cappellacci di zucca

Cappellacci di zucca ferraresi: la pasta ripiena con l’IGP

Alessia Rossi
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    Alcune eccellenze alimentari sono delle dichiarazioni d’amore per un territorio, per la sua storia e per i suoi meravigliosi prodotti. Come nel caso dei cappellacci di zucca ferraresi: al primo sguardo, questi scrigni di pasta ripiena richiamano subito alla mente i colori caldi e accesi dell’autunno e, assaggiandoli, sprigionano una complessità di sapori e di profumi che sapranno consolarvi durante le giornate più grigie e piovose… perciò, adesso scopriamo insieme l’antica storia del piatto simbolo di Ferrara, dal nome di umili origini ma dal passato aristocratico!

    Storia e origini dei cappellacci di zucca ferraresi 

    cappellacci

    loreanto/shutterstock.com

    Tutte le storie migliori si perdono nel tempo. Non è da meno quella dei cappellacci di zucca ferraresi, che inizia intorno al 1570 con la diffusione e la coltivazione di questo ortaggio arancione nelle campagne ferraresi. O forse dobbiamo tornare indietro ancora di qualche anno, dato che la tecnica di preparazione della pasta all’uovo ha una tradizione ancora più antica, tanto da essere descritta nel 1549 nel ricettario “Banchetti composizione di vivande e apparecchio generale” di Cristoforo da Messisbugo, scalco (ossia, il soprintendente delle cucine principesche) presso i Duchi d’Este. In ogni caso, per la prima testimonianza scritta di questo piatto dobbiamo aspettare il 1584, quando Giovan Battista Rossetti, altro scalco presso la corte estense durante il regno di Alfonso II d’Este, ne scrive la ricetta nella sua opera “Dello Scalco”: qui sono ancora chiamati “tortelli di zucca con il butirro” (ossia, il burro).

    Ma da dove viene il nome “cappellacci”?

    Sembra che questo termine derivi dall’espressione dialettale caplaz, per la forma particolare della pasta che ricordano i cappelli di paglia dei contadini ferraresi, diffusi fino alla metà del secolo scorso. Secondo altre fonti, invece, sarebbe un’espressione dispregiativa per segnare la differenza con un’altra prelibatezza della zona, ossia i cappelletti: forse si voleva sottolineare la forma “rozza” e grande dei cappellacci, in netto contrasto con le dimensioni più piccole e la farcitura più ricca dell’altra pasta ripiena. Ma mi raccomando, non vanno nemmeno confusi con i tortelli di zucca, prodotto tipico di Mantova di origini medievali, che nel ripieno prevede l’aggiunta della mostarda e degli amaretti. Ad ogni modo, al di là delle somiglianze e differenze, è interessante notare come questa pasta fresca, dal significato del nome decisamente umile e dal ripieno “povero”, fosse invece considerata un piatto aristocratico, servito agli ospiti di grande prestigio durante le occasioni ufficiali.

    disciplinare cappellacci

    loreanto/shuttestock.com

    Cappellacci ferraresi IGP: caratteristiche e disciplinare 

    Dal Cinquecento a oggi, questa preparazione d’eccellenza ha acquisito un’enorme reputazione proprio grazie all’originalità della sua forma e ai sapori semplici e complessi al tempo stesso. Infatti, a sottolineare proprio l’eccezionalità del prodotto, nel 2016 arriva il riconoscimento dell’Indicazione Geografica Protetta e, con esso, anche un rigido disciplinare di tutela.

    Secondo il documento, i cappellacci consistono in una pasta fresca ripiena, la cui sfoglia si ottiene grazie a una miscela di uova e farina di grano tenero e duro, e il cui ripieno è formato da un composto lavorato di polpa di zucca gialla, formaggio grattugiato e noce moscata. E al momento dell’immissione in commercio, il prodotto deve avere le seguenti caratteristiche:

    • Forma tondeggiante e ripiegata, con un colore tipicamente giallo della pasta all’uovo (con tonalità più intense in corrispondenza del ripieno di zucca).
    • Le dimensioni del singolo cappellaccio variano da 4 a 7 cm e hanno un peso compreso tra i 10 e i 28 g.
    • L’interno si presenta con un colore giallo dovuto alla colorazione di quella varietà di zucca matura.
    • La consistenza dell’impasto è media, tendente al morbido.
    • Il sapore è caratterizzato dal gusto tipico della pasta fresca con percezione dei contrasti tra il dolce della zucca, il salato del formaggio e l’aroma della noce moscata.

    La zona di produzione

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    Catarina Belova/shutterstock.com

    Per quanto riguarda la zona di produzione, invece, il disciplinare identifica “l’intero territorio della Provincia di Ferrara, nella regione Emilia-Romagna”. Infatti, la zona intorno alla provincia di Ferrara è un’area ricavata da un duro e lungo lavoro di bonifica iniziato dal Duca Borso d’Este nel 1471 e portato avanti fino a metà del secolo scorso. Il terreno che è emerso dall’acqua si è rivelato perfetto per la coltivazione di cereali, come il frumento, ma anche… della zucca! In particolare, di una varietà specifica, la zucca “violina” (viulin, in dialetto), la cui polpa è povera di filamenti e presenta una buona conservabilità, caratteristiche che l’hanno resa perfetta per la realizzazione dei famosi cappellacci di zucca ferraresi.

    Cappellacci di zucca ferraresi: la ricetta del disciplinare

    Un po’ dolci, un po’ salati: questa è la prima particolarità che salta subito in bocca quando li si assaggia. Ma dai fasti della corte estense a oggi, la ricetta ha subito alcune modifiche, soprattutto per quanto riguarda il ripieno: infatti, all’epoca si prediligevano gusti agrodolci e speziati, in puro stile rinascimentale, e perciò nella farcitura si trovavano zenzero e cannella. Col tempo, questa specialità è diventata una ricetta popolare, fatto che ha portato a eliminare tutte le spezie (troppo costose), lasciando solo la noce moscata a ricordare quel passato nobiliare. Ma vediamo qual è la ricetta originale “popolare” – approvata dal disciplinare di tutela – che è arrivata fino a noi.

    Ingredienti (per un 1 kg di prodotto finale)

    Per la pasta all’uovo

    • 3 uova
    • 250 g di farina di grano tenero tipo 00
    • sale

    Per il ripieno

    • 400 g di zucca violina
    • 120 g di parmigiano grattugiato
    • 60 g di pangrattato
    • sale, pepe e noce moscata

    Procedimento

    preparazione cappellacci

    loreanto/shutterstock.com

    Per il ripieno

    1. Lavare e asciugare la zucca, poi tagliarla a metà longitudinalmente.
    2. Privatela dei semi e dei filamenti visibili.
    3. Fatela cuocere in forno per circa 120/140 minuti a una temperatura compresa tra i 160° e i 200°.
    4. A cottura ultimata, tiratela fuori dal forno e lasciatela raffreddare.
    5. Estraete la polpa dalla buccia e schiacciatela (eventualmente, aiutatevi con il passaverdura) fino ad ottenere una pasta morbida e vellutata.
    6. Amalgamate insieme alla zucca cotta il parmigiano, il pangrattato, il sale, il pepe e un po’ di noce moscata (in altre varianti della ricetta, è possibile aggiungere anche un uovo e un po’ di burro).

    Per assemblare il prodotto finale

    1. Una volta che avrete preparato la pasta fresca, prendete la sfoglia, tiratela bene con il mattarello fino a raggiungere uno spessore di circa 0,4 e 0,7 mm (deve essere molto sottile).
    2. Tagliatela in quadrati compresi tra 6,5 e 9,5 cm di lato con l’ausilio di una rotella tagliapasta.
    3. Versate al centro di ogni quadrato di sfoglia un abbondante cucchiaino di ripieno.
    4. A questo punto, chiudete il quadretto di sfoglia a metà, ottenendo un triangolo imbottito.
    5. Ora prendete con pollice e indice le punte opposte del triangolino (dalla parte della farcitura) e fate girare gli angoli attorno al pollice e piegate all’indietro l’angolo superiore. Mi raccomando, esercitate la giusta pressione con le dita per non far uscire il ripieno!
    6. Cuocete i cappellacci in acqua bollente per circa 5-6 minuti e poi serviteli con il sugo che preferite!

     

    I cappellacci di zucca ferraresi, grazie al gioco di contrasti tra il gusto dolce della zucca e l’aroma intenso della noce moscata, sono un piatto che rivela molte sorprese: col tempo, è diventato protagonista di eventi importanti, come la “Sagra della Zucca e del suo Cappellaccio”, e ha valicato i confini regionali. Insomma, se volete sentirvi nobili per un giorno, queste bontà ripiene sono ottime da gustare così, semplicemente condite con il burro e la salvia e una spolverata di Parmigiano Reggiano, oppure abbinate a un sugoso ragù di carne, il tutto accompagnato da un vino bianco maturo, come un Romagna Albana DOP… vedrete che ricchezza di sapori!

    Immagine in evidenza: facebook.com/SagraSanCarlo.

    È nata vicino a Bologna, ma dopo l'università si è trasferita a Torino per due anni, dove ha frequentato la Scuola Holden. Adesso è tornata a casa e lavora come ghost e web writer. Non ha molta pazienza in cucina, a parte per i dolci, che adora preparare insieme alla madre: ciambelle, plumcake e torte della nonna non hanno segreti per lei. Sta imparando a tirare la sfoglia come una vera azdora (o almeno, ci prova).

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