di Martino Ragusa. Un consiglio per il vostro prossimo week end gastronomico? Andate in Alpago, nella straordinaria provincia di Belluno capace di riservare grandi sorprese una volta assolto l’obbligo di visita alla perla delle Dolomiti Cortina d’Ampezzo. La cucina che troverete è quella veneto-montanara, con le sue polente, i suoi formaggi di latteria, la selvaggina e salumi piuttosto strani per chi è abituato ai prodotti della valle, perché fatti oltre che con il maiale con carne di pecora e bovina. Misto suino-vaccino è anche il pastin, pietanza tradizionale risalente al medioevo. Le carni vengono tritate grossolanamente, salate e variamente speziate. Il pastin si consuma crudo, spalmato sul pane, oppure arrostito sulla griglia, magari accompagnato dalla polenta. Così “lo racconta” Federica, giovane macellaia che prosegue con entusiasmo il lavoro dei genitori nella macelleria di Tambre.“Il pastin è un piatto della tradizione contadina. La leggenda racconta che è nato per caso, da un avanzo di salame tipico messo a cuocere sulla griglia Il salame tipico dei bellunesi non è di puro maiale, ma un misto di carni di maiale e vitellone e il pastin proviene proprio dalla pasta di salame tipico . La ricetta varia da zona a zona all’interno della provincia di Belluno e anche da macelleria a macelleria. Il nostro, prodotto nella macelleria di Tambre è fatto così: 1/3 di polpa di vitellone, 1/3 di parte magra di maiale (spalla ), 1/3 di pancetta e lardo di maiale, odori: sale e pepe. Se andiamo poco lontano, in Val Zoldana, già gli odori cambiano e al sale e pepe si aggiungono bacche di ginepro, cannella, grappa. Il segreto di un buon prodotto sta nella qualità delle materie prime e nella selezione della carne, e cioè niente grasso nel vitellone, niente nervi nel maiale”. Per gli amanti della carne ovina è d’obbligo l’assaggio dell’agnello dell’Alpago, con la preziosa caratteristica di non essere afflitto da quel gusto “selvatico-lanoso” così poco gradito ai palati fini. In più conserva il sentore delle erbe aromatiche dei pascoli. Consiglio di degustarlo in preparazioni semplici, appena scottato con erbe aromatiche o allo spiedo, come del resto viene prevalentemente servito nei ristoranti alpagoti. Non manca il pesce, naturalmente di montagna, precisamente quello che si pesca nel lago di Santa Croce: la trota ma anche il pregiato coregone, entrambi preparati con le ricette classiche del pesce d’acqua dolce: arrostiti, fritti, al forno e alla mugnaia. Al pesce potete accostare fagioli di straordinaria delicatezza, le mame d’Alpago coltivate solo all’interno di questa nicchia ecologica e con la caratteristica di una buccia sottile, che le rende molto docili alla cottura. Infine, specie con l’approssimarsi della buona stagione, gli squisiti frutti di bosco come lamponi, mirtilli, fragoline e more da gustare come frutta fresca o sotto forma di succhi o in magnifiche crostate. Guarda il video “L’agnello del’Alpago” e il video “Il pesce del lago di Santa Croce”.
Martino turista per cibo in Alpago
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Adriana Angelieri
Adriana è Responsabile di Redazione e Social Media Manager per Il Giornale del Cibo dal 2016. Siciliana di origine, si è trasferita a Bologna per i tortellini e per la sua carriera. Unendo la sua grande passione per l'alimentazione alle competenze nei progetti editoriali, si dedica alla guida del team redazionale e alla creazione di contenuti che garantiscano ai lettori un'informazione chiara, utile e accurata. Oltre che per i tortellini, il suo cuore batte per i risotti, di ogni tipo, purché fatti bene! Il profumo del basilico e l'olio buono sono gli ingredienti che non possono mai mancare nella sua cucina.
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