Zafferano dell’Aquila, la storia e le caratteristiche dell’oro rosso d’Abruzzo

Michela Del Zoppo
3 minuti

     

    Che cucina sarebbe senza le spezie? Fresche o intense, in polvere o intere, sono un aiuto in cucina che riesce a dare un tocco in più a qualsiasi piatto – a patto di conservarle nel modo corretto.
    Sul podio delle spezie più apprezzate e conosciute, con alle spalle una lunga e antichissima storia, c’è lui: lo zafferano, protagonista di tantissime ricette gustose. Oggi andiamo alla scoperta di una specifica varietà di zafferano italiano: quello dell’Altopiano di Navelli, in provincia dell’Aquila, in Abruzzo. Conosceremo la sua storia, com’è diventato una spezia così ricercata e come viene usato in cucina nelle ricette tradizionali.

    Lo zafferano dell’Aquila, il fiore simbolo di Navelli

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    Lo zafferano è una delle spezie più versatili che possiamo trovare in cucina: rosso vivo, sprigiona un aroma che riesce a esaltare un intero menù, dal primo al dolce. Il suo gusto è intenso e penetrante, ed è la ragione per cui ne basta un pizzico in ogni preparazione per darle carattere, senza però sovrastare gli altri ingredienti. Inconfondibile il colore giallo, che ci fa subito riconoscere la sua presenza in un piatto! 

    Lo zafferano nasce da una piccola pianta erbacea (non cresce mai più di 15-20 centimetri) tipica del periodo autunnale, il Crocus Sativus. Il suo nome italiano ha origine dalla parola araba zaafaran, a sua volta derivata da asfar, “di colore giallo”.

    Se gli stigmi del fiore sono cremisi, la piantina da cui derivano è invece un caleidoscopio di colori: ognuna dà vita a tre o quattro fiori dalle sfumature dal lilla al malva

    Per la sua qualità e per il suo valore, che gli è valso il riconoscimento del marchio DOP, lo zafferano di Navelli è una delle varietà più pregiate. Ma facciamo un passo indietro e andiamo a conoscerne la storia.

    La storia dello Zafferano di Navelli, l’oro rosso d’Abruzzo

    L’arrivo dello zafferano in Italia dalla Spagna risale al XIII secolo, ma la spezia era già conosciuta in tutto il Medio Oriente. In tempi più antichi era utilizzato per tingere stoffe e vestiti, dato il suo potere colorante, ma anche come rimedio naturale – si narra che Ippocrate lo utilizzasse contro reumatismi e gotta – , e come profumatore, spesso insieme a incenso e mirra.

    Non è semplice individuare il momento storico nel quale lo zafferano è entrato nella cultura gastronomica. Ciò che conosciamo per certo, però, è la data di nascita del risotto allo zafferano, uno dei piatti più conosciuti che vede protagonista questa spezia: l’8 settembre del 1574, durante le nozze della figlia del mastro vetraio belga Valerio di Fiandra. Sembra che in quell’occasione i cuochi avessero aggiunto al riso bianco un po’ di zafferano, all’epoca utilizzato solitamente per le pitture. Il risultato fu un piatto dal colore dorato che fu da subito molto amato (ed esportato!).

    Nelle zone dell’Aquila lo zafferano arrivò grazie a un monaco che faceva parte della famiglia 

    Santucci di Navelli. Dopo aver partecipato al Sinodo di Toledo, tenutosi intorno al 1230, il religioso decise di riportare a casa questa spezia che aveva conosciuto in territorio ispanico: pensando ai terreni fertili della piana di Navelli, infatti, credette che la pianta potesse produrre un abbondante raccolto. 

    Aveva ragione: lo zafferano trovò un ambiente molto favorevole e diede vita a un prodotto di altissima qualità. Per attuare il suo progetto, il monaco Santucci dovette modificare le pratiche agricole spagnole per adattarle al clima e al terreno aquilani, sviluppando per la prima volta una coltura annuale.

    La coltivazione si diffuse rapidamente nei dintorni, e le famiglie nobili e commercianti che avevano di recente fondato la città dell’Aquila contribuirono in poco tempo a farlo conoscere presso i grandi mercati di Milano e Venezia, ma anche in quelli europei di Francoforte, Marsiglia, Vienna, Norimberga e Augusta.

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    Il documento più antico che attesta la coltivazione e il commercio di questa spezia è un diploma del Re Roberto d’Angiò del 1317. Il XV secolo fu un periodo di grande prosperità economica, culturale e spirituale per L’Aquila, che assunse importanza nel Regno di Napoli anche grazie allo zafferano. Nel 1454, San Giovanni da Capestrano promosse la costruzione della Basilica di San Bernardino da Siena, a L’Aquila, finanziandola con le tasse sullo zafferano.

    Nel 1458, Re Ferrante I d’Aragona concesse alla città di L’Aquila il diritto di fondare un’università. Ciò coincise con l’apertura di una fiorente tipografia da parte di Adamo da Rotweil, un commerciante di zafferano di origine tedesca e studente di Johannes Gutenberg, l’inventore della stampa.

    Ormai famoso a livello internazionale, lo zafferano dell’Aquila divenne oggetto di competizione tra vari commercianti, in particolare veneziani, milanesi e fiorentini. Tra i principali consumatori di questa spezia è importante ricordare anche i tedeschi di Norimberga che, intorno al 1513, decisero addirittura di stabilirsi a L’Aquila per eliminare l’intermediazione dei mercanti veneziani.

    La produzione di zafferano raggiunse il suo apice nel XVI secolo, tra il 1583 e il 1584. Tuttavia a causa della peste, di alcune guerre e dell’aumento delle tasse imposte dai monarchi spagnoli, la coltivazione dello zafferano dell’Aquila iniziò a declinare. Nel 1646, la produzione era scesa a un solo chilogrammo, rispetto ai 4000 kg di due secoli prima.

    Con l’arrivo dei Borboni al Regno di Napoli, la coltivazione riprese gradualmente e nel 1830 vennero prodotti 45 quintali di zafferano su un’area di 45 ettari. Tuttavia, col passare del tempo, la situazione peggiorò nuovamente fino a una drastica riduzione nel XIX secolo.

    La nascita della Cooperativa Altopiano di Navelli 

    Il 7 aprile 1971 segna un momento storico per L’Aquila e per questa spezia: è in questa data che i piccoli produttori di zafferano da vari villaggi dell’Altopiano di Navelli si riunirono dando vita alla Cooperativa Altopiano di Navelli.

    Associarsi era, in quel periodo, necessario, poiché il prezzo dello zafferano era drasticamente diminuito e la domanda di mercato era bassa. Tuttavia, con la costituzione di questo ente e la leadership di Silvio Salvatore Sarra, il suo Presidente, la situazione iniziò a cambiare, nonostante le difficoltà iniziali.

    La svolta decisiva per la cooperativa avvenne quando la sorella di Silvio, Giovannina, importante collaboratrice dell’ente, lo spinse a partecipare al programma televisivo Portobello, condotto da Enzo Tortora. Questo show, molto popolare in Italia tra gli anni ‘70 e ’80, fu un trampolino di lancio per l’oro rosso dell’Abruzzo aquilano, facendo conoscere lo zafferano a livello mondiale. 

    Il culmine di una lunga lista di riconoscimenti giunse nel 2005, quando l’Unione Europea concesse allo Zafferano dell’Aquila il marchio DOP, Denominazione di Origine Protetta, che legittima un prodotto coltivato nei 13 Comuni dell’aquilano riconosciuti dal Ministero delle Politiche Agricole.

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    Lo zafferano di Navelli nella cucina aquilana (e abruzzese!)

    Come abbiamo accennato, il sapore dello zafferano si accompagna benissimo a molte ricette tipiche della tradizione italiana (basti pensare al classico risotto alla milanese) ma la cucina abruzzese, naturalmente, celebra con orgoglio la sua eccellenza nella cultura gastronomica tradizionale.

    Le ricette a base di zafferano sono molte: i cannarozzetti con guanciale, ricotta, zafferano e pepe ne sono un esempio. In questo caso lo zafferano si usa in stimmi: viene poi fatto sciogliere in tre cucchiai di acqua, e bollire per pochi secondi.  

    Tra i piatti di pesce, invece, troviamo lo scapece alla vastese, un antichissimo antipasto a base di palombo. La ricetta, che sembra risalire addirittura all’epoca dell’Impero Romano, prevedeva che il pesce venisse fritto e accompagnato da cozze allo zafferano.

    L’aroma di questa spezia non si sposa bene solo con il cibo: è anche la base per produrre un liquore artigianale molto diffuso nella Regione. Il procedimento, sulla falsariga di quello del limoncello, è piuttosto semplice: i pistilli di zafferano vengono lasciati in infusione (rigorosamente a freddo) in alcool e scorze di limone. Alcune antiche ricette prevedono anche l’uso di anice, che aiuta a mitigare il sapore intenso di questo amaro, spesso usato in pasticceria.

    Conoscevate lo zafferano di Navelli? Proverete questa eccellenza abruzzese nei vostri piatti? 


    Immagine in evidenza di: New Africa/shutterstock.com

     

    Copywriter e Social Media Manager, se la cava meglio con le parole che con mestoli e padelle. Abruzzese DOC, in cucina si divide tra la tradizione della sua regione e quella della Puglia garganica, che è un po' una seconda casa. Sulla sua tavola non possono mai mancare un buon bicchiere di Montepulciano e un liquore di genziana, perfetto dopo una scorpacciata di arrosticini!

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