La cucina dominicana: tra cultura locale e produzione di cacao

Giovanni Angelucci

Colori, profumi e ritmo raggruppati in un unico concetto, l’accoglienza dominicana. Non solo musica e spiagge ma un’offerta gastronomica divertente, a tratti forse monotona se prendiamo in considerazione i circuiti più turistici, ma che varia e ha da raccontare nelle sue sfumature più autentiche e tradizionali.

Un viaggiatore che voglia immergersi nelle atmosfere e nello spirito del paese non può evitare di avvicinarsi alla cucina dominicana perché i piatti tipici sono in grado di dire molto sulla cultura locale, tanto quanto ballare un merengue che qui pare essere la bandiera nazionale, imprescindibile nella cultura del luogo. Tant’è che questo vivace ritmo musicale è stato recentemente riconosciuto come espressione della cultura popolare del paese. Partiamo da qui, prima di raccontarvi gli aspetti che contraddistinguono la cucina dominicana.

Il Merengue dominicano diventa Patrimonio dell’Unesco

“Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità in quanto simbolo della storia e della cultura del paese”, questa la motivazione riconosciuta al merengue che invade ogni ambito della vita quotidiana dei dominicani ed è presente nelle relazioni private e familiari, nei momenti di festa e persino nella manifestazioni a carattere politico. Nato da influenze spagnole, africane e indigene, la formazione musicale base del merengue comprende il “cuatro”, una chitarra a quattro corde, la “guira”, uno strumento a percussione, e il tamburello. Nel 1870 il “cuatro” è stato sostituito dalla fisarmonica, a cui è seguita poi la comparsa di sassofono, basso e pianoforte. La musica rappresenta da sempre un elemento fondamentale nell’isola, infatti non c’è casa, strada o spiaggia dove non regni sovrano il suo ritmo contagioso in grado di trasformare ogni luogo in un’autentica pista da ballo a cielo aperto.

Ma non solo ballo, la Repubblica Dominicana è stata appena nominata capitale della cultura gastronomica dei Caraibi dall’Accademia ispanoamericana della Gastronomia e dall’Accademia Reale spagnola.

Cucina dominicana: un mix di culture

È una mezcla di sapori che trova le sue radici in differenti culture, quella dei Tainos, della tradizione spagnola e di quella africana, ed è da qui che si compone l’identità della gastronomia isolana. A questa composizione già ricca e variegata ma con il tempo ben amalgamata, si aggiungono le influenze della cucina asiatica e fusion che hanno costituito un’altra fetta di patrimonio.

tostones

In ogni caso la cucina creola rimane la base dei sapori dominicani tra cui imperdibili sono alcuni piatti principali come il sancocho, una zuppa di carne bovina a cui vengono aggiunti yucca, patata, platano fritto, coriandolo e altri aromi, la bandera che è un  piatto, semplice e gustoso composto da riso bianco, fagioli (generalmente neri o rossi) e carne. E ancora il moro un insieme di fagioli, riso e carne stufata con moro de guandules con coco, tipica delle regioni a nord del paese, che combina il sapore inconfondibile della noce di cocco alla presenza dei guandules, una specie di piccole fave verdi. Ancora Il locrio che è un classico della cucina creola dove al riso vengono in genere accompagnati gamberoni, gamberi, aringhe, sardine e merluzzo, l’asopao, una zuppa la cui versione base viene preparata con riso, pollo, pomodoro e un pizzico di coriandolo. Senza dimenticare i contorni, quali i tostones, le fette di platano verde fritte, gli yaniqueques cioè un impasto di farina di grano, bicarbonato, acqua e sale, i bollitos de yuca, palline di yucca fritte in padella ripiene di formaggio o polpa di granchio, le empanaditas di yucca, formaggio o carne.

Infine una grande varietà di dolci e dessert, tra i quali dulce de leche, comune a tutta l’area caraibica e all’America Latina nelle sue varianti anche aromatizzate, il dulce de coco (una crema di latte e cocco, tipica della zona sud della Repubblica Dominicana) e il majarete, un dessert leggero, simile a un budino, fatto con farina di mais, latte di cocco, zucchero, cannella e vaniglia in polvere.

Il turismo del cacao

fave cacao

Oltre alle spiagge di sabbia bianca e i paesaggi da cartolina, la destinazione caraibica offre percorsi in cui il cacao è protagonista.

La Repubblica Dominicana infatti è una delle leader mondiali nella produzione di zucchero di canna, rum, caffè, banane, riso, aloe vera e soprattutto cacao. È proprio il “cibo degli dei”,come veniva chiamato dagli indigeni della regione, a costituire il 60% della coltivazione del paese, e ad attrarre un numero sempre maggiore di appassionati e golosi da tutto il mondo.

Per valorizzare la produzione del cacao ecco che compaiono le rutas”, percorsi guidati che consentono di far conoscere e vivere da vicino tutte le fasi, dalla coltivazione alla produzione, avvicinandosi agli usi e costumi locali. A Bávaro per esempio si trova il ChocoMuseo, dedicato alle origini del cacao e alle sue proprietà. Oppure il Sendero del Cacao, un percorso nato nel 2005 a Duarte, nel cuore dell’isola, che si snoda tra panorami mozzafiato e una vegetazione lussureggiante fino a San Francisco de Macorís, dove si trovano le piantagioni dell’Hacienda La Esmeralda García Jiménez. È interessante toccare con mano i passaggi da cui deriva il cioccolato che quotidianamente mangiamo: qui avviene la raccolta dei frutti, il taglio dei cabossidi, l’estrazione delle fave, la fermentazione, l’essiccazione, il confezionamento del cacao e la vendita in sacchi.

Non solo ron. Si produce vino nei Caraibi?

vino caraibi

La risposta è affermativa, anche nel Caribe viene prodotto il vino, in Venezuela sono già diversi i viticoltori mentre in Dominicana c’è un unico vero produttore che sta portando avanti un’idea molto interessante. Si tratta di Ocoa Bay, un progetto eco-sostenibile a sud del paese, nella suggestiva Baia di Ocoa, dove si riesce ad ottenere una discreta qualità. L’idea appartiene all’architetto dominicano Gabriel Acevedo e alla moglie Maria Claudia Mallarin che hanno creduto fortemente nel progetto di questo vigneto sperimentale, tenendo ben presente che qui  i conquistadores spagnoli crearono i primi vigneti d’America e da qui diffusero la coltura su tutto il continente. Scommessa vinta da parte dell’enologo Maurizio Navarro perchè nonostante siano ancora agli inizi, vengono prodotti un bianco, rosso e rosé in piccole quantità ma con risultati soddisfacenti. Ad arricchire gli 8 ettari di vigneti è presente anche un eco-resort con ristorante, un complesso agrituristico sostenibile e primo grande investimento in quest’area incontaminata collocata tra mare e montagna nella zona di Azua e Baní.

La proposta gastronomica di Santo Domingo

Omar Martin

Tornando a parlare di cucina dominicana, le proposte più innovative e gli chef più famosi sono concentrati nella capitale, ricca di indirizzi gourmet meritevoli. Uno dei più validi esempi è il Dos Mundos, nelle mani del giovane chef dominicano Martin Omar Gonzalez. All’interno del prestigioso hotel Hodelpa Nicolas de Ovando propone la sua cucina locale con influenze spagnole derivante dalla sua lunga militanza nel paese europeo. Ma non è l’unico. Degno di nota è anche il ristorante Travesías dove lavora la mediatica Chef Tita che utilizza solo prodotti locali come il “Chillo Boca Chica” (pesce accompagnato da banane fritte e avocado) o il “Dorado del Cayo” (pesce in salsa di cocco di Samaná). E ancora il Buche Perico con la sua cucina dominicana contemporanea e il Pat’e Palo con lo chef Saverio Stassi e Alberto Martín all’interno dell’Hotel JW Marriott.

Con una tale ricchezza, la cucina dominicana  ha tanto da offrire. Non dimenticate, però, che non distanti ci sono da scoprire la cucina colombiana e i piatti del Costa Rica. Fateci un salto!

Giornalista e gastronomo, collabora con numerose riviste e quotidiani che si occupano di cibo e viaggi tra le quali spiccano La Stampa, Dove e la Gazzetta dello Sport. I suoi piatti preferiti sono gli arrosticini (ma che siano di vera pecora abruzzese) e gli agnolotti del plin con sugo di carne arrosto. Dice che in tavola non può mai mancare il vino (preferibilmente Trebbiano Valentini o Barbaresco Sottimano).

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