
Cosa mangiano gli italiani per la Festa del Papà?
Che si abbiano 4, 35 o 52 anni non ha importanza: il papà è sempre il papà, a qualunque età e latitudine. La stragrande maggioranza dei paesi del mondo lo festeggia a Giugno, nei paesi più nordici e freddi d’Europa viene celebrato a Novembre, e poi ci siamo noi, quelli lo festeggiano il 19 marzo: gli italiani, insieme a boliviani, portoghesi, spagnoli, tunisini, albanesi, abitanti dell’Honduras, del Liechtenstein, del Canton Ticino e dell’Andorra.
Noi che identifichiamo la festa del papà con le letterine e i lavoretti che le maestre ci facevano fare all’asilo, con la poesia, con San Giuseppe e con tutte le tradizioni culinarie che il falegname più famoso del calendario si porta dietro. Perché le tavole d’Italia (che ve lo diciamo a fare?) anche in questa occasione, scoppiano di usanze e ricette…
Ricette per la festa del papà: le nostre tradizioni
Zeppole di San Giuseppe
Il 19 marzo in alcune zone dello Stivale per festeggiare tutti i papà, poesie e letterine sono accompagnate dalle Zeppole di San Giuseppe, sorta di bigné ripieni di crema pasticcera, dolce tipico soprattutto dell’Italia centro meridionale dove viene preparato con modalità differenti, vediamo quali.
Le Zeppole Campane
Ai piedi del Vesuvio, le Zeppole di San Giuseppe venivano un tempo preparate per le strade dalle abilissime donne di casa. Gli ingredienti principali della ricetta campana sono: farina, uova, zucchero, margarina, crema pasticcera, zucchero a velo e amarene sciroppate per decorare il tutto.
Le Zeppole Reggine
A Reggio Calabria le Zeppole di San Giuseppe sono zippuli ca’ ricotta e vengono preparate con farina, zucchero, uova, vanillina, strutto e farcite con ricotta, zucchero, cannella, limone grattugiato e zucchero a velo. Che dire, più golose di così!
Le Zeppole Siciliane
Andiamo ancora più giù e fermiamoci in Sicilia, dove l’impasto delle zeppole di San Giuseppe è a base di: farina, riso, miele d’arancio e zucchero a velo. Hanno una forma cilindrica e vengono fritte nell’olio bollente per poi essere ricoperte con miele d’arancio, zucchero a velo e cannella.
Non solo Zeppole: altri dolci tipici
Dopo tutte queste Zeppole, avete le idee confuse e non sapete quali scegliere? Noi continuiamo sempre sulla scia della frittura, e vi parliamo di un altro cult del 19 marzo: le frittelle di riso che si preparano in Toscana, mentre spostandoci ancora un po’ più a nord, in Emilia Romagna, troviamo le raviole di carnevale, croccanti fagottini ripieni di confettura.
Uniti come non mai dalla comune passione per la frittella e i suoi parenti, gli italiani mangiano in Sicilia anche le Sfinci di san Giuseppe, un nome ereditato dal latino spongia, spugna, e imputabile alla morbidezza del loro impasto.
Ma il primato italiano in fatto di tradizioni culinarie per la festa del papà va un assoluto ai salentini, che non si fermano alla frittella, ma preparano le Tavole di San Giuseppe.
Ma il primato italiano in fatto di tradizioni culinarie per la festa del papà va un assoluto ai salentini, che non si fermano alla frittella, ma preparano le Tavole di San Giuseppe.
Le tavole salentine per San Giuseppe
Un banchetto con 169 piatti
In Salento, tra le famiglie più devote, il Santo non viene solo celebrato, ma addirittura impersonato da uno dei commensali durante un pasto che segue un rituale ben preciso: quello delle Tavole di San Giuseppe. Usanza vuole che venga preparato un abbondante banchetto, al quale devono essere invitati almeno 3 commensali, fino ad un massimo di 13. I numeri, chiaramente, non sono casuali: il trio simboleggia la presenza di Gesù, Giuseppe e Maria; i 13, invece, rimandano ai componenti dell’ultima cena.
Nella sua versione ortodossa, la tradizione prevede che vengano preparate 13 pietanze per ciascun santo, per un totale di 169 piatti, tra cui gli immancabili massa e ciciri (pasta e ceci), la verdura lessa, la pasta col miele, il pesce fritto e le cosìddette favenette (crema di fave) con pane fritto, e i tortini, ovvero pani a forma di ciambella, il cui peso oscilla tra i 3 e i 5 chili.
“Tavola San Giuseppe Lizzano” di Francesco Pastorelli – lavoro personale. Con licenza GFDL tramite Wikipedia.
Al cospetto di tutto questo ben di dio, in origine, venivano messi i poveri del paese, scelti tra i commensali per spirito di carità. Oggi naturalmente le cose sono un po’ cambiate: dove la tradizione sopravvive, a partecipare al banchetto sono in genere amici e familiari, e il pasto contempla spesso un menù di lampascioni (bulbi poco conosiuti nel resto d’Italia che qui vengono spesso bolliti e conservati sotto’aceto e sott’olio. Ma che possono essere consumati anche in altri modi..), pesce fritto, zeppole e frutta.
Il going di San Giuseppe
L’usanza vuole che sia San Giuseppe ad aprire e chiudere le danze: ad uno dei commensali viene infatti assegnato il ruolo del Santo, e viene consegnato l’arduo compito di interrompere il pasto ad ogni portata, battendo per tre volte la forchetta sul bordo del piatto. A questo segnale, tutti si fermano lasciando la pietanza che stanno consumando, per poi passare al piatto successivo. Nessuno, chiaramente, butterà mai gli avanzi: i “santi” ospiti porteranno tutto a casa.
Il rituale di massa e ciciri
Per quanto la devozione sia grande, non tutti possono permettersi un banchetto da 169 piatti. Alcune famiglie preparavano (e preparano) pane e massa e ciciri in quantità, da offrire a chi si presentasse a far loro visita in casa.
L’aspetto più curioso, tuttavia, sta nella preparazione delle pietanze, che originariamente veniva scandita dalla preghiera. La massa, ovvero la pasta con i ceci, si faceva cuocere recitando il Pater Noster, e veniva poi fatta riposare in appositi recipienti per il tempo di 10 Ave Maria.
Per quanto oggi possa esser diventata un’occasione a volte solo commerciale, sfruttiamo l’opportunità come buon pretesto per trascorrere del tempo in famiglia e celebrare questo grande dono: i papà.
Ed ora, prima di dare inizio ai festeggiamenti diteci: quali sono le ricette per la festa del papà che si preparano dalle vostre parti?