 2016, ad esempio, è stato un anno particolarmente negativo per la produzione di olio d’oliva, durante il quale hanno giocato vari fattori avversi. La siccità di quest’anno, invece, pur non determinando un incremento di produzione, ha ostacolato la diffusione del temuto insetto.

In generale, l’impatto del riscaldamento globale è rilevante, ma non necessariamente negativo nella fattispecie della coltura dell’olivo. Nelle aree nelle quali si osserva un raffreddamento meno deciso durante l’inverno, le piante soffrono di meno. Nel caso delle varietà più resistenti al freddo coltivate nell’Italia settentrionale, un leggero innalzamento delle temperature potrebbe non danneggiare la produzione dell’olio d’oliva, mentre una situazione ben più critica potrebbe invece verificarsi nelle zone calde.

La produzione dell’olio d’oliva in Italia

olio di oliva

La somma di più fattori tra quelli appena descritti hanno portato a una contrazione dei volumi prodotti, in ragione della quale l’Italia è scivolata dal secondo al terzo posto nella classifica dei Paesi produttori, dopo la Spagna e la Grecia.

Ad ogni modo, va considerata la specificità non intensiva o super intensiva delle colture nazionali, costituite da numerosi impianti, ulivi secolari e moltissime cultivar. Le difficoltà, invece, riguardano le quantità ottenute e i costi della produzione.

Le stime per la campagna 2017

Rispetto agli ultimi due anni, tuttavia, secondo le stime pubblicate la campagna in corso potrebbe far registrare un incremento, fortemente condizionato dalla raccolta anticipata dovuta al clima particolarmente caldo e secco. “Nei frantoi che finora ho visitato si notava l’impatto molto inferiore dei parassiti e dei patogeni, anche a causa della siccità”, ha aggiunto la professoressa Gallina Toschi. In sostanza, anche se un calcolo preciso in merito alla produzione dell’olio d’oliva potrà essere fatto a stagione conclusa, alla fine dell’anno, si è tendenzialmente ottimisti, e in generale la qualità media potrebbe essere alta.

Il nostro olio sul mercato mondiale

Se sul piano dei volumi di produzione di olio d’oliva l’Italia non raggiunge il vertice, è però vero che parlando di qualità il discorso cambia. L’intervistata ha sottolineato che nessun altro Paese può vantare il patrimonio di biodiversità, cultura e certificazioni presente in Italia. Per approfondire, possiamo consigliare un nostro articolo sulle varietà di olio extravergine italiano. Quello di Brisighella, ad esempio, è stato la prima DOP in Italia, mentre la lista di disciplinari – produzioni riconosciute come originali e già registrate – è lunga come da nessun’altra parte al mondo.

Questo aspetto di pregio, però, incide sui problemi di autenticità del nostro olio, che essendo fra i più richiesti sul mercato è particolarmente soggetto ai rischi di contraffazione, come vedremo fra poco.

Produzione e consumo di olio d’oliva nel mondo

Italia, Spagna e Grecia sono tra i Paesi più significativi per la produzione mondiale, ma anche il Nord Africa sta crescendo, soprattutto con i buoni risultati della Tunisia e del Marocco. Fuori dall’area mediterranea, invece, si trovano coltivazioni anche in Sud Africa, California e Sud America, in zone che hanno caratteristiche climatiche simili, indipendentemente dall’emisfero di collocazione. Come precisa l’intervistata, le colture dell’altro emisfero, come nel caso dell’Argentina, o in condizioni pedoclimatiche molto diverse, possono dar luogo a lievi differenze di composizione dell’olio, perché la pianta dell’ulivo può adattarsi in modo diverso. La qualità dipende da molti fattori, ma nell’oliva modificando i processi biosintetici possono riscontrarsi composizioni anomale rispetto a quelle delle nostre latitudini. In generale, l’olio si produce e consuma soprattutto nell’Europa meridionale, ma la richiesta da altre aree sta aumentando, in parallelo con la diffusione della dieta mediterranea.

Contraffazioni e illegalità

olio contraffatto

Come si accennava, il mercato dell’olio d’oliva è fra i più colpiti dai casi di frodi e illegalità. Partendo dalla classificazione dei prodotti, la professoressa Gallina Toschi ce ne ha parlato.

Vergine ed Extravergine

Il primo aspetto da considerare riguarda il riconoscimento dell’olio all’interno delle categorie commerciali. Va detto che nell’ambito degli oli vergini, il mercato, destinato al consumatore finale, quello al dettaglio, di fatto assorbe quasi unicamente l’extravergine. Come sappiamo, in vendita in genere non si trova l’olio vergine, che trova una sua collocazione solo in parte nella ristorazione. Questa qualità di olio, pur non essendo perfetta sensorialmente e pur presentando, ad esempio, valori di acidità più alti dell’extravergine, è indicata per la cottura e per tanti altri usi, per i quali, estratto comunque soltanto utilizzando mezzi fisici e meccanici, non è sufficientemente utilizzato e conosciuto.

Questa è una delle origini del problema delle contraffazioni, che si innestano in questo assetto del mercato, pressoché monopolizzato dall’extravergine, e nel quale viene sostanzialmente negata una qualità intermedia. In un certo senso, “sarebbe come se chi beve vino volesse bere solo lo champagne” ha affermato la professoressa Gallina Toschi, ma senza una sufficiente remunerazione della tecnologia e della qualità. C’è una forte domanda di extravergine, spesso non accompagnata da una corretta aspettativa di prezzo. Ci sono degli oli extravergini sottostimati, rispetto a quello che è il valore reale del prodotto.

L’extravergine dovrebbe essere realmente superiore, ma essendo il prodotto più noto e richiesto e non essendo sufficientemente remunerato, talora in commercio si trovano oli con un livello di qualità al limite della legge che risulterebbero più consoni alla categoria dei vergini.

Sono 27 i parametri di qualità che vengono valutati, e in particolare l’acidità negli extravergini dev’essere inferiore allo 0,8 per cento, mentre le caratteristiche sensoriali di percezione del fruttato devono essere superiori a zero e i difetti uguali a zero.

Pratiche illecite e prove sensoriali

Sono sorte negli anni delle diatribe sul controllo organolettico del prodotto, che possono essere risolte allontanandosi dal limite legale e quindi innalzando la qualità dell’extra vergine, sostenendo la qualità del vergine, che è un prodotto genuino, e introducendo, come supporti all’analisi sensoriale, degli standard di riferimento riproducibili anno per anno. Le contraffazioni possono riguardare la non corretta attribuzione della categoria, o possono interessare anche l’applicazione di processi tecnologici come la deodorazione, che non è autorizzata, in quanto fase del processo di raffinazione. Gli oli vergine ed extravergine, invece, devono essere ottenuti solo con processi fisico-meccanici destinati all’estrazione e non alla correzione del prodotto.

ll progetto Oleum, coordinato dalla professoressa Gallina Toschi, punta a individuare dei marcatori per riconoscere questa e altre pratiche non autorizzate.

Le miscele illegali

A questo quadro, si aggiunge l’aspetto di identificazione delle eventuali miscele illegali, ovvero ottenute con oli diversi e di valore inferiore rispetto a quello d’oliva, come i casi di taglio con olio di nocciola verificatisi soprattutto in passato. Anche per queste circostanze, Oleum riconosce dei marcatori, come ad esempio la frazione sterolica e specifici componenti minori o volatili. Esistono anche tecniche di tipo genetico, ma va considerato che nell’olio la presenza significativa di DNA è molto minore di quanto accade, ad esempio, nelle carni, nelle quali invece c’è un substrato biologico che si presta all’estrazione ed alla amplificazione. Pertanto, le tecniche genetiche non rientrano, ad oggi, nei controlli di routine, non avendo ancora la robustezza, il costo e la semplicità necessaria per un controllo da applicarsi nel quotidiano.

Ci sono rischi per la salute?

Quando la storia del prodotto è documentata e reale non ci sono problemi, perché significa che l’olio – anche se poco al di sopra dei limiti legali – rientra nei parametri considerati per legge. Quando ci sono falsificazioni – fosse solo una deodorazione o una dichiarazione non vera della categoria – anche se i rischi per la salute non ci sono, si tratta pur sempre di falsificazioni documentali. Non c’è tossicità o pericolo reale, ma il problema risiede nella dichiarazione falsa, nell’interruzione della tracciabilità del prodotto.

Quanto sono diffuse le frodi?

Il peso e la diffusione delle frodi dipende da moltissimi aspetti, anche se il mercato dell’olio risulta particolarmente bersagliato. Nel febbraio scorso avevamo riportato un episodio di importazione e di contraffazione di olio turco. Tuttavia, non dobbiamo pensare che i controlli non ci siano, il problema è conosciuto proprio perché il settore è monitorato. Parlando di comunicazione, sembra che tutte le frodi avvengano intorno alla produzione dell’olio d’oliva, che pur essendo un ambito molto sentito e chiacchierato, non è l’unico a essere minacciato da questi casi.

La qualità dell’olio del supermercato

olio supermercato

La produzione dell’olio d’oliva annovera qualità di punta, come nel caso delle DOP, di alcuni monovarietali o di alcuni certificati biologici o selezioni conto terzi o, ancora, prodotti di marca, che sostengono la reputazione e l’interesse dei consumatori e della filiera. Il problema può verificarsi in presenza di prezzi troppo bassi, talora al di sotto dei 4 Euro al litro, e quando la commercializzazione riguarda aziende alle quali non si riesce nemmeno a risalire. Se si comprime molto il prezzo e si rende la produzione slegata da uno storico e da un’azienda affidabile, ci possono essere problemi di qualità al limite della legge.

Alla luce di questo, la professoressa ha sottolineato che, sia da consumatrice che da tecnica, non può accettare alcuna dichiarazione falsa o fuorviante in etichetta. Serve rigore su quanto dichiarato ed è importante che i consumatori siano attenti e informati.

D’altra parte è impossibile commercializzare solo olio italiano, a maggior ragione nelle annate sfavorevoli come alcune recenti, durante le quali si fatica a coprire il fabbisogno nazionale. Sappiamo che alcuni oli, provenienti ad esempio da grandi impianti superintensivi, costano molto meno, alla produzione, rispetto agli oli nazionali. Come ha affermato l’intervistata, “se ci sono aziende italiane che imbottigliano anche sfruttando il valore aggiunto del made in Italy, l’importante è che si dichiari la verità, ossia che si tratta, ad esempio, di un blend di oli comunitari. Può trattarsi di una qualità più standardizzata, ma sarà comunque un olio onestamente commercializzato e autentico. Invece, quando c’è una dichiarazione mendace, anche solo sulla provenienza, si mette a rischio il consumatore perché c’è una falsificazione documentale”.

Cosa comprare?

Considerando tutto questo, comunque, il livello dei prezzi continua a costituire un indicatore che dovrebbe farci insospettire in caso di tariffe troppo basse. Tuttavia, i casi andrebbero considerati singolarmente e, almeno per i condimenti a crudo, sarebbe bene conoscere e utilizzare un olio di qualità. Il prezzo – in questo caso – non può essere inferiore agli 8-10 Euro al litro.

Nell’industria alimentare l’uso dell’olio d’oliva cresce

Anche in seguito alle criticità emerse sull’olio di palma, l’impiego di oli e grassi alternativi a livello industriale è in aumento, come abbiamo visto anche nel nostro articolo sul burro vegetale, anche se come abbiamo visto la denominazione “burro” è utilizzabile solo per il prodotto ottenuto dalla crema di latte. Come detto, però, la percezione, spesso non corretta o amplificata, in merito all’autenticità e alla qualità dell’olio d’oliva mina la possibilità di sviluppo del settore. Ad ogni modo, sugli oli in generale – e lo stesso caso di quello di palma lo testimonia – ci sono inesattezze che determinano pregiudizi o errori nella percezione dei diversi prodotti e, complessivamente, un livello limitato di conoscenza, come ha ribadito l’intervistata. Comunque, data la qualità nutrizionale dell’olio d’oliva – data dalla quantità di acido oleico, dalle caratteristiche sensoriali e la presenza di componenti minori, per quanto attiene ai vergini – l’utilizzo è ampiamente promosso e tendenzialmente in aumento, soprattutto all’estero. In un nostro articolo, abbiamo approfondito anche le proprietà nutraceutiche di questo alimento.

Stime per il futuro ed evoluzione del settore

mercato olio

In conclusione, Tullia Gallina Toschi ha proposto alcune considerazioni sul settore dell’olio d’oliva italiano, che, pur accusando un certo ritardo sul piano comunicativo, è senz’altro in evoluzione. “Molto si sta muovendo nel settore, dovremo capire quali saranno le spinte politiche di supporto alle nuove produzioni, ma credo che ci siano le prerogative per andare verso un nuovo slancio”. L’Italia non è vocata a una produzione super intensiva, principalmente per la struttura del nostro territorio, anche se in alcune zone del Sud, come la Piana di Gioia Tauro o la Puglia, nei prossimi anni potrebbe verificarsi un incremento produttivo, ma dipenderà dalla volontà di innovazione e modernizzazione dei produttori locali, e dalla co-progettazione che può essere supportata da fondi comunitari e da collaborazioni con gli enti di ricerca. Anche nel resto del Paese e nel Nord si potrebbe assistere ad un nuovo impulso del settore, anche in relazione all’impegno di molti giovani.

In generale, secondo l’intervistata la produzione e la cultura dell’olio d’oliva in Italia sta rinascendo, anche in relazione a una nuova imprenditorialità dei singoli o alla capacità di fare rete. L’interesse del mercato non manca, e i prodotti di alta qualità vengono esauriti rapidamente. Le condizioni per un rilancio ci sono tutte, ma è importante ragionare in modo coordinato, evitando l’opposizione fra i piccoli e i grandi produttori, che presidiano spesso mercati diversi, lavorando per migliorare la reputazione dell’olio nazionale, sia quello di qualità standard, che quello di alta gamma e con più alto valore aggiunto. Bisogna che il sistema Paese lotti compatto per difendere e far rispettare la qualità dell’olio di oliva.

In Emilia-Romagna, ad esempio, c’è una produzione limitata e si sta seguendo una politica di produzione di olio di grande qualità e tipicità, ed è stato recentemente proposto un progetto collaborativo, frutto di una buona sinergia fra associazioni di produttori e frantoiani. Sono stati proposti anche un nuovo marchio e un percorso di recupero delle varietà storiche. A questo proposito, in un recente articolo, abbiamo approfondito le varietà di frutti dimenticati dell’autunno.

Raccontare l’olio d’oliva

Molto da fare, invece, resta nel campo della divulgazione, dove il settore oleicolo deve investire ancora molto. Secondo la professoressa, gli oli di oliva e quelli vegetali, in genere, sono poco conosciuti per le loro reali qualità e la comunicazione è più spesso scandalistica, focalizzata sulle frodi e le illegalità. Qualche anno fa anche una serie di vignette pubblicate su The New York Times si scagliò contro la produzione dell’olio d’oliva in Italia. Evidentemente, campagne come queste danneggiano fortemente la reputazione e l’esortazione nazionale e comunitaria. Dovremmo essere capaci di comunicare anche la tanta qualità che commercializziamo, il valore unico, nutrizionale, sensoriale, culturale dell’olio vergine di oliva e il suo legame con i territori, come già avviene per il vino.

Dopo questo approfondimento sulla produzione dell’olio d’oliva, può essere interessante leggere un articolo relativo alle inchieste sugli allevamenti intensivi.

Altre fonti:
Agricoltura e sviluppo rurale – DOOR
Consiglio oleico internazionale – COI
Oleum – Strategie analitiche per garantire l’autenticità e la qualità dell’olio d’oliva

Matteo è nato a Bologna e vive a San Giorgio di Piano (Bo), è giornalista, sommelier e assaggiatore di olio d'oliva, ha collaborato con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell'Università di Bologna. Per Il Giornale del Cibo si occupa di attualità, salute, cultura e politica alimentare. Apprezza i cibi e le bevande dai gusti autentici, decisi e di carattere. A tavola ama la tradizione ma gli piace anche sperimentare: per lui in cucina non può mancare la creatività, "perché è impossibile farne a meno!"

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