bertù di san lorenzo

Un cuoco di Atlanta e due giovani ristoratori: così rinascono i Bertù di San Lorenzo

Giulia Ubaldi
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    Buone notizie dalla Val Seriana, in provincia di Bergamo: una pasta in via d’estinzione è stata salvata grazie ad un cuoco giornalista americano e a due ristoratori di Curno. Ed è stata una grande sfida se pensiamo che ci troviamo nel regno dei casoncelli, dove già gli scarpinocc di Parre non sono mai diventati così noti come i loro colleghi. Dunque, siete curiosi di sapere di che pasta di tratta? Vogliamo svelarvi la ricetta dei Bertù di San Lorenzo, che abbiamo imparato direttamente dai suoi protagonisti.

    Un cuoco americano riscopre i Bertù di San Lorenzo

    bertù riscoperta

    Bertù in dialetto gaì significa “orecchie d’asino”, perché la loro forma ricorda appunto le due orecchie di questo animale. Tutto ha inizio quando Mike Patrick, cuoco di Atlanta, decide di portare sul mercato americano le diverse paste fresche regionali italiane e viene a conoscenza, durante la lettura dell’Enciclopedia della pasta di Oretta Zanini De Vita, dell’esistenza dei Bertù di San Lorenzo; ma insieme scopre anche che si tratta di un prodotto ormai in estinzione, che non prepara (e conosce) più nessuno. Così, sul cammino delle sue (disperate) ricerche, incontra due ristoratori Cinzia e Matteo, che decidono di prendersi a cuore il suo progetto di riscoperta di una pasta fresca del loro territorio, di cui non sapevano l’esistenza. In otto mesi ricostruiscono l’antica ricetta con un lavoro davvero antropologico, fatto di studi e interviste continue ai più anziani del paese; il risultato sono esattamente gli stessi ravioli che si mangiavano un tempo in occasione della “Festa de La mare” a ottobre, con farine integrali macinate a pietra e leggermente più piccoli del passato per facilitarne la cottura.

    Nel 2014 Cinzia e Matteo decidono di chiudere il loro ristorante e aprire un pastificio di produzione di Bertù e altri prodotti a base di Mais Rostrato Rosso di Rovetta.

    “Tradizioni e Delizie” di Onere è l’unico a preparare e vendere i Bertù, a privati e ristoranti in provincia di Bergamo, come il rinomato Morgan’s di Clusone. E nel tempo è nata sia una sagra in loro onore a Rovetta, sia una loro invenzione, ovvero i Tosei, che sempre in gaì significa “frumento non trattato”, ovvero la versione vegetariana dei Bertù.

    Vediamo allora la ricetta originale dei Bertù di San Lorenzo.

    Bertù di San Lorenzo: la ricetta di “Tradizioni e Delizie”

    Prima qualche suggerimento da parte di Cinzia e Matteo: utilizzate una pentola capiente e proporzionata al numero di Bertù che dovete cuocere, dal momento che aumentano molto di volume durante la cottura; ecco perché hanno bisogno di molta acqua! Dunque, sempre meglio una pentola larga e bassa, piuttosto che alta e stretta. Inoltre, durante la cottura, utilizzate un cucchiaio di legno in modo da provocare un piccolo vortice che tiene i Bertù in movimento e procuratevi un mestolo forato per scolarli alla fine.

    Ingredienti

    Per il ripieno

    • 400 g di cotechino
    • 100 g di grana
    • 200 g di pane
    • prezzemolo qb
    • 20 g di sale
    • 20 g di cipolla

    Per la pasta

    • 700 g di farina di frumento integrale
    • 300 g di farina frumento 00
    • 4 uova
    • q.b. di acqua

    Per il condimento

    • q.b. di burro
    • q.b. di salvia
    • q.b. di pancetta
    • q.b. di grana padano

    ricetta bertù san lorenzo

    Procedimento

    1. Preparate l’impasto miscelando le farine con le uova e l’acqua. Lasciate riposare per mezz’ora in frigorifero avvolto nello strofinaccio.
    2. Per il ripieno: rosolate la cipolla e aggiungete il cotechino; cuocete per 15-20 minuti. Poi lasciate raffreddare, aggiungete grana, pane, prezzemolo e spezie; quindi impastate fino a renderlo omogeneo.
    3. Fate delle palline grosse come noci, stendete la pasta, coppate dei dischi con un diametro di 9 cm, mettete la noce di ripieno al centro e chiudete come qualsiasi altra pasta ripiena fresca.
    4. Cuocete in acqua per 12-14 minuti e una volta cotti disponete su un piatto, condite con burro, salvia e pancetta precedentemente rosolate. Terminate con una bella spolverata di formaggio grana e servite caldi.

    Che siano Bertù o Tosei, gustateli preferibilmente in buona compagnia, con un buon bicchiere di Val Calepio!

    Antropologa del cibo, vive tra Parigi e Milano, dove è nata e dove ha fondato il Laboratorio di Antropologia del Cibo. Scrive per varie testate e il suo piatto preferito sono gli spaghetti alle vongole, perché per lei sono diventati un'idea platonica: "qualsiasi loro manifestazione nella realtà sarà sempre una pallida copia di quella nell'iperuranio". Nella sua cucina non mancano mai pistilli di zafferano, che prima coltivava!

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