Virtù teramane, la storia di un piatto tipico del Primo maggio abruzzese
Ogni Primo maggio, quando la primavera sboccia in tutto il suo splendore, la città di Teramo si anima in una celebrazione che va oltre il semplice cambio di stagione. Qui, il rito dell’inizio di maggio è tutto condensato in un piatto denso di sapore, tradizione e comunità: le virtù teramane. Molto più di un amalgama di legumi, verdure e pasta: sono un atto di memoria e di festeggiamento, un omaggio ai cicli della natura e alla resilienza di una comunità che, anno dopo anno, si riunisce attorno a questo piatto per rinnovare legami, tradizioni e identità. Guai a chiamarlo minestrone e no, non è neanche una zuppa. Ma allora come raccontare le virtù teramane, il piatto tipico abruzzese del Primo maggio?
La storia delle virtù teramane
Le virtù teramane affondano le loro radici in una storia ricca che intreccia pratiche agricole centenarie, tradizioni locali e influenze culturali che si estendono ben oltre i confini dell’Abruzzo. Questo piatto, che celebra l’arrivo della primavera, ha origini che risalgono al culto della Terra durante il Calendimaggio, un’antica festa celebrata dalle civiltà contadine per salutare la fine dell’inverno e l’inizio della bella stagione, simbolo di fertilità e abbondanza.
Il piatto così come lo conosciamo oggi è un vero mosaico di ingredienti: tantissimi tipi di verdure primaverili, legumi secchi (come ceci, lenticchie e cicerchie), cotica di maiale, e una varietà di pasta sia fresca che secca. Questa combinazione rappresentava un modo per riutilizzare le ultime scorte invernali e per includere nella ricetta le nuove verdure di stagione.
Ma le virtù teramane rispecchiano quelli che erano i rituali propiziatori praticati già nell’antica Grecia e Roma, dove piatti come la panspermia – una zuppa di frumento, farro, ceci, fave e lenticchie – venivano preparati durante le feste primaverili dedicate a Dioniso e Bacco, a simboleggiare la resurrezione, la prosperità e la perseveranza. In questi piatti, i semi erano considerati simboli di rinascita e speranza.
Le pratiche di transumanza abruzzese e l’intensa attività pastorale hanno senza dubbio influenzato la ricetta, arricchendola e adattandola alle risorse disponibili e alle esigenze di una comunità che dipendeva fortemente dai cicli della natura. La paura delle carestie, un tempo molto comuni in agricoltura, rendeva il piatto ancora più significativo come simbolo di speranza e sopravvivenza.
Il rituale di preparazione delle virtù è altrettanto emblematico: tradizione vuole che debbano essere utilizzati sette legumi, sette aromi, sette verdure fresche, sette tipi di carne, sette verdure di stagione e sette tipi di pasta, il tutto cucinato in sette ore – un chiaro rimando alle sette virtù cristiane.
La scelta (e la cottura) degli ingredienti
La preparazione delle virtù teramane è lunga e meticolosa, e inizia qualche giorno prima del Primo maggio, quando viene tradizionalmente consumata. Abbiamo visto come questo piatto sia complesso e ricco, e come necessiti di una selezione attenta di più di 30 ingredienti differenti, una testimonianza della biodiversità agricola dell’Abruzzo teramano e delle sue tradizioni culinarie.
La fase di cottura delle virtù è tanto laboriosa quanto cruciale per la buona riuscita del piatto: verdure e legumi vengono cotti separatamente per assicurare che ciascuno mantenga il proprio sapore distintivo. L’arte di questo piatto, infatti, sta nel riuscire a combinare tutti questi componenti a una temperatura uniforme, evitando così il rischio di alterare il sapore complessivo. La regola d’oro è: mai unire ingredienti a temperature diverse – una pratica che esige precisione e pazienza.
Ingredienti come fave e piselli, insieme a una varietà di erbe locali come borragine, finocchietto selvatico e maggiorana, giocano un ruolo centrale nella composizione delle virtù. Le verdure e le erbe profumate che nascono alla fine di aprile, infatti, riflettono anche la filosofia di sostenibilità e di utilizzo di ciò che la terra offre in quel momento.
La preparazione include anche elementi più sostanziosi come le pallottine teramane, piccole polpette di carne, e il brodo di carne arricchito con osso di maiale e cotica. Questi componenti sono cucinati attentamente per integrarsi armoniosamente con il resto degli ingredienti. I legumi secchi e i cereali, come il grano, vengono messi a bagno il giorno precedente e cotti separatamente, seguendo la tradizione che prevede un’attenzione scrupolosa per ogni dettaglio del processo culinario.
Ogni famiglia a Teramo custodisce gelosamente la sua versione della ricetta, il che rende ogni piatto unico. Per preservare questa tradizione ricca e complessa, un gruppo di esperti e ristoratori locali ha anche elaborato un disciplinare, riconosciuto dal Ministero dell’Ambiente e delle Politiche forestali, per garantire che le virtù teramane rimangano un autentico simbolo della cultura gastronomica della regione.
Conoscevate questo piatto? Fareste un viaggetto a Teramo per assaggiarlo?
Immagine in evidenza di: barbajones