vino primitivo

Vino primitivo: caratteristiche e differenze delle DOP amate in tutto il mondo

Matteo Garuti

Lo scorso gennaio ha richiamato l’attenzione la notizia di un grande ordinativo di vino Primitivo da parte della Casa Bianca, con una conseguente ribalta per le produzioni della Puglia e del Salento, dove il vitigno è tipico. Dopo aver approfondito le differenze fra affinamento in barrique e in anfora, questa volta ci occuperemo del Primitivo e delle sue caratteristiche, grazie alle quali è diventato un prodotto conosciuto e apprezzato nel mondo.

Vino Primitivo: caratteristiche e produzione

zinfandel californiano

È una delle eccellenze della viticoltura pugliese e salentina, anche se le sue origini – poco conosciute dal grande pubblico – possono sorprendere. Prima di approfondire la notizia sull’apprezzamento del vino Primitivo da parte della Presidenza degli Stati Uniti, ecco una panoramica sulle sue caratteristiche, a partire dalla provenienza geografica della pianta.

Le origini

Sembra che il vitigno debba il suo nome a Francesco Filippo Indelicati, sacerdote di Gioia del Colle, che sul finire del Settecento si dedicò allo studio di questa varietà. Selezionando diverse piante simili, ne individuò una che rispetto alle altre maturava prima, e da questa peculiarità deriverebbe il nome arrivato fino a noi. In seguito la coltivazione si diffuse verso Sud, nella zona di Manduria, in provincia di Taranto, trovando condizioni ambientali particolarmente favorevoli, come vedremo tra poco.

Tuttavia, la vera origine geografica del vitigno viene svelata solo nel 2001, in seguito a ricerche ampelografiche approfondite, che interessano cultivar diffuse in territori lontani e diversi. Alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso, Austin Goheen, patologo delle piante e docente dell’Università di Davis, capisce per primo che il Primitivo pugliese e lo Zinfandel californiano potevano essere geneticamente identici, evidenza dimostrata solo nel 1994 con la collaborazione dell’Istituto sperimentale per la viticoltura di Conegliano.

Successivamente, vengono avviate ulteriori ricerche per andare ancora più a fondo, dal punto di vista storico e geografico, fino a scoprire che i primi documenti sulla presenza del vitigno negli Stati Uniti risalgono al 1830, dove il nome riportato è Black Zinfandel of Hungary. A dispetto di questo appellativo, in Ungheria e in Austria – nell’Ottocento unite in un unico impero – non risulta traccia dello Zinfandel, che invece viene trovato lungo le coste della Dalmazia, anch’essa un tempo parte dell’Impero asburgico. Nel 2001, grazie al contributo della genetista Carole Meredith dell’Università di Davis, si è infine riusciti a dimostrare che lo Zinfandel-Primitivo corrisponde geneticamente a un vitigno croato, che in base alle zone è conosciuto come Crljenak Kaštelansky, a Spalato e dintorni, Bavanda da Sa Poursidi, in Istria nei pressi di Rovigno, Tribidrag o Pribidrag, nome più popolare e già noto nel Quattrocento.

Anche il Primitivo conosciuto in Italia, in sostanza, proviene dall’altra sponda dell’Adriatico, sebbene non ci siano certezze sull’epoca e sulla modalità dell’arrivo in Puglia. Le ipotesi spaziano dai commerci dei mercanti veneziani a un’importazione – ben più antica – attribuita agli Illiri, popolo che al tempo dei Romani abitava la penisola balcanica.

Oggi i gemelli del Primitivo continuano a essere coltivati in California, dove lo Zinfandel è uno dei vitigni a bacca rossa più diffusi, e in Croazia, soprattutto in Dalmazia e in Istria.

Vitigno e coltivazione

primitivo zinfandel

Dopo averne ricostruito l’identità genetica, possiamo occuparci delle peculiarità della pianta, peraltro sensibile al variare delle condizioni del terreno e del clima. Questo vitigno, abbastanza delicato e non semplice da coltivare, soffre la siccità troppo prolungata e l’eccesso di umidità, oltre alle gelate primaverili. La forma compatta del grappolo, inoltre, può facilitare lo sviluppo di muffe dannose sugli acini. In Puglia e nell’alto Salento, però, il Primitivo ha trovato un habitat pressoché perfetto, per crescere correttamente e produrre uve sane e di qualità eccellente per la vinificazione.

Tra le caratteristiche principali del Primitivo, innanzitutto, va citata la grande quantità di zucchero contenuta negli acini – sferici e di dimensioni medie, dalla buccia di colore bluastro e ricca di pruina – che di conseguenza potranno produrre vini con un titolo alcolometrico elevato, peculiarità abbinata a un rilevante contenuto di antociani nelle bucce, sostanze che conferiscono colore. Questi due aspetti motivano il tradizionale utilizzo del vitigno, che fino a poco tempo fa era impiegato soprattutto per tagliare – irrobustendole – diverse produzioni vinicole del Nord.

In Italia la coltivazione del Primitivo è autorizzata in Umbria, Abruzzo, Lazio, Campania, Basilicata e Sardegna, anche se, come detto, è in Puglia che il vitigno offre i risultati migliori, specialmente nelle zone di Manduria e Gioia del Colle. Qui le vigne sono tipicamente coltivate ad alberello, una forma di allevamento antichissima, che risalirebbe ai Greci.

Per ottenere mosti e vini di qualità dai vigneti – che spesso si distinguono per la loro longevità, talvolta superiore agli ottant’anni – l’elevata produttività naturale delle piante viene quantitativamente limitata. Com’è facile capire, un vigneto ad alberello di Primitivo con queste caratteristiche ha rese molto basse.

Le piante, inoltre, spesso sono a piede franco, ovvero non sono innestate su viti americane per evitare la fillossera, a differenza della maggior parte dei vigneti europei, come abbiamo spiegato nel nostro approfondimento sui frutti dimenticati. Quando il terreno è in gran parte sabbioso, infatti, il temuto afide non può attaccare le radici. La precocità del vitigno, infine, è testimoniata dall’epoca della vendemmia, che in Puglia generalmente avviene nella prima decade di settembre, spesso anche prima.

Caratteristiche generali dei vini

caratteristiche primitivo

Anche se i diversi terroir e le tipologie di affinamento generano vini molto differenti fra loro, si possono tracciare alcune considerazioni generali sul Primitivo e sulle caratteristiche dei vini prodotti a partire da questo vitigno. Nelle versioni più giovani, il colore è rubino con netti riflessi violacei, quasi sempre cupo e poco trasparente, aspetto più marcato nel caso di invecchiamento in legno, procedimento che inoltre vira la tonalità cromatica verso il granato.

Al naso spiccano profumi di piccoli frutti rossi, come la prugna, l’amarena, la mora e la viola. L’affinamento, oltre alla morbidezza, può accentuare le note speziate già presenti, rendendo i vini molto complessi e ricchi sul piano aromatico. Tra i riconoscimenti tipici, in questo caso, si possono citare la cannella, il pepe nero, il cacao, la liquirizia e il tabacco. La fermentazione può anche avvenire in anfora, un metodo ancestrale e recentemente tornato in auge, come abbiamo visto in una nostra intervista ai maestri specializzati nella lavorazione di questi pregiati recipienti.

In bocca il primitivo risulta caldo e corposo, con aromi fruttati avvolgenti e una forte presenza tannica, mentre la persistenza in genere è notevole. Non di rado l’elevato tenore zuccherino dei mosti produce vini lievemente abboccati, con un aumento delle sensazioni di rotondità e morbidezza. La temperatura di servizio ideale va dai 16 gradi, per le versioni più giovani, ai 20 gradi, per i vini più invecchiati, che possono richiedere calici a baloon per apprezzare al meglio gli aromi.

Primitivo di Manduria e di Gioia del Colle: le differenze tra le DOP

La Puglia può vantare due Denominazioni di origine protetta che si basano sull’impiego delle uve di questo vitigno: si tratta del Primitivo di Manduria, più noto al grande pubblico, e del Primitivo di Gioia del Colle, fra il quale rientra il vino arrivato sulle tavole di Donald Trump. Queste due aree, pur essendo poco distanti fra loro, producono vini con sfumature diverse, a causa di condizioni pedo-climatiche distinte. Il vitigno, inoltre, è presente in percentuali minori anche in altri disciplinari pugliesi.

La produzione di Gioia del Colle

Nella Dop Gioia del Colle rientrano sedici Comuni della provincia di Bari, con terreni rossi, calcarei e argillosi, a un’altitudine compresa tra i 200 e i 450 metri. Le pendenze non sono aspre, la piovosità è scarsa, concentrata in autunno e in inverno, mentre i picchi delle temperature sono compresi fra 0 e 35 gradi. Il Primitivo di questa zona ha caratteristiche specifiche, sulle quali spicca la mineralità, abbinata alla tipica intensità e a una buona longevità in cantina. Il Primitivo di Gioia del Colle prevede l’utilizzo in purezza del vitigno, con un titolo alcolometrico minimo non inferiore al 13,00%, mentre la temperatura di servizio ideale è di 18 gradi centigradi.

Il Primitivo di Manduria

manduria

La Dop Primitivo di Manduria, tra i marchi pugliesi più conosciuti al mondo, comprende numerosi Comuni delle province di Taranto e di Brindisi, distinguibili fra quelli dell’Arco jonico e quelli salentini. Lungo le cose dell’Arco jonico il clima è mediterraneo, con estati calde e inverni miti, mentre la scarsa piovosità si concentra soprattutto in inverno. Nel Salento il clima è più umido, ma ugualmente poco piovoso, mentre dal punto di vista dei terreni le due zone presentano caratteristiche diverse.

Il disciplinare prevede l’impiego di Primitivo per un minimo dell’85% sul totale, con un 15% ammissibile proveniente da altri vitigni a bacca rossa non aromatici della zona. Il titolo alcolometrico della versione base non può scendere al di sotto del 13,50%, mentre per la versione “Riserva” il limite minimo sale al 14,00%, con 24 mesi di affinamento, di cui nove in botti di legno.

Il Primitivo di Manduria ha ottenuto la Denominazione d’origine controllata nel 1974 e il Consorzio di Tutela, invece, è stato riconosciuto nel 2002. Generalmente, questi vini si distinguono per la loro alcolicità e morbidezza, che bilancia una tannicità marcata, con una potenza superiore rispetto alle produzioni di Gioia del Colle, più minerali e fini. Risulta notevole anche la capacità d’invecchiamento, anche grazie anche all’elevato contenuto di polifenoli.

Il disciplinare della Dop Primitivo di Manduria dolce naturale, invece, prevede l’utilizzo di sole uve di Primitivo. Il residuo zuccherino, tipico di questa variante, non deve essere inferiore ai 50 grammi per litro, mentre il titolo alcolometrico volumico totale deve corrispondere almeno al 16%, con il 13% effettivo. La temperatura ideale per la degustazione si attesta fra i 12 e i 16 gradi.

Gli abbinamenti a tavola

abbinamenti vino primitivo

Il Primitivo, con le caratteristiche sopra citate, richiede portate in grado di bilanciarne la tannicità e la potenza. Gli abbinamenti ideali, quindi, sono le carni rosse – arrostite, alla brace o con sughi speziati – ma anche la selvaggina, i brasati e gli umidi a lunga cottura. Le versioni giovani, più versatili, possono accompagnare bene anche le zuppe di legumi e i primi con sughi di carne. Quelle più invecchiate, invece, si abbinano molto bene coi pecorini stagionati, ma la struttura e la rotondità li rendono anche apprezzabili vini da meditazione, caratteristica più marcata nel caso del Primitivo di Manduria dolce naturale, che si presta per abbinamenti raffinati, con la pasticceria secca, le mandorle tostate e i formaggi dal gusto più deciso.

Il vino Primitivo alla Casa Bianca

Come si accennava, la riscoperta del Primitivo per la vinificazione in purezza è relativamente recente, dopo decenni di utilizzo nel taglio di produzioni commercialmente più blasonate. Fortunatamente, è cresciuta la consapevolezza sulle potenzialità di questo vitigno, che grazie al contenimento delle rese e alla cura in cantina può dare vini di grande pregio, potenti e molto strutturati, ma anche fini e armonici.

L’interesse crescente sul mercato internazionale e l’aumentata conoscenza da parte del grande pubblico, del resto, sono la diretta conseguenza – nonché la conferma – di questa evoluzione, avvalorata anche da un episodio recente che ha portato alla ribalta le produzioni pugliesi. All’inizio dello scorso gennaio, infatti, dalla Casa Bianca è pervenuto un ordinativo ingente di vino Primitivo di Gioia del Colle, ben 720 casse, per un totale di 4.320 bottiglie del valore complessivi di circa 50.000 Euro.

Al di là dell’indiscusso valore degli acquisti, sembra che il Presidente Trump appassionato di hamburger e di bibite non sia stato direttamente coinvolto nella scelta che ha premiato il vino Primitivo e le sue caratteristiche.

casa bianca

Al diffondersi della notizia, ad ogni modo, non si sono fatte attendere le reazioni entusiastiche, da parte dei produttori e di alcuni esponenti di spicco del territorio pugliese e dell’agroalimentare italiano. Dario Stefàno capogruppo al Senato della Commissione Agricoltura e primo firmatario della legge sull’enoturismo ha dichiarato che questo traguardo rappresenta il premio per quanto si è fatto negli scorsi anni in Puglia, dopo la scelta di scommettere sul recupero e sulla valorizzazione dei vitigni tradizionali e sulla vinificazione di qualità (ANSA).

Dopo questo approfondimento sul Primitivo e sulle sue caratteristiche, può essere interessante leggere i nostri articoli sul vino vegano certificato e sul testo unico sul vino italiano.

 

Altre fonti:
ANSA
Movimento Turismo del vino di Puglia
Sicheri, G., Il libro completo del vino, DeAgostini, 2017
Atlante dei prodotti tipici
Consorzio di tutela del Primitivo di Manduria

Nato a Bologna e laureato in Comunicazione pubblica, Matteo è giornalista, sommelier e assaggiatore di olio d'oliva, iscritto all'Elenco nazionale dei Tecnici ed Esperti degli oli d'oliva vergini ed extravergini. Dal 2016 scrive per Il Giornale del Cibo su attualità, salute e politica alimentare. In cucina, come nella vita, non può mancare la creatività, per cui apprezza la sperimentazione e i gusti autentici.

Una risposta a “Vino primitivo: caratteristiche e differenze delle DOP amate in tutto il mondo”

  1. Okacquistoilvino ha detto:

    Poco importa se l’origine del vitigno sia dalmata, il vino è di chi lo ama 🙂

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