Dagli scarti del pane a una birra di qualità: quando la sostenibilità incontra il gusto

Angela Caporale
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    La lotta contro lo spreco alimentare stimola la creatività e, molto spesso, dall’utilizzo degli scarti nascono prodotti interessanti e di grande successo. Non tutti sanno che, per esempio, dagli scarti del pane può essere prodotta una deliziosa birra artigianale! L’idea è nata in Belgio, ma ormai la troviamo applicata anche in Italia grazie all’attività di alcune start up che hanno elaborato ricette uniche che si abbinano bene ad aperitivi, serate pizza e tutte le situazioni sociali in cui una birretta è proprio ciò che vogliamo condividere con gli amici. Scopriamo di più!

    Africa Studio/shutterstock.com

    La birra fatta con gli scarti del pane: come si fa?

    L’idea nasce in Belgio, Paese che è un vero e proprio punto di riferimento per la produzione, la ricerca e l’assaggio della birra, già nel 2013. In quell’anno, un gruppo di birrai ha fondato il Brussels Beer Project, un’aggregazione di professionisti che lavora insieme con l’obiettivo di fare ricerca, anticipare le tendenze brassicole ed elaborare nuove ricette. L’attenzione alla sostenibilità ha stimolato i birrai a interrogarsi su come valorizzare i prodotti di scarto e, ispirati da una bevanda fermentata preparata in Babilonia secoli fa, hanno pensato al pane raffermo come ingrediente della birra. L’intuizione è stata corretta, ma c’è voluto più di un anno di sperimentazioni che hanno coinvolto birrai da tutto il mondo e il supporto degli appassionati tramite una campagna di crowdfunding per arrivare a Babylone, la birra realizzata dal pane.

    È interessante osservare come, grazie al metodo individuato dai birrai belgi, sia possibile ottenere 2.500 litri di birra a partire da circa 150 kg di pane, che viene inserito nella filiera produttiva nella fase dell’ammostamento. I lieviti già presenti nel pane contribuiscono, durante la fermentazione, al completamento del processo di birrificazione. Ciò significa che questo metodo di produzione della birra comporta anche una riduzione dell’utilizzo di materie prime. Complessivamente l’impatto sull’ambiente è significativo: non solo parte degli ingredienti vengono da scarti che, altrimenti, sarebbero buttati, ma comporta anche un risparmio sul consumo di acqua e di energia, nonché sulle emissioni di CO2

    I birrai del Brussels Beer Project hanno brevettato la ricetta, ma il brevetto è stato il primo passo per la diffusione internazionale di prodotti brassicoli realizzati a partire dagli scarti di panetterie e supermercati. Tra i primi a sviluppare un’alternativa, ci sono stati gli inglesi che hanno prodotto la Toast Ale, ma anche in Italia l’idea ha avuto un grande successo.

    Da Torino a Bologna: anche in Italia si fa la birra con gli scarti del pane

    Nel 2019, Franco Dipietro ed Emanuela Barbano hanno dato avvio a Biova Project, il primo esperimento di produzione della birra a partire dagli scarti del pane in Italia. Oggi vengono prodotte e distribuite anche nella GDO tre versioni di Birra Biova: una bionda classica tipo Kölsch, una IPA e una Cream Ale, per rispondere così ai gusti degli appassionati. Ma negli anni sono state realizzate anche alcune edizioni speciali, utilizzando gli scarti di specifiche realtà come il gruppo di panettieri del Quartiere San Salvario di Torino con cui è stata stabilita una collaborazione dopo la fine del lockdown. Lo scorso anno, Biova Project ha iniziato una partnership con Babaco Market, e-commerce che si occupa del recupero di frutta e verdura considerate non abbastanza “belle” per la vendita al consumatore: insieme hanno realizzato Biova Lemon, una birra al limone prodotta con 200 kg di limoni femminello IGP recuperati dallo spreco alimentare. Altra collaborazione di valore è quella con il Forno Brisa di Bologna, insieme al quale è stata creata Soccia!, una Session Ipa fatta con gli scarti del pane del forno bolognese, disponibile in tutti i punti vendita dell’insegna in città. Dalla fondazione a giugno 2023, Biova Project ha consentito di recuperare 10,5 tonnellate di pane invenduto, e sono stati risparmiati 7700 kg di malto nella produzione della birra.

    Tra le aule del Politecnico di Milano è nata, invece, Ibrida, la birra prodotta a partire dagli scarti del pane realizzata da un gruppo di studenti e amici, partendo dal compito di un master. Ibrida nasce, quindi, dall’unione di intenti, valori e competenze di Akanksha Gupta che si occupa di architettura e digital strategy, Elisa Pirola che cura la grafica e i contenuti creativi, Francesca De Bernardinis che gestisce le pubbliche relazioni e Simone Piuri che segue lo sviluppo commerciale. I primi passi Ibrida li ha mossi grazie a homebrewer, ma presto la start up si è rivolta al Birrificio la Ribalta che, con il Politecnico, ha in comune l’appartenenza allo stesso quartiere: Bovisa. E sempre a km 0 è anche la raccolta del pane invenduto. Il progetto di Ibrida è presto uscito dal quartiere e, tra le collaborazioni di pregio, va citata quella con il panificio di Davide Longoni. Insieme è stata creata la birra limited edition Ibrida x Chiaravalle, una porter scura a gradazione alcolica medio-bassa realizzata con gli scarti del pane di segale di Chiaravalle del panificio milanese.

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    In Friuli Venezia Giulia, invece, nasce Pan Birretta, una birra artigianale prodotta con il pane fresco di recupero dal Birrificio Forum Julii. L’obiettivo è raccogliere gli scarti da panifici, ma anche gastronomie, ristoranti e hotel e produrre una birra chiara ad alta fermentazione, una Golden Ale in stile inglese, distribuita non soltanto negli esercizi dei “fornitori”, ma anche nella grande distribuzione. La grande attenzione alla sostenibilità si esprime in tutte le scelte del birrificio: lo stabilimento è ricavato da una vecchia falegnameria ed è alimentato in maniera green: ricava energia dai pannelli fotovoltaici e da un impianto a biomassa che sfrutta gli scarti della lavorazione del legno. Il malto proviene da terreni di proprietà e gli scarti vengono utilizzati da aziende agricole locali come mangime per gli animali. 

    Circolarità, upcycling, sostenibilità, food innovation e lotta contro gli sprechi alimentari trovano terreno comune in queste esperienze di produzione di birra a partire dagli scarti del pane. Elemento di grande interesse è anche la versatilità dei prodotti realizzati, che sono accolti con entusiasmo dagli appassionati e si adattano bene ai gusti dei consumatori. Avete mai assaggiato la birra fatta dal pane?


    Immagine in evidenza di: Africa Studio/shutterstock.com

    Passaporto friulano e cuore bolognese, Angela vive a Udine dove lavora come giornalista freelance. Per Il Giornale del Cibo scrive di attualità, sociale e food innovation. Il suo piatto preferito sono i tortelloni burro, salvia e una sana spolverata di parmigiano: comfort food per eccellenza, ha imparato a fare la sfoglia per poterli mangiare e condividere ogni volta che ne sente il bisogno.

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