Adottare una mucca

Chi adotta una mucca trova un tesoro (di burro e formaggio): l’idea della Cooperativa bellunese 

Giulia Zamboni Gruppioni Petruzzelli
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    Si chiamano Barbie, Birke, Irene, Rumba, Sindy, Luna, Stella e Yara e sono solo alcune delle circa quaranta mucche che, dalla primavera 2020, è possibile adottare per partecipare al progetto “Adotta una mucca di Costalta” della Cooperativa Peralba Costalta, in provincia di Belluno. Un’iniziativa che ha lo scopo di aiutare i piccoli allevatori locali a sostenere i costi di un’attività sempre più rara e onerosa e che, complice anche la recente emergenza sanitaria, si è guadagnata ben presto l’attenzione di media e pubblico, tanto da registrare un “boom” di richieste fin dai primi giorni per adottare una mucca (e un rapido esaurimento del latte prodotto dagli animali). Ecco come è nata e di cosa si tratta. 

    Adottare una mucca: come funziona?

    Progetto Adotta una mucca

    E. O./shutterstock.com

    Per adottare una mucca non servono stalle, prati verdi o campi: è sufficiente avere una connessione Internet, collegarsi al sito della cooperativa e scegliere la mucca che “ti piace di più, che ti è più simpatica, o che semplicemente ti colpisce più delle altre”, come si legge online. A questo punto, bisogna decidere quale pacchetto attivare tra i tre messi a disposizione: un mese (39 Euro), sei mesi (215 Euro) o un anno (409 Euro). 

    Cosa si ottiene in cambio? “Riceverai un bellissimo attestato di adozione della tua Mucca preferita, con la descrizione, i dettagli anagrafici e la sua foto, potrai sapere quando la tua Mucca sarà al pascolo in estate, in una delle meravigliose malghe della Val Visdende, ma soprattutto, per ringraziarti del tuo gesto, ogni mese ti manderemo una selezione di quello che Lei ha prodotto”. Che consiste principalmente in una fornitura di prodotti caseari ricavati dal latte dell’animale adottato, ovvero: mezzo chilo di burro fresco, un chilo di Formaggio “Latteria” e una caciotta, direttamente a casa propria

    E, assicurano gli allevatori, poiché il gusto dei latticini cambia a seconda dell’alimentazione della mucca, nel lungo periodo è possibile anche percepire la differenza tra una partita e l’altra e apprezzare ancora di più la genuinità dei metodi di produzione e pascolo promossi da Peralba Costalta. 

    La Cooperativa Peralba Costalta: tra storia e innovazione 

    Cooperativa Peralba di Costalta

    Adottaunamuccadicostalta/facebook.com

    Il burro profuma di fieno in inverno e di polline in estate, mentre il formaggio ha un sapore più deciso nei mesi freddi e sentori erbacei nella stagione più calda. E questo perché la Cooperativa, nata nel 1982 e rilevata nel 2018 da cinque giovani pastori, non rinuncia alla tradizionale abitudine di tenere il bestiame nelle stalle in inverno e nei pascoli montani d’estate, seguendo il ritmo dell’antica transumanza. Quella che, storicamente, consentiva agli allevatori di produrre latte e derivati in inverno, affidando le mandrie agli agricoltori delle malghe d’estate. Grazie alla cosiddetta “Latteria turnaria”, un caseificio sostenuto da tutte le piccole aziende della zona, era infatti possibile lavorare il latte per ricavare burro e formaggio, abbattendo i costi di una produzione autonoma che, viceversa, sarebbe stata troppo costosa per i singoli. Una forma di condivisione locale che ricorda altre iniziative come il Mulino di comunità pugliese, nate proprio con l’intento di ritrovare quello spirito di comunità andato in parte perduto con il passare del tempo e l’affermarsi del progresso tecnologico. Lo stesso che negli anni ha convinto molte delle famiglie del Cadore ad abbandonare il modello più vecchio in favore di processi avanzati e industrializzati, più semplici da gestire e più redditizi. 

    Non così la Cooperativa Peralba Costalta, che intende proseguire con una filosofia di lavoro improntata sul poco (con un numero limitato di vacche per ciascuna realtà) e sano (per il bestiame e per i consumatori) nonostante gli sforzi economici, e non solo, che questo comporta. Da qui l’idea di rivolgersi all’esterno, coinvolgendo anche chi è lontano dalle logiche della terra e dell’allevamento, per accorciare la filiera di produzione e distribuzione, sensibilizzando gli acquirenti finali e preservando la propria attività con tutte le sue specificità. 

    Non solo mucche: adottare alberi, galline e api a distanza

    Quella dell’adozione non è una formula nuova poiché oggi, oltre alle mucche, è possibile prendersi cura a distanza anche di galline, asinelli, pecore e alberi da frutto. Il presupposto è più o meno simile per tutti: in cambio di un contributo in denaro è possibile assicurarsi un rifornimento periodico di alimenti direttamente dalle mani di chi li ha prodotti contribuendo anche alla salvaguardia di metodologie o specie in pericolo di estinzione

    Lo abbiamo visto parlando di 3bee, la startup che salva le api e ne distribuisce il miele, o con il Pollaio Sociale di Bologna che consente di adottare una gallina per avere uova fresche tutto l’anno. Ma le iniziative coprono tutto il territorio italiano: i caseifici SardiniaFarm in provincia di Cagliari e il ligure Vallenostra, ad esempio, permettono di diventare “fattori a distanza”, garantendo così un futuro alle pecore allevate e ai formaggi che se ne ricavano. Concetto simile, ma animale diverso, quello de Il Rosmarino di Marcon in provincia Venezia che propone uova bio o della catanese Tenuta Giarretta che, oltre all’adozione, mette a disposizione anche una fattoria didattica

    Infine, per gli amanti di frutta e verdura, come non citare BiorFarm che ha costruito una rete capillare di piccoli coltivatori di alberi da frutto o la più modesta Adotta un Clementino, calabrese specializzata nella fornitura di mandarini tipici? 

     

    Insomma, adottare una mucca o un altro tipo di essere vivente rappresenta sempre più spesso una soluzione, relativamente semplice e immediata, per farsi conoscere e tagliare qualche passaggio della filiera alimentare, a vantaggio di produttori e consumatori urbani e attenti. 

     

    Anche tra voi si nasconde già qualche allevatore da appartamento?

    Giulia è nata a Bologna ma geni, pancia e cuore sono pugliesi. Scrive principalmente di tendenze alimentari e dei rapporti tra cibo e società. Al mestolo preferisce la forchetta che destreggia con abilità soprattutto quando in gioco c'è l'ultima patatina fritta. Nella sua cucina non deve mai mancare... un cuoco!

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