Sulle tracce dei piatti della cucina algerina più autentica

Giulia Ubaldi
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    L’Algeria è uno dei Paesi meno turistici in cui sono andata. Anzi, forse il meno turistico di tutti. Forse per questo non ho trovato molti ristoranti o locali dove mangiare, soprattutto i piatti tradizionali algerini che, come ci hanno risposto, “si mangiano a casa”, a dimostrazione di quanto si tratti di un luogo davvero poco turistico. Ma qualcosa siamo riusciti a trovare, e ciò che è emerso chiaramente dalla ricerca è quanto sia ancora forte la presenza e l’influenza francese, anche in cucina. Ed è proprio questo quello di cui vi parleremo oggi. 

    L’influenza francese in Algeria 

    Prima di parlare dei piatti tradizionali algerini, sarà bene fare un breve excursus storico, che ci permetta di capire come mai la cucina algerina risenta così tanto ancora della dominazione francese. Il colonialismo francese è durato per ben 132 anni, dall’invasione di Algeri nel 1830 fino alla guerra di indipendenza che si è conclusa solo nel 1962. Durante tutto questo periodo l’Algeria è stata amministrata come parte integrante della Francia, con scambi continui e costanti tra questi due Paesi. Pensate che, dall’indipendenza fino alla metà degli anni ’80, quasi 1 milione di algerini ha abbandonato la propria terra per migrare in Francia, tant’è che possiamo parlare di un vero e proprio esodo, che ha bloccato notevolmente l’economia locale. L’ormai noto e diffuso termine pieds-noirs, utilizzato oggi come sostantivo o aggettivo, indica tutti i figli di genitori francesi nati in Algeria che sono rimpatriati al termine della guerra. 

    Foto di Giulia Ubaldi

    Dunque, i francesi ebbero un’influenza politica, culturale e demografica senza precedenti nella storia del colonialismo in Africa, che non poteva che avere grosse e durature ripercussioni sociali, dalla lingua (tutti gli algerini parlano francese e lo studiano a scuola) all’architettura, fino ovviamente alla cucina. Vi facciamo qualche esempio: a differenza dei mercati marocchini o tunisini (che risentono comunque di una presenza francese) dove si trova il tipico pane arabo, in quelli algerini invece ci sono baguette ovunque, seppur in una versione leggermente più grande. Per colazione in tutte le boulangerie o negli alberghi si possono trovare croissant e pain au chocolat, anche se in questo caso con una differenza, ovvero con meno burro. E così nella maggior parte dei ristoranti, spesso i menu sono a base di piatti francesi, come l’immancabile omelette che abbiamo trovato ovunque, o altri classici secondi di carne con purè e insalata. Questo vale soprattutto per la capitale Algeri, dove è sicuramente più facile trovare piatti francesi che algerini. 

    Insomma, anche se l’occupazione è finita più di 60 anni fa, la presenza francese in Algeria è tutt’altro che dissipata. Eppure questo non ci ha impedito di andare alla ricerca di alcuni piatti della tradizione, per cercare di scoprire qual è la “vera” cucina algerina, quella preparata nelle case.

    I piatti della cucina algerina

    Foto di Giulia Ubaldi

    Come ci ha spiegato la nostra guida Hassan, originario della Cabilia, che ha vissuto per anni a Parigi, mentre oggi vive ad Algeri, trovare la cucina tradizionale algerina è molto difficile. Ci sono però alcuni indizi che ci fanno capire di essere di fronte a un buon locale, come ad esempio quando sono presenti tavolini di legno bassi, con piccoli divanetti o sgabelli per sedersi e tappeti stesi a terra e sulle pareti. “In realtà i tavoli sono rimasti così bassi perché in passato si mangiava direttamente per terra” racconta Hassan, “poi nel tempo hanno aggiunto delle sedie”. Altro tratto caratteristico di questi locali è la presenza del matlouh, il tipico pane algerino che si prepara con la farina di segale, in passato cotto nella tajine, e del latticcello, una bevanda dal sapore acidulo che si ricava dal sottoprodotto della trasformazione della panna o del latte in burro. Infine, dimenticatevi qualsiasi tipo di alcolico, perché se in altri Paesi del Maghreb come il Marocco ormai lo trovate spesso, qui è molto difficile. Soltanto in alcuni posti si serve il vino algerino, prodotto che solo di recente hanno iniziato a produrre direttamente in Algeria, soprattutto nella parte a ovest, verso Orano. Dunque, è in questi posti che abbiamo scoperto qualche piatto della cucina algerina, di cui vi parleremo oggi. 

    Zefiti, il piatto di Bousaada

    Iniziamo da uno dei piatti che mi ha colpito di più in assoluto, sia per la sua bontà, che per il suo modo di essere servito. Siamo a Bousaada, a circa 250 chilometri a sud di Algeri, chiamata la “Porta del deserto” o la “Città della felicità”, in quanto è la città più vicina alla costa algerina. Qui si prepara lo zefiti: all’interno di un mortaio di legno, alto e cilindrico, vengono messi tutti gli ingredienti, ovvero il leftet, una sorta di galletta integrale tagliata a pezzetti (purtroppo non siamo riusciti a capire bene di che tipo di pane si tratta), salsa e/o concentrato di pomodoro, peperoncino, aglio, coriandolo e ras El Hanout. Quest’ultimo è un mix di spezie ed erbe aromatiche molto diffuso in tutto il Maghreb, utilizzato anche per la preparazione di tajine e cous cous; non esiste una versione codificabile di questo insieme, perché la composizione cambia da famiglia a famiglia, anche se quasi sempre sono presenti cannella, zenzero, coriandolo, cardamomo, noce moscata, paprika, pepe nero e curcuma. 

    Foto di Giulia Ubaldi

    Ma torniamo al nostro zefiti: una volta messi tutti gli ingredienti a caldo, questi vengono schiacciati e appunto “pestati” proprio come il nostro pesto fino a raggiungere una consistenza cremosa. Quando il composto è pronto, viene servito a tavola direttamente nel mortaio in cui è stato preparato, con un grande cucchiaio di legno per tutti i commensali, che lo mangiano tutti insieme dalla stessa portata. Si tratta di un piatto delizioso, anche e soprattutto per il modo in cui viene servito, quasi sempre in abbinamento al latticello. Ma attenzione: questo piatto è originario della città di Bousaada, quindi sarà difficile trovarlo altrove.

    Chakhchoukha, attenzione alla pronuncia

    Quello che invece non sarà difficile trovare altrove è la chakhchoukha, presente ovunque in tutta l’Algeria, tant’è che potremmo azzardarci a definirlo il, se uno dei, piatti nazionali. Ma attenzione a non confonderlo con la shakshuka o chakchouka (senza le due h), di cui vi parleremo nel paragrafo seguente. Come vi avevamo già raccontato a proposito della cucina rossa tunisina, infatti, la differenza di due h in meno indica un altro piatto. 

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    La chakhchoukha (con due h) si trova anche in Tunisia, nella zona di Tozeur, al confine con l’Algeria: si tratta di un piatto a base di un pane sottile chiamato rougag, molto simile al nostro pane sardo carasau, per lo più venduto secco in grossi sacchetti, da “pucciare” nel latte o da ammorbidire in varie ricette come questa. Nella chakhchoukha, infatti, il rougag viene tagliato a pezzetti, di solito rombi simili a lagane, bagnato con un po’ acqua e condito come se fosse una pasta con salsa di pomodoro, cipolla, aglio, ceci e il mix di spezie ras el hanout. Di solito, viene quasi sempre servito insieme a un piatto di carne a scelta e a parte, come ad esempio pollo, manzo o agnello. Ne esistono anche delle versioni dolci, con frutta secca quali albicocche, uva passa, noci, mandorle, pinoli, perché in realtà nasce come un piatto povero molto versatile, preparato ogni volta in modo diverso a seconda di quello che c’è in casa. Ma fidatevi, è una vera delizia da provare! 

    Shakshuka, la ratatouille algerina

    Anche questo piatto è diffuso in tutta la zona del Maghreb e del Medio Oriente seppur, ovviamente, con declinazioni differenti. Questo non ci stupisce visto che pare che la shakshuka sia stata introdotta nella cucina palestinese dagli ebrei marocchini emigrati in Israele, e successivamente in Italia dagli ebrei tripolini, attraversando quindi più volte il Mediterraneo e l’area mediorientale. Di base si tratta di una ratatouille di verdure variabili a seconda della stagione, ma di solito non mancano mai pomodori, peperoni verdi e rossi, che vengono cotti a lungo in padella con olio, aglio, cipolla, pepe, sale e paprika (che gli conferisce appunto quel colore rosso). A differenziarlo, però, è la presenza delle uova che vengono aggiunte intere sopra a fine cottura, anche se Hassan ci dice che “si possono anche non mettere, dipende se si mangia come piatto unico, o come contorno di carni e pesci”. Quel che è certo, è che si mangia soprattutto nel periodo estivo

    Cous cous, dolce e nero

    Foto di Giulia Ubaldi

    In tutti i paesi del Maghreb, dal Marocco alla Tunisia, il cous cous è una cosa sacra. Ma c’è una differenza rispetto all’Algeria: infatti, se altrove è facile trovarlo ovunque, in quasi tutti i ristoranti (forse sempre per il motivo che si tratta di posti più turistici), qui è molto difficile, tant’è che chiedendo in giro dove poterlo gustare ci hanno quasi tutti risposto la stessa cosa. “Il cous cous lo mangiamo a casa, solo a casa”. Per fortuna che da qualche anno ha aperto un ristorante d’origine italiana, Sapori, sul porto di Algeri dove è possibile assaggiare un ottimo cous cous; di venerdì, invece, giorno di festa, potete trovarlo in quei pochi posti aperti. In realtà del cous cous algerino ve ne avevamo già parlato, in particolare di una versione più particolare e dolce, il mesfouf, che si prepara con burro, frutta secca, scorza di limone e uvetta o datteri. Ma non vi avevamo ancora raccontato del cous cous nero, più raro e difficile da trovare, di cui ne esistono due versioni: una che si prepara con il grano fermentato (da cui il colore più scuro), e l’altra (pensate un po’!) con le ghiande. E a proposito di grano, una volta abbiamo mangiato qui il freekeh, il grano verde libanese che si raccoglie prematuramente, a dimostrazione di quanto humus comune ci sia nel Mediterraneo. E sempre a questo proposito, veniamo ora alla parte più dolce. 

    Mbesse, o Basboussa, il dolce vincitore di cui gli algerini vanno fieri 

    Foto di Giulia Ubaldi

    Come vi avevamo già accennato a proposito della pasticceria marocchina, la maggior parte dei dolci presenti in Medio Oriente viene preparato con la pasta fillo, che ha avuto una grande influenza su tutta la tradizione dolciaria dell’area. Infatti, per questo molti dolci algerini sono simili a quelli che trovate in Marocco o in Tunisia, seppur sempre con le dovute differenze. Ad esempio, ce n’è uno che è propriamente dell’Algeria, di cui gli algerini vanno molto fieri perché, proprio questo febbraio 2023, è stato premiato tra i 100 dolci migliori del mondo secondo il sito TasteAtlas, aggiudicandosi l’89esimo posto ed essendo l’unico dolce arabo e africano presente in tutta la lista. Per i più golosi amanti della pasticceria, vi diciamo che al primo posto c’era il Medovik russo con il miele; al secondo il Sernik polacco, una specialità polacca a base di un formaggio bianco; e al terzo posto c’era la cheesecake giapponese. Ma torniamo al vincitore algerino: mbesses è una torta molto semplice, simile ad altre due chiamate basboussa o bradji, che si prepara con burro, semola, uova, farina, latte, lievito, zucchero, miele e un pizzico di sale, cotta nella tajine e servita con il tè. Si mangia spesso sia in occasione delle grandi feste che come dessert quotidiano, anche perché è nota e apprezzata in tutta l’Algeria proprio per la sua essenzialità e semplicità. “È il dolce che basta nominare per far sentire subito un algerino a casa”, ci dice Hassan. 

    Vi abbiamo fatto venire voglia di andare alla scoperta di questo Paese e dei suoi piatti più tipici ma anche più nascosti? 


    Immagine in evidenza di: Giulia Ubaldi

    Antropologa del cibo, è nata a Milano, dove vive e scrive per varie testate, tra cui La Cucina Italiana, Scatti di Gusto, Vanity Fair e le Guide Espresso. Il suo piatto preferito sono gli spaghetti alle vongole, perché per lei sono diventati un'idea platonica: "qualsiasi loro manifestazione nella realtà sarà sempre una pallida copia di quella nell'iperuranio". Nella sua cucina non mancano mai pistilli di zafferano, che prima coltivava!"

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