cibo vegano costoso

È vero che un’alimentazione vegetale è più costosa? Perché?

Carmela Kia Giambrone
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    Se anche l’istat ha rivisto la composizione del paniere medio per valutare i consumi degli italiani inserendo preparati vegetariani e vegani tra gli elementi di valutazione dell’inflazione, significa che la rivoluzione culinaria-gastronomica che stiamo vivendo in questi anni non è solo percepita, ma effettivamente riscontrabile, nella pratica, con tanto di numeri e percentuali.

    Spesso la spesa vegan prevede un prezzo maggiore, ma è  vero, ad esempio, che il cibo vegano è costoso? E il prezzo è davvero giustificabile? Eccoci pronti a rispondere a queste domande.

    Il cibo vegano è costoso?

    Se per molti scettici il cibo vegetale è uno spreco di denaro, dovuto alla “moda del veg”, tanti altri comprendono invece come la vecchia norma “ottieni ciò che spendi” anche in questo caso funzioni a dovere.

    Infatti, la nutraceutica, scienza che studia le proprietà di alimenti in grado di agire sulla salute per migliorare il benessere psico-fisico e prevenire le malattie, è ormai un’evidenza che annovera tra i suoi pionieri nomi illustri come quello di Umberto Veronesi e Franco Berrino, che hanno certamente aiutato a far comprendere alle persone che le malattie si prevengono innanzitutto mangiando in maniera sana: non è allora possibile liquidare l’argomento con banalità e frasi scontate.

    Per questo, ho deciso di preparare per voi una lista con 6 prodotti “campione” tra quelli che, a mio parere, pur rendendo la dieta vegana più costosa, hanno caratteristiche, storia e processi di produzione unici, millenari in alcuni casi, che influiscono sul costo e lo motivano, strettamente legato anche alle loro proprietà intrinseche e alla loro terra natia.

    Biologico vegan: binomio che suggerisce “caro”

    La pratica di coltivazione biologica, scelta preferenziale da parte di chi adotta una dieta vegana, è la forma più antica esistente di agricoltura e si basa sul rispetto della natura e dell’uomo, a partire dalla stagionalità, dalla resa produttiva e dall’assenza di  chimica. Infatti, la formula “bio” non è abbreviazione di bio-sintesi o bio-genesi, bensì di bio-logico ossia logica della vita, dal greco “che vive”.

    Nulla che sia vivo ed in salute può “costare” poco né in termini energetici né tantomeno in termini di adattamento evolutivo e allora come potrebbe esser economico dal punto di vista dei costi al dettaglio?

    Frutta e verdura biologica, biodinamica, stagionale, km 0: la base dei dilemmi sui costi

    verdure biologiche

    FCSCAFEINE/shutterstock.com

    La ormai nota frase legata ai costi di frutta e verdura biologica, si può racchiudere in un mantra: “il bio costa troppo”.

    È lecito domandarsi se il biologico vale la spesa, tuttavia è semplice intuire come coltivare in maniera sostenibile costi di più, concetto ovvio per agronomi, biologi e non di meno agricoltori. Coltivare senza l’uso di pesticidi, diserbanti, fertilizzanti chimici di sintesi, preservando la biodiversità, avendo cura degli impollinatori e delle rotazioni, utilizzando metodi tradizionali come il sovescio e l’associazione o l’arricchimento del suolo in maniera naturale, tramite compost o letame, permette di coltivare in maniera sinergica con la natura mantenendo in salute i campi, le acque, gli animali e l’ambiente tutto e così, in ultima analisi, anche noi.

    Purtroppo il caro prezzo è determinato anche dal sistema di filiera, e dal sovrapprezzo che si accumula nei numerosi passaggi prima che questi prodotti giungano al consumatore finale.

    Anche per questo, chi sposa un’alimentazione di tipo vegetariano o vegano, spesso preferisce bypassare questo sistema optando per i mercati contadini, i Gas o la vendita online, o diretta in campo.

    Un certo rincaro però è naturale.

    Innanzitutto per l’impegno richiesto all’agricoltore, che rinuncia a coltivazioni intensive e deve mettere in conto: la perdita di prodotto, la resa inferiore, l’imprevedibilità climatica e i possibili danni causati da parassiti, cui non si può intervenire, se non in modo naturale.

    Se aggiungiamo che al biologico (ma anche al biodinamico) va il merito di aver riportato sulle tavole dei consumatori specie vegetali antiche e dimenticate, è possibile comprendere come l’agricoltura biologica abbia un alto valore, tanto per la nostra alimentazione quanto per il nostro ambiente e la nostra cultura.

    In fondo se il mercato del biologico sta crescendo a un ritmo vertiginoso negli ultimi 10 anni ed è l’unico a non aver risentito in maniera così pesante della crisi economica che ha investito l’intero pianeta, forse significa che sono molte le persone che comprendono che alle volte, maggiori costi significano una maggiore cura e riguardo per il nostro Pianeta e la nostra stessa salute.

    cibo vegano

    shellygraphy/shutterstock.com

    Farine biologiche, integrali, vive

    Si dice che le farine integrali alternative alla 00 sono vive: questo significa che il chicco con crusca, germe e parte amidacea e proteica (endosperma) contiene un alto valore di minerali e di enzimi come le amilasi, le xinalasi, le proteasi e le lipasi. Ma ancora: se queste farine vengono macinate a pietra, che lavora in maniera più lenta delle macchine utilizzate nella produzione industriale, questo processo permette di non surriscaldare il cereale, lasciando la farina come prodotto finale viva, ossia completa di fibra, vitamine e di tutti gli altri elementi presenti nel chicco originario.

    Poter consumare farine integrali biologiche appena macinate, magari  provenienti da grani antichi non solo permette di preservare questa immensa ricchezza utile al nostro microbioma bensì, più in profondità, aiuta a  ridurre il consumo della monocultura per eccellenza, ovvero il frumento o Triticum aestivum, terzo cereale più prodotto nel mondo, dopo mais e riso.

    Varietà antiche e forse meno conosciute, che hanno necessità di inferiore apporto idrico, di concimazione e di intervento umano in termini di erbicidi, pesticidi e fertilizzanti, ma anche certamente inferiore resa, conservano invece alta variabilità genetica e grande biodiversità, valori unici ed insostituibili, ora lo sappiamo.

    Scegliere queste farine di fatto permette di riscoprire il valore del cibo legato alla terra e alle tradizioni popolari, senza mai dimenticare però che l’agricoltura come oggi la conosciamo, non è certo qualcosa di realizzabile disconnettendola alla storia dell’uomo.

    L’idea che la natura sia il bene e l’uomo il male è un’idea che oggi deve essere superata con dati, scienza, ricerche e buonsenso.

    Miso: fermento millenario della salute

    miso

    successo images/shutterstock.com

    ll miso è una pasta marrone salata e leggermente acidula, preparata a partire da semi di soia gialla, orzo oppure riso. Questa pasta è ricchissima di proteine, vitamine e minerali, è fermentata e si utilizza per insaporire cereali, zuppe e verdure. Si tratta di un alimento completamente vegetale, saporito e ricco di proteine, enzimi e vitamine del gruppo B, utilissimo per migliorare lo stato di salute del microbioma, ossia della flora intestinale, e molto usato nella cucina orientale, macrobiotica e vegan.

    Per la sua preparazione viene ammollata la soia quindi viene cotta, aggiunto il cereale scelto preventivamente cotto ed inoculato con l’Aspergillus oryzae, un fungo che è capace di consumare gli amidi trasformandoli in zuccheri semplici, attivando  la fermentazione vera e propria. Nel processo naturale e con metodo tradizionale la fermentazione dura dai 12 ai 24 mesi.

    Il suo costo poco economico è da ritenersi, quindi, legato alla lunghezza e delicatezza del processo produttivo. Scegliere di utilizzarlo nella propria dieta permette di regalare gusto e salute ai piatti abbassando lentamente la necessità di uso del sale da cucina.

    Alghe: nutrimento marino, vegetale, sostenibile

    alghe

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    Le alghe commestibili hanno preso piede nel nostro paese grazie alla diffusione della cucina orientale, tuttavia  le più conosciute non sono certo le più usate nelle cucine del mondo. Molte altre possono essere citate ed il loro costo alle volte può spaventare. Kombu, Nori, Kijiji, Dulse, Wakame permettono di portare in tavola e nei nostri piatti, il mare in versione vegetale.

    Sono ricchissime di sali minerali, di vitamine e di iodio. Vanno utilizzate con parsimonia, evitando di eccedere nel loro consumo per non interferire con le funzioni tiroidee in maniera eccessiva. Spesso i costi sono legati al loro peso, visto che vengono vendute essiccate a basse temperature per conservare intatto il loro valore nutritivo, ma dipendono anche dalla loro raccolta, spesso manuale, e dalle tecniche di alghicoltura utilizzate.

    La normativa europea prevede anche criteri per la coltivazione biologica delle alghe marine e la raccolta di quelle selvatiche in aree di elevata qualità ecologica a patto che tale attività non nuoccia alla stabilità a lungo termine dell’habitat naturale o alla tutela delle specie nella zona di raccolta.

    Si capisce quindi che benché a prima vista questo prodotto possa sembrare un cibo vegano costoso, di fatto la sua commercializzazione prevede un iter non certo semplice da sostenere.

    Tempeh: proteine vegetali fermentate e uniche

    tempeh

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    Il tempeh è un alimento fermentato ricavato dai semi di soia gialla, cibo tipico del Sud-est asiatico, dall’alto contenuto di fibre alimentari, vitamine, proteine ed acidi grassi polinsaturi, tanto da renderlo alimento vegetale simile alla carne dal punto di vista nutrizionale.

    Il tempeh è un cibo saporito a differenza del tofu ed è molto digeribile grazie al processo di fermentazione che subisce.

    Come per il miso, anche per la preparazione del tempeh, la soia gialla viene ammollata, frullata e cotta, quindi il composto viene acidificato mediante aggiunta di aceto o acidulato e poi viene inoculato con il fungo Rhizopus oligosporus.

    A questo punto avviene la fermentazione che dura un giorno, rendendole proteine della soia molto più digeribili.

    Anche in questo caso, quindi, la delicatezza del processo produttivo, i tempi e la necessità di utilizzare degli ingredienti di buona qualità e provenienti da agricoltura biologica, fanno sì che il suo prezzo non sia economico se rapportato a semplici vegetali non lavorati.

    Non dimentichiamo però che 100 grammi di tempeh apportano all’organismo circa 20 grammi di proteine, al pari insomma di 100 grammi di carne rossa (anch’essa costosa), indice non irrilevante in un regime alimentare vegetariano o in un clima mondiale di riduzione del consumo di carne a scopo ambientale e salutistico.

    Il tempeh quindi certo è un alimento vegano caro, ma del tutto salubre e in grado di apportare sufficiente valore nutritivo da essere considerato un ottimo sostituto delle proteine animali.

    Funghi shiitake: i funghi della lunga vita

    funghi shiitake

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    Lo shiitake o “fungo di lunga vita”, possiede innumerevoli proprietà benefiche: abbassa il colesterolo, è ricco di proteine, favorisce il controllo della pressione, rafforza il sistema immunitario e ha proprietà anti-tumorali, tutt’ora oggetto di studi.

    Lo shiitake cresce in autunno e primavera su tronchi di quercia e viene coltivato per uso alimentare; non è esattamente economico ma la sua coltivazione per quanto mutata nel tempo, prevede tempi e attenzioni peculiari.

    Vegan burger: il pronto (buono) che costa di più

    burger vegani

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    Se vuoi cibarti in maniera sana scegli ciò che la natura ti dona fresco e non lavorato.

    Se hai poco tempo è inevitabile che tu alle volte preferisca un cibo pronto come i classici vegan burger.

    Ebbene: se le materie prime utilizzate per la preparazione dei vegan burger provengono da agricoltura biologica, gli oli usati sono spremuti a freddo, se non vengono utilizzati insaporitori, coloranti ed aromi di sintesi ed il sapore finale lo si deve solo ai suoi ingredienti tutti naturali, il costo finale dovrà esser più alto dei parimenti alimenti pronti da banco frigo.

    Quinoa: il non cereale “miracolo vegetale”

    quinoa

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    La quinoa è utilizzata tradizionalmente dai popoli del Sud e del Centro America e viene consumata da sempre.

    La facilità di coltivazione, i suoi altissimi valori nutritivi l’hanno resa prodotto di spicco nel mondo vegan.

    Sceglierlo come alimento quotidiano non è saggio, questo a causa dei chilometri che deve compiere per arrivare sulla nostra tavola e per gli enormi squilibri che ha provocato allo stato naturale, economico e sociale dei paesi produttori, motivazioni che incidono anche sul suo costo elevato.

    A fronte di questo, scegliere il consumo di un vegetale come la quinoa che, come affermato dalle Nazioni Unite è “arma perfetta per sconfiggere la fame”, è possibile

    optando per prodotti provenienti da coltivazioni sostenibili per l’ambiente e per le persone, come quelli fair trade e biologici, anche a costo di spendere maggiori soldi per l’acquisto.

    Certo una cosa l’abbiamo imparata: per consumare meglio e spendere meno scegliere cibi stagionali, locali e biologici alle volte non basta: usare la testa e lo spirito critico, ponendosi domande è forse il modo migliore per ottenere risposte a temi complessi in fatto di food, ambiente, animali, salute e diritti umani.

    In ultimo non dimenticate che il tempo è un elemento preziosissimo: procedure di lavorazione che necessitano di mesi e mesi non potranno ovviamente essere paragonate  a quelle di alimenti confezionati e di bassa qualità : anche l’attesa ha un costo e la pazienza è quindi una virtù che deve essere retribuita.
    Cosa ne pensate?

    Carmela è nata a Bergamo e vive poco lontano da Milano. È una giornalista e si occupa da molti anni di alimentazione naturale, autoproduzione, ambiente e sostenibilità, tematiche che tratta anche nel suo blog equoecoevegan.it. "Adoro l’hummus di ceci e le patate, sotto ogni forma possibile", dichiara, mentre gli elementi che non devono assolutamente mancare in cucina per lei sono il coraggio ed un buon frullatore ad immersione, "perché l’improvvisazione necessita certo di idee ma soprattutto di strumenti pratici da utilizzare".

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