Il frutto “nel sacchetto”: la pesca di Leonforte IGP
Quand’ero bambina, non vedevo l’ora che arrivasse l’estate, in particolare luglio e agosto: non soltanto per le vacanze al mare, ma perché finalmente potevo abbuffarmi di pesche. Così, settembre significava dover rinunciare alla pelle dorata, ai piedi nudi sulla sabbia e al mio frutto preferito. Perciò, potrete immaginare la mia meraviglia quando ho scoperto che esisteva una pesca tardiva, che si raccoglieva quando ormai tutte le altre erano sparite dal mercato: è la pesca di Leonforte IGP, detta anche la “Settembrina”, che proviene dalle calde terre della Sicilia. L’autunno è ancora lontano, è vero, ma è sempre meglio non farsi cogliere impreparati e, quindi, siete pronti a seguirmi in questo viaggio? Ci addentreremo nell’entroterra della Sicilia, in un’oasi fuori dal tempo e ricchissima di frutteti, e scopriremo perché questa pesca è così speciale.
La pesca di Leonforte: storia di una geniale intuizione
A volte, le cose migliori capitano per caso: ed è proprio il caso, insieme a una geniale intuizione, che porta alla crescita e alla produzione della pesca di Leonforte, oggi prodotto simbolo del territorio. All’inizio del Novecento, Leonforte è famosa soprattutto per la coltivazione di agrumi e di frumento: gli alberi di pesco crescono spontaneamente tra gli agrumeti, si moltiplicano grazie ai semi e, sempre per caso, diverse varietà iniziano a incrociarsi tra loro, senza che nessuno se ne prenda cura. Con il passare del tempo, i contadini della zona si interessano a quei piccoli alberi che producono frutti insoliti per forma e sapore, ma preziosi, e cominciano a curarli. Ma è solo negli anni ‘50 che impiantano gli alberi in frutteti specializzati e danno il via a una vera e propria produzione. Purtroppo, nel giro di pochi anni, la peschicoltura è messa in ginocchio a causa del flagello della mosca mediterranea, che danneggia interi frutteti e sembra già mettere la parola “fine” alla coltivazione della pesca.
La tecnica dell’insacchettamento
La mosca mediterranea scalfisce duramente lo spirito dei contadini che, nel momento della raccolta, vedono il frutto del loro lavoro completamente rovinato. Occorre trovare una soluzione efficace e immediata per ovviare al problema senza usare però antiparassitari: decidono così di ricoprire ogni ramo dell’albero con un grande sacchetto di carta che lascia filtrare la luce e l’aria, ma non permette al temibile insetto di avvicinarsi. Questo sistema sembra risolvere momentaneamente la situazione, ma non è molto funzionale: tiene sì gli insetti alla larga, ma a causa della maturazione a scalare dei frutti, i contadini devono ogni volta sfilare il sacchetto, raccogliere le pesche mature e poi rimetterlo, rallentando enormemente l’operazione di raccolta. Poi, negli anni ‘70, eccola, l’intuizione geniale di un imprenditore agricolo: al posto di insacchettare tutto il ramo, perché non proteggere ogni singola drupa?
A giugno, quando perciò è ancora acerba e poco più grande di una noce, ogni pesca viene “ncuppata”: le aziende usano sacchi di carta pergamenata semitrasparente di dimensioni ridotte, che si chiudono con un sottilissimo filo di ferro. È la soluzione perfetta: il sacco (u cuppu) riesce a proteggere la pesca sia dagli insetti sia dal vento e dalla grandine, e allo stesso tempo permette una maturazione lenta e piena. Inoltre, una volta aperto il sacchetto, questa rilascia un profumo inebriante e intenso, che ne anticipa il sapore dolcissimo. Quindi, la tecnica dell’insacchettamento è un lavoro certosino e oneroso, ma è proprio la sua diffusione a permettere una ripresa della peschicoltura e una crescita sostanziale della produzione, e allo stesso tempo a conferire un sapore unico e originale al prodotto, dando inizio alla storia della Pesca di Leonforte IGP.
Il Consorzio della Pesca di Leonforte e il marchio IGP
Ma per proteggere il delicato frutto non bastano dei sacchetti di carta semitrasparente: senza il durissimo lavoro dei peschicoltori (pensate che in un giorno, i più veloci insacchettano circa 2000 pesche), non sarebbe possibile ottenere questa particolare varietà di pesca, oggi famosa in tutto il mondo. Perciò, nel 1996 due Cooperative peschicole del territorio decidono di istituire il Consorzio di Tutela della Pesca di Leonforte: l’obiettivo è quello, ovviamente, di tutelare e valorizzare il prodotto, ma anche la produzione degli associati al Consorzio, per migliorarne la situazione economica. Infatti, questo organo di tutela avvia il percorso per il riconoscimento europeo del marchio IGP, che arriva nel 2010: la pesca viene così registrata come “Pesca di Leonforte IGP”. Ma non solo: oltre al pane, all’olio e agli ortaggi, questo frutto è uno dei 29 presidi Slow Food siciliani, il cui scopo è quello di tutelare la biodiversità alimentare in tutto il mondo.
Caratteristiche e disciplinare della pesca di Leonforte IGP
Abbiamo visto come la tecnica dell’insacchettamento abbia permesso alla pesca di Leonforte di sopravvivere agli agenti esterni, di maturare lentamente, e di diffondersi sempre di più, ottenendo riconoscimenti importanti. Ma quali sono le sue caratteristiche?
Il disciplinare prevede che, innanzitutto, la pesca di Leonforte IGP sia il prodotto della coltivazione di due differenti ecotipi locali:
- Bianco di Leonforte: la buccia è di colore bianco, con delle striature rosse che, però, non sono sempre evidenti, e la polpa è altrettanto bianca.
- Giallone di Leonforte: la buccia esterna è gialla, con delle striature rosse che non sono sempre evidenti; la polpa interna è gialla.
Al di là di queste differenze di colore, per entrambe le varietà, il disciplinare precisa che i frutti devono avere queste caratteristiche:
- integri, di aspetto fresco e pulito (quindi, privi di marciumi, di sostanze estranee visibili o di parassiti);
- privi di odori e sapori estranei;
- la forma è per lo più globosa, con valve asimmetriche;
- la polpa, soda e croccante, è ben aderente al nocciolo e ha una consistenza interna di minimo 4.5 Kg/cm2 per l’ecotipo Giallone di Leonforte e minimo 3.5 Kg/cm2 per l’ecotipo bianco di Leonforte;
- il peso di ogni drupa varia tra i 100 e 350 grammi;
- il sapore è molto dolce, che ricorda leggermente quello della canditura, e il profumo è intenso.
Il metodo di raccolta della pesca “insacchettata”
Come avevo accennato all’inizio, grazie alla tecnica dell’insacchettamento la pesca di Leonforte si è distinta grazie alla sua lentissima maturazione: la raccolta comincia a partire dalla prima decade di settembre fino alla prima decade di novembre e avviene rigorosamente a mano in prossimità della piena maturazione, ovvero quando il frutto è più dolce. Il peschicoltore deve prestare molta cura: infatti, non si deve effettuare la raccolta durante le ore più calde della giornata ed esporre così direttamente al sole le drupe; poi, bisogna far ruotare il picciolo molto delicatamente, fino al completo distacco dal ramo; infine, deve asportare il fil di ferro, per evitare che i frutti, depositati nelle cassette o nei contenitori, si rovinino. Il sacchetto già di per sé garantisce una certa omogeneità della superficie esterna e ne preserva l’aspetto sano, ma i frutti sono controllati uno ad uno e scartati nel caso in cui non rispettino tutti i criteri previsti. Inoltre, il disciplinare ammette anche la refrigerazione del prodotto in celle frigorifere a temperatura compresa tra 0.5°C e 4.5°C per un periodo massimo di 20 giorni, ma, in generale, tutte le operazioni di condizionamento devono avvenire all’interno dell’area di produzione, per non danneggiare le pesche con eccessive manipolazioni e trasporti e per garantire un prodotto ottimale.
La zona di produzione della pesca di Leonforte
Ovviamente, il disciplinare è molto chiaro anche per quanto riguarda la zona di produzione della Pesca di Leonforte IGP. Infatti, questo frutto ha iniziato a diffondersi spontaneamente in un’oasi al centro della Sicilia, lontana dalle contaminazioni e dagli scarti industriali. Poi, col tempo, si è diffusa e adesso, oltre a Leonforte ovviamente, viene coltivata e prodotta nei comuni di Enna, Calascibetta, Assoro e Agira (sempre in provincia di Enna). Questo territorio, in realtà, è piuttosto vario – possiamo trovare colline e vallate che si alternano a vaste aree pianeggianti, comprese tra i 200 e i 1000 m sul livello del mare – ma non vasto: la sua estensione è di circa 200 ettari, e proprio questa estensione non eccessiva è uno dei punti di forza dell’intera produzione, perché ha permesso i coltivatori di puntare sulla qualità dei singolo frutto, piuttosto che sulla quantità.
Si tratta, quindi, di un prodotto di “nicchia”, un’eccellenza che ha decisamente migliorato la situazione economica dei coltivatori della zona ed è diventato motivo d’orgoglio di quella terra: è per questo che, ogni anno, Leonforte lo celebra con la “Sagra delle pesche e dei prodotti tipici” il primo weekend di ottobre. La pesca di Leonforte, infatti, non solo è ottima gustata al naturale, ma è anche perfetta per realizzare squisite confetture o succhi di frutta, oppure per la conservazione sotto sciroppo, o – perché no? – possono essere usate come ingredienti per delle ricette originali e creative, come un bel pesto di mandorle e pesche. Curiosi di provare? Ecco qui tre idee dolci e salate per assaporare al meglio la pesca di Leonforte!
Insomma, che sia gialla, bianca, percoca, tabacchiera, la pesca è sinonimo dei colori e dei profumi dell’estate, e soltanto una ci regala l’inconfondibile gusto della bella stagione anche in autunno: voi conoscevate la pesca di Leonforte IGP?
Fonti:
pescadileonforte.it
qualigeo.eu
sagradellepesche.it