Dove mangiare nelle Marche

Tra borghi, mare e montagna: ecco dove mangiare (e bere) nelle Marche

Giovanni Angelucci
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    L’unica regione al plurale, le Marche, di dimensioni contenute ma tanto cangiante, completamente diversa da sud a nord. Nominata da Lonely Planet “Best in Travel 2020”, al secondo posto tre le dieci migliori destinazioni al mondo e sola italiana in classifica, offre numerosi (e buoni) motivi per viaggiare tra i suoi confini. Perché è un territorio accogliente, che ha mantenuto nel tempo un’identità autentica, espressa lungo le sue cittadine e con una realtà enogastronomica davvero invitante. In questa regione, la tipicità si incontra con la cornice dei tanti borghi storici, e quindi quale miglior modo per esplorare e riscoprire le eccellenze delle migliori realtà produttive locali? Preparatevi per scoprire le migliori tappe dove mangiare nelle Marche!

    Le facce golose delle Marche: cosa mangiare

    La regione del ciauscolo, delle olive all’ascolana, dell’anice, del brodetto di pesce e di altrettante valide tipicità. Dai sapori ittici dell’Adriatico, come il mosciolo selvatico di Portonovo, alle pietanze tipiche delle zone di collina e di montagna: i Vincisgrassi (simili alle lasagne, ma non chimatali così!), i maccheroncini di Campofilone caratteristici invece della provincia di Fermo, il dolce tipico natalizio conosciuto come “Cavallucci”, il coniglio in porchetta… ce n’è per tutti i gusti, soprattutto se siete viaggiatori e intendete muovervi lungo le diverse province.

    Dove mangiare e bere nelle Marche: 5 imperdibili tappe del gusto (secondo noi)

    Siete pronti? Divertitevi scoprendo e assaggiando una regione ricca e accogliente, lasciandovi coinvolgere tra gusto e viaggio. Ecco 5 tappe, secondo noi, da non lasciarsi sfuggire.

    Caffè Meletti (Ascoli Piceno): un luogo che ha fatto la storia

    Caffè Meletti

    Foto di Caffè Meletti

    Chi non conosce la sua meravigliosa Piazza del Popolo? Qui la storia si racconta da oltre un secolo nell’antico Caffè Meletti, una volta palazzo delle poste e oggi monumento storico al valore e al gusto dell’industriale ascolano Silvio Meletti, che inaugurò l’omonimo Caffè il 18 maggio 1907. Già conosciuto per aver messo in commercio l’anisetta che portava il suo nome, liquore a base di anice che ottenne un grandissimo successo (ottenuta dalla Pimpinella Anisum, coltivata nei terreni ricchi di argilla presenti nella zona di Offida, e usata per la preparazione di questa gustosa torta), fu in grado di far diventare il suo locale un’istituzione di prestigio. Un polo attrattivo per innumerevoli personalità del mondo letterario, artistico e culturale, un luogo dell’orgoglio italiano in stile liberty che oggi la famiglia Meletti continua a preservare come un gioiello raro. Da visitare durante tutta la giornata, per una colazione, pranzo, aperitivo e fino alla sera per gustare le squisite olive all’ascolana.

    Ristorante Il Galeone (Fano): alla scoperta del brodetto

    Brodetto Galeone

    Foto di Ristorante Il Galeone

    Il brodetto è rigorosamente “alla fanese”, ma sappiamo che ci sono molteplici versioni lungo la costa adriatica. A Fano, il ristorante per antonomasia è Il Galeone di Marco Vegliò, per la perfezione dimostrata nella cottura dei diversi pesci impiegati. Il giovane chef si è fatto conoscere sicuramente per la bravura nella preparazione del piatto tradizionale, ma anche per bontà delle ricette realizzate con i doni del mare da ammirare dalle finestre del ristorante.

    Il brodetto è parte integrante dell’identità cittadina, è squisito e racconta una storia: un piatto nato a bordo dei pescherecci dove, per realizzarlo, i pescatori utilizzavano i pesci di scarto, non sfilettati, in un tegame con olio, cipolla, concentrato di pomodoro, aceto e pane raffermo ad accompagnare. Una ricetta semplice in grado di raccontare la cultura e l’epoca di un popolo, che ha rischiato di essere dimenticata se Confesercenti Pesaro e Urbino non avesse avuto l’intuizione di recuperarne gli onori e rilanciarla, ormai da 18 anni, con il BrodettoFest, appena andato in scena (dall’11 al 13 settembre) e che ha trasformato Fano in un immenso dehors dedicato al piatto simbolo della città.

    Ristorante AlMare (Fano): la nuova cucina marchigiana

    AlMare Ristorante

    Foto di AlMare

    Il giovane cuoco Antonio Scarantino del ristorante AlMare, una telentuosa mano di origini siciliane impegnata su ciò che di buono le acque dell’Adriatico offrono. Classe ’88, un passato affianco dei grandi maestri italiani (Massimo Bottura, Franco Clerici ed Emilio Barbieri), Scarantino è uno dei più talentuosi interpreti di quella che oggi viene definita “Nuova cucina marchigiana”. Tra i suoi piatti, sgombro cotto a bassa temperatura su composta di cipolle rosse aromatizzate con ginepro, rombo su crema di pecorino e pere Spadone, Spaghettone alla brace “scotadìt”, paccheri, ricci di mare e crema di bufala, ombrina affumicata a freddo con legno di gelso, finocchio e zucchine.

    Affacciato sull’Adriatico, proprio sul lido della spiaggia Sassonia, il ristorante contiene nel nome tutta l’essenza della sua magia. Qui mette in pratica la sua filosofia del “chilometro buono”, unendo la migliore materia prima locale alle punte d’eccellenza che ricerca dall’Italia e dall’estero per trovare l’equilibrio ideale per i suoi piatti. Buon divertimento con l’ampio e invitante menù.

    Ristorante Nostrano (Pesaro): modernità e tradizione

    Nostrano Ristorante

    nostranopesaro/facebook.com

    Sul lungomare di Pesaro brilla la stella (Michelin) di Stefano Ciotti. Un cuoco sorridente e positivo, che se avrete la fortuna di conoscere attraverso le sue proposte, difficilmente riuscirete a dimenticare. Tanta importante gavetta alle spalle, il cuoco riminese usa la propria tecnica per esaltare ingredienti e sapori di un passato casalingo, con proposte sempre delicate e attraenti. La cura del dettaglio è alla portata anche dello sguardo più distratto e i piatti regalano un viaggio colorato e gustoso. Tecniche moderne e procedimenti casalinghi si fondono, frutto di una sensibilità tutta “nostrana” appunto. Colori, freschezza, pesce crudo, sfoglie croccanti, gioco di contrasti, unicità a tavola, alta godibilità. Da non perdere i tortelli di baccalà, calamaretti, vongole e aglio nero.

    Cantina Terracruda (Urbino): dove bere il Bianchello del Metauro

    Bianchello del Metauro

    CantinaTerracruda/facebook.com

    In regione ci sono quindici vini Doc e cinque Docg, tutti perfetti per accompagnare i piatti tipici a base di pesce o di carne della cucina locale. Aromi più o meno intensi per il pesce fresco dell’Adriatico, i saporiti formaggi, salumi e carni, pregiati tartufi e funghi. Tra questi compare il Bianchello del Metauro, proveniente dalla provincia di Pesaro-Urbino, da una sottile fascia di colline che dal Mare Adriatico risale verso l’interno, muovendosi lungo le sponde del fiume Metauro. Un territorio da percorrere agilmente visitando le varie cantine.

    Il Bianchello del Metauro ha celebrato nel 2019 i suoi primi 50 anni di Doc. Per valorizzarla è nato Bianchello d’Autore, un mini consorzio di 9 produttori: la rinascita che questo vino sta vivendo negli ultimi tempi è anche opera loro, delle famiglie che da 3 generazioni lavorano con passione per potenziare e diffondere una grande DOC la cui fama risale molto indietro. La sua storia è infatti legata alla Battaglia del Metauro in cui si dice Asdrubale fu sconfitto a causa dell’eccesso di Bianchello bevuto. Da provare il morbido e speziato Aleatico della Cantina Terracruda, ma non prima di aver dato fondo alla sua versione spumante, vibrante e succosa. Un’azienda familiare che ha scelto di valorizzare i vitigni autoctoni e il proprio territorio anche con il b&b adiacente all’azienda vitivinicola, luogo ideale per gli appassionati di enoturismo.

     

    E le vostre “zone” preferite delle Marche quali sono?

    Giornalista e gastronomo, collabora con numerose riviste e quotidiani che si occupano di cibo e viaggi tra le quali spiccano La Stampa, Dove e la Gazzetta dello Sport. I suoi piatti preferiti sono gli arrosticini (ma che siano di vera pecora abruzzese) e gli agnolotti del plin con sugo di carne arrosto. Dice che in tavola non può mai mancare il vino (preferibilmente Trebbiano Valentini o Barbaresco Sottimano).

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