Varietà di aglio in via d’estinzione: dal Veneto alla Sicilia
Come disse lo scrittore Jim Harrison “senza l’aglio e il vino continuare per la nostra strada in questa vita può essere davvero dura”. E giugno, luglio e agosto sono proprio i mesi di raccolta dell’aglio, o meglio degli agli. Ebbene sì, perchè in Italia abbiamo davvero un’infinità di tipi di aglio diversi: bianco, il più forte di tutti, rosso, un po’ piccante, rosa, delicato e aromatico. Vi abbiamo già raccontato tutti i benefici di questo alimento, tra i più grandi e importanti testimoni di una ricca biodiversità, ma ora siamo andati in giro per tutta l’Italia a ricercare e provare in quasi ogni regione i vari tipi di aglio, più o meno in via d’estinzione, motivo per cui hanno ottenuto denominazioni e tutele. Se ne conoscete altri, non esitate a farcelo sapere!
Tipi di aglio: colori e sapori unici
L’aglio non è sempre uguale, anzi. Ogni regione da nord a sud ha le sue particolari tipologie, con la differenza che alcune varietà stanno scomparendo. Ecco qui una nostra selezione di quelle da provare almeno una volta nella vita, partendo da un presupposto di base: qualsiasi aglio sceglierete, vi farà comunque un gran bene!
Veneto, l’aglio Bianco Polesano DOP
Impossibile confonderlo con altri: il suo bianco lucente brilla anche a distanza e il suo profumo intenso persiste a lungo. Si tratta di un aglio storico, di cui ci sono testimonianze già dal 1883, noto come l’oro bianco del Polesine, nella provincia di Rovigo. Oltre al perfetto terreno argilloso e ben drenato, fondamentale è stato il fattore umano, ovvero la capacità trasmessa di generazione in generazione di selezionare a mano i bulbi migliori e le particolari lavorazioni tra cui la treccia, detta “resta”. Lo trovate al Consorzio di Tutela dell’Aglio Bianco Polesano DOP e ai mercati ortofrutticoli di Rovigo, Lusia e Rosolina.
Liguria, il Presidio Slow Food dell’aglio di Vessalico
In Liguria l’aglio è molto più importante di quel che si creda: a dispetto del senso comune, i liguri sono molto più contadini (e naviganti) che pescatori. Per anni dall’interno della Liguria sono partite primizie verso i più grandi mercati delle città, tra cui aglio di Vessalico, zucchine trombette, pomodori cuore di bue, asparagi violetti, carciofi spinosi, fagiolini pelandroni. Oggi il commercio si è spostato più sulle aromatiche, ma si continua a coltivare questa prelibatezze almeno per sé. L’aglio noto come appunto “di Vessalico” è prodotto in 10 comuni dell’Alta Valle Arroscia. A Vessalico, dal 1760, si tiene in suo onore la fiera del 2 luglio, dove potete provarlo e acquistarlo!
Questo aglio si distingue per un’alta digeribilità rispetto agli altri e un sapore leggermente piccante. La tradizione della cucina bianca delle malghe comprende un piatto che ne esalta al massimo le caratteristiche, ovvero l’ajé, una maionese con olio extravergine di oliva e aglio schiacciato nel mortaio, simile all’aioli, perfetto su crostini di pane abbrustolito o patate lesse. Una curiosità? Nel 2004 il Principe Carlo d’Inghilterra ha scoperto le particolari proprietà (simili al viagra) di questo aglio al Salone del Gusto di Torino e se ne è fatto arrivare un tir pieno a Buckingham Palace.
Sicilia, il Presidio Slow Food dell’aglio rosso di Nubia
A Nubia, una piccola frazione di Paceco in Provincia di Trapani, si coltiva l’aglio rosso, tanto che viene chiamato “u paisi di l’agghi” ovvero il paese dell’aglio. Viene coltivato in rotazione con il melone, le fave e il grano duro, si semina tra novembre e dicembre e si raccoglie tra maggio e giugno, di sera, anzi, nelle giornate più calde, anche di notte. Il sapore di questo aglio è molto intenso per il contenuto maggiore rispetto alla media di allicina. Si usa in molte ricette della cucina trapanese, prima fra tutte la pasta con il pesto alla trapanese, in dialetto la pasta cull’àgghia, cioè all’aglio. Anche nell’area di Agrigento pare che ci sia un’ottima varietà di aglio rosa, la conoscete?
Emilia Romagna, l’aglio di Voghiera DOP
L’aid’Ughiera, come viene chiamato nell’area dell’antica Voghenza, risale al basso medioevo, quando la famiglia degli Estensi incentivò l’orticoltura e, in particolare, la produzione di aglio. La zona geografica di produzione comprende i cinque comuni della provincia di Ferrara: Voghiera, Masi Torello, Portomaggiore, Argenta e Ferrara. A differenza degli altri, ha un gusto dolce e raffinato, perfetto anche per tutti coloro che non amano troppo l’aglio. Lo trovate al Consorzio dei suoi produttori, che ringraziamo per averci tramandato questa straordinaria varietà.
Friuli Venezia Giulia, il Presidio Slow Food dell’aglio di Resia
Vi abbiamo già raccontato dell’aglio di Resia tra i prodotti del Friuli da assaggiare: lo strok è un aglio rossastro, un po’ erbaceo e decisamente balsamico. Ogni fase della sua produzione, dalla messa a dimora alla raccolta, segue il ciclo lunare, anche perchè la Val Resia è un’area dove più che altrove vengono rispettate antiche tradizioni popolari.
Piemonte, il Presidio Slow Food dell’aglio di Caraglio
Nella regione della bagna càuda non poteva che esserci un aglio così: molto persistente e digeribile. In realtà nel piccolo comune di Caraglio, nella zona pedemontana della Valle Grana, la coltivazione di aglio si è interrotta durante gli anni Cinquanta e si è ripresa solo negli ultimi anni grazie a pochissimi produttori uniti nel Consorzio, che sono riusciti a recuperare la semente antica. Per conoscerlo, ci sono due momenti importanti: la festa della terza domenica di novembre e il 23 giugno, alla vigilia di San Giovanni, quando i produttori presentano il raccolto e donano una testa d’aglio ai bambini appena nati come buon augurio. C’è anche una filastrocca popolare che recita: a Caraj l’an piantà j aj j an nen bagnaj, j aj sun seccaj (ovvero a Caraglio hanno piantato l’aglio, ma non l’hanno bagnato e l’aglio è seccato). Da provare sempre in Piemonte è anche l’aglio bianco invernale di Molino dei Torti!
Emilia Romagna, l’aglio bianco piacentino IGP
Lo chiamano il “Re dell’aglio”, perché pare che nessuno si conservi meglio di lui. Infatti può mantenersi anche più di un anno, il che lo rende differente dagli altri e molto pregiato. Nel piacentino fino al XIX secolo la coltivazione di aglio riguardava solo gli orti familiari, poi negli anni si è sviluppata sempre di più la coltivazione in pieno campo e dal 1978 a Monticelli d’Ongina si svolge una manifestazione tutta in suo onore ogni prima domenica di ottobre. La zona di produzione e di essiccazione comprende tutti comuni nella provincia di Piacenza e si raccoglie dal 20 giugno al 30 luglio, quindi con una maturazione abbastanza tardiva rispetto alla media.
Abruzzo, l’aglio Rosso di Sulmona
Di color rosso porpora, forse è questa, tra i tipi di aglio, la varietà più poetica che ci sia. Tra un confetto e l’altro, l’aglio Rosso di Sulmona si coltiva da secoli solo nella Conca di Sulmona e nella Valle Peligna, grazie al lavoro del Consorzio che ha mantenuto l’ecotipo autentico.
In realtà, in tutto il centro dell’Italia si nascondono un’infinità di tipi di agli: ad esempio in Lazio c’è quello Rosso di Proceno in provincia di Viterbo, o quello di Castelliri in provincia di Frosinone; in Toscana, c’è quello bianco nella zona di Massa Carrara e quello rosso della Maremma; proseguendo invece per lo stivale verso Sud abbiamo diverse varietà in Basilicata a Cancellara, Marsico Vetere, Tricarico e Lavello, così come in Puglia a Gravina, Altamura e Poggiorsini. Ne sapete qualcosa?
Calabria, l’aglio rosa di Nicastro e di Papaglionti
Questa varietà è talmente antica che già nel periodo borbonico era la protagonista durante la Fiera di San Pietro e Paolo, dove ancora oggi si commercializza. Eppure, sono rimasti solo una decina i produttori di questa varietà di aglio rosa, sempre più in via d’estinzione. Spostandoci un po’ più in giù verso Tropea (e la sua cipolla), in una piccola frazione di Zungri, a Papaglionti, in provincia di Vibo Valentia, c’è un aglio più piccolo del solito, ma con un sapore ugualmente inebriante. Anch’esso di colore rosa, viene coltivato da secoli e, ovviamente, ha il tocco più piccante di tutti.
Campania, l’aglio di Ufita
Sono rimasti davvero in pochissimi a produrre questo ecotipo di aglio in alta Irpinia, nella valle del fiume Ufita, poiché nel corso degli anni si è preferito impiantare altre varietà di aglio, abbandonando progressivamente quella autentica dell’Ufita, con quel suo delicato color bianco tendente al rosato.
Ora che avete un bel quadro sui tipi di aglio sparsi per l’Italia, non vi resta che iniziare a provarli tutti, scegliere il vostro preferito e procedere con qualche ricetta, a partire da un classico spaghetto aglio, olio e peperoncino. Che ne dite?
2 risposte a “Varietà di aglio in via d’estinzione: dal Veneto alla Sicilia”
Salve. Sono un finlandese che coltiva aglio. Vorrei comprare aglio italiano per vedere come vivono qui. Mi intressa tipi grandi della famiglia porcellano. Credo che Rosso Italiano e Music fanno parte fi questo gruppo. Lei mi puo aiutare a trovare produttori di questi tipi di aglio. Sono piccolo produttori, ecologico, tutto il lavoro al mano. Grazie.
Buongiorno Illka,
che piacere leggere che siete interessati ai nostri prodotti italiani! Vi consiglio di consultare il sito dei Presidi SloW Food; in particolare potete provare l’aglio rosso di Vessalico, perfetto per le vostre esigenze https://www.fondazioneslowfood.com/it/presidi-slow-food/aglio-di-vessalico/
Un caro saluto,
Giulia