Olive liguri: i segreti della produzione e le ricette della tradizione
Una volta completata la raccolta, la preparazione delle olive può condurre a prodotti di vario tipo, oltre alla classica produzione di olio. Ad esempio in Basilicata le infornano dal 1700, tanto che le majatiche infornate di Ferrandina sono divenute un Presidio Slow Food. Stessa sorte è toccata alle olive cilentane, che invece vengono ammaccate, cioè picchiettate con un martelletto di legno, snocciolate, immerse nella salamoia e condite con olio, aglio e origano, proprio secondo l’antica usanza. E in Liguria che cosa succede alle tanto pregiate olive taggiasche?
Ve lo raccontiamo oggi, in un percorso volto alla scoperta di tutti i segreti e i modi per la preparazione delle olive in Liguria: che siano fritte in padella, immerse nella salamoia o frante per la produzione di olio. Il nostro informatore è Nicola Ferrarese della piccola azienda Tèra de Prie di Borgomaro, nell’entroterra di Imperia, che in dialetto ligure significa terra di pietra, poiché sono proprio i tipici muretti a secco in pietra a caratterizzare il paesaggio interno di questa regione magnifica.
Tutti i segreti delle olive liguri
Quella ligure è una striscia sottile di terra, che ha sempre dovuto puntare più sulla qualità che sulla quantità. Qui, infatti, anche solo un piccolo spazio di terreno ha sempre avuto un gran valore, poiché poteva rendere e essere coltivabile. Prima fonte e vanto di questo territorio sono, storicamente, gli ulivi, tanto che fino a mezzo secolo fa avere molte olive era sinonimo ricchezza.
Tuttavia, come recita un proverbio locale, u ven primma l’unse du dusse, che letteralmente significa viene prima l’undici del dodici e prima si unge e poi si ottiene. In altre parole non è sufficiente possedere gli ulivi, poiché è necessario un lavoro immenso per poterne poi ricavare qualcosa.
Prima di vedere quali sono le modalità di preparazione delle olive in Liguria, scopriamo insieme le cultivar liguri, di cui vi avevamo già parlato tra le varietà italiane, e uno dei problemi principali degli ulivi, ovvero la mosca olearia. Infatti, qualsiasi sarà il loro utilizzo, bisogna prima essere certi che le olive siano sane.
Le cultivar liguri, non solo la taggiasca
L’ulivo esiste in Liguria da ancora prima che i monaci, di ritorno dalla Terrasanta e dalla Palestina, introducessero la cultivar Taggiasca che oggi è la più nota e diffusa, soprattutto a Ponente: inconfondibile all’occhio allenato, con drupa ovoidale, di medie dimensioni, epicarpo pruinoso, invaiatura media e graduale e rapporto medio tra polpa e nocciolo.
In realtà in Liguria esistono almeno altre 40 cultivar locali, tant’è che l’olio Riviera Ligure DOP si ricava, come vedremo in seguito, anche da altre varietà quali la Lavagnina, la Pignola e la Razzola.
Molte cultivar, però, sono state abbandonate per bassa resa o particolari vulnerabilità, anche se la Taggiasca stessa è una varietà molto delicata: soffre il freddo, il vento e l’umidità e non è molto resistente ad alcune problematiche, come per esempio la mosca olearia.
La mosca olearia, una minaccia concreta per l’olivicoltura
Avrete tutti già sentito parlare del parassita più pericoloso per l’ulivo, che ha creato non pochi danni a moltissime aziende: la mosca olearia. Simile ad altre mosche che colpiscono la frutta, è facilmente riconoscibile dal “puntino” nero che lascia sull’oliva. Dopo aver punto la buccia dell’oliva, infatti, lascia un uovo nella cavità che permette lo sviluppo di un verme, tanto responsabile quanto la mosca nella distruzione del frutto.
Ma c’è ancora un’altra questione da risolvere, oltre alla mosca o al verme in sé: i rimedi chimici, ovviamente, non consentono più alle aziende di produrre biologico. Di conseguenza aziende certificate come Tèra de Prie devono adoperare pesticidi naturali o comunque quelli ammessi per questo tipo di olivicoltura, come ad esempio il caolino, una polvere di argilla. Gli ovicoltori stanno continuando a ricercare metodi a basso impatto ambientale per contrastare in modo efficace questa mosca. “Non ce l’abbiamo su con la mosca, in natura ognuno ha il suo ruolo e quello evidentemente è il suo, è la sua natura; ma dobbiamo cercare sistemi efficaci, naturali, compatibili con la nostra produzione biologica, per risolvere questo problema attraverso un numero il più limitato possibile di interventi”, racconta Nicola.
Preparazione delle olive in Liguria: Olio Riviera Ligure DOP, le olive fritte e quelle in salamoia
L’olio Riviera Ligure DOP
Una volta che le olive sono sane, vera poesia di questa terra è il suo olio extravergine d’oliva. La DOP istituita nel 1997 prevede tre menzioni geografiche: Riviera dei Fiori, ottenuta con almeno il 90% di Taggiasca; Riviera del Ponente Savonese, con Taggiasca per almeno il 50% e infine la Riviera di Levante con Lavagnina, Pignola, Razzola, Frantoio per almeno il 55%.
Non è tutto DOP quello che luccica: infatti, ci sono numerose aziende che si dedicano sia all’olio da disciplinare, che ad un altro. Tèra de Prie, per l’appunto, produce un olio monocultivar di olive al 100% Taggiasca, completamente biologico, conservato in parte dentro contenitori di ceramica e non di vetro, come indicato dal disciplinare. Infatti, proprio la ceramica è il segreto per conservare l’olio nel migliore dei modi, tra i 14° e i 18° al riparo dai suoi nemici, cioè la luce e il calore (per questo motivo, si consiglia di evitare sempre di tenere l’olio vicino ai fornelli).
Nella profonda convinzione che la parola terroir dovrebbe essere applicata anche al mondo dell’olio, quello ligure è, come spesso accade, perfetta metafora del suo territorio: delicato, ma con un suo carattere, elegante, pulito e gentile, ma che non smette mai di sapere di terra.
Le olive fritte in un’antica ricetta
Nel periodo di raccolta delle olive, è abitudine diffusa in alcune famiglie quella di friggerle in padella con un po’ d’olio, aglio e peperoncino, senza ripieno o impanatura come nel caso delle olive ascolane.
E se dovessero risultare troppo amare, un’antica tradizione ci offre il rimedio: chiudere le olive fresche in un sacco, legarlo in riva ad un ruscello per qualche giorno in modo che lo scorrere dell’acqua lavasse via l’amaro, per poi mangiarle senza problemi.
Le olive in salamoia: la preparazione ligure
Ma la vera tradizione ligure prevede che le olive più grandi vengano destinate alla salamoia. In Liguria, infatti, non c’è famiglia che non abbia almeno “una quarta” (modo di dire per indicare circa 12 kg di olive) da mettere in salamoia, secondo la sua personalissima ricetta. A differenza del metodo californiano o spagnolo, che contempla anche l’utilizzo della soda, quello greco, mediterraneo o ligure prevede che le olive vengano messe in acqua fresca e sale. È importante che il sale venga messo nelle giuste dosi, altrimenti le olive si potrebbero ammollare.
In seguito, ciascuno è libero di scegliere in che misura e che tipo di spezie e erbe aromatiche aggiungere. Per esempio, timo, alloro o rosmarino, che in Liguria si sa, non mancano quasi mai; fondamentale però è che siano prima pastorizzate.
In ogni famiglia, sono le signore più anziane, le nonne o le mamme, custodi e ultime appendici dei segreti sulle quantità giuste di erbe da mettere nella salamoia; per questo sono degne di nota persone come Nicola Ferrarese di Tèra Prie, o Ivano Brunengo e la moglie Carla, della Fisar, che portano avanti una tradizione tanto segreta, quanto preziosa.
Perchè per fare la salamoia ci vuole prima di tutto cura e dedizione, visto che poi non basta lasciarle lì così al loro destino: bisogna controllarle, accudirle, cambiare loro l’acqua quasi ogni giorno e mescolarle, facendo attenzione a non ammaccarle con movimenti troppo bruschi. E, infine, bisognerà attendere almeno tre mesi, quando le olive avranno perso quel gusto amarognolo e saranno finalmente pronte per farsi gustare.
E pàne nu sun üive, e üive nu sun sôdi, le mignole, cioè i fiori dell’olivo non sono olive, le olive non son soldi, per dire che tra l’avere gli alberi carichi di fiori e ottenere olive, belle, sane e produttive, c’è di mezzo il mare, poiché sono tanti i fattori che ogni anno possono mettere a rischio la produzione, come ad esempio una gelata improvvisa, anche estiva.
Ma la Liguria lo sa e questo l’ha sempre resa una terra unica: lo dimostrano ancora strade e percorsi, come quello della Cucina Bianca e alcuni prodotti, come il Basilico DOP, ve li ricordate?