Sardegna: festa nel pinneto

Adriana Angelieri

di Martino Ragusa. Questo reportage vi giunge dalla Sardegna che piace a noi, quella lontana dalle cronache politico-mondane che riempiono i giornali e svuotano la pazienza assieme alla fiducia nelle istituzioni. E' la Sardegna aspra e vera del Supramonte di Oliena (Nuoro), dove ho avuto la grande opportunità di essere invitato a una festa molto divertente e molto poco modana. Di quelle che mai vedranno la presenza di chi frequenta certe super ville sulla Costa Smeralda. Alla festa sono arrivato grazie alla mia guida – indispensabile nel Supramonte – Fabrizio Caggiari. E in questa occasione ho scoperto che anche le guide hanno le loro guide: Sono i pastori, senza i quali Fabrizio e i suoi colleghi si troverebbero in serie difficoltà. Sono loro i veri padroni di casa del Supramonte ed è a loro che gli organizzatori di questi tour si appoggiano per dare ospitalità ai turisti. I pochi rimasti abitano in capanne circolari come i nuraghi. Si chiamano "sos pinnetos" e sono le uniche possibili su queste montagne perché fatte con materiali che si trovano in loco e cioè pietre, tronchi e frasche di ginepro. Io sono stato nel pinnetu di Tonino Fadda a Tingiosu, un’altura nella valle del Lanaitho di fronte al Monte Tiscali. Tonino vive con le sue capre che gli obbediscono come fossero cuccioli. Ve lo dico a ragion veduta, perché ho assistito alla mungitura più strana della mia vita (e come sapete ne ho viste parecchie). Circondato da un nugolo di capre, Tonino indicava con un dito quella che doveva essere munta. Le diceva una parola in “limba sarda” che probabilmente voleva dire “tocca a te” oppure “vieni qua” o forse era il nome della capra. E questa obbediva. Si dirigeva verso di lui facendosi strada fra le colleghe che le lasciavano il passo senza muoversi finché non venivano chiamate anche loro. Dopo la mungitura ci siamo trasferiti nel pinnetu, dove Tonino ha preparato il formaggio e la ricotta. Qui i ruoli sono cambiati di colpo. Fino a quel momento il capo era stato Fabrizio che è stato degradato ad assistente di cucina. Smessi i panni del casaro, Tonino ha preso in mano lo scettro del comando che aveva la forma di uno spiedo e ha infilzato con cura meticolosa mezzo maialino. Poi è comparsa l’altra metà e ha ultimato il rito dell’avvio della cottura rimanendo in assoluto silenzio. Ma c’era il loquace Fabrizio ben felice di parlare al posto suo: "L’arte di arrostire un maiale non è facile." Mi ha spiegato "Se il ‘proceddu’ è piuttosto grandicello, come in questo caso, si taglia in due mezzene che vengono infilzate negli spiedi e cotti per un paio d’ore in verticale per fare liquefare e colare tutto il grasso. Poi la cottura continua in posizione orizzontale e viene la parte complicata: perché bisogna far cuocere in modo uguale sia le cosce e le spalle,che sono parti spesse del maialino,sia le costine, che sono parti sottili. Perciò si deve fare un letto di braci non omogeneo, più sottile sotto le costine e più spesso sotto la coscia e la spalla. La buona riuscita dipende dalla capacità di chi arrostisce di dosare le braci." La preparazione è piuttosto lunga e io a un certo punto ho allungato una mano per prendere una fetta della salsiccia appassita già tagliata per il pranzo. Non l’avessi mai fatto! Sono stato fulminato dal fuoco incrociato delle occhiate di Fabrizio e Gianmario più istintive che ragionate. Ho ritirato la mano da quella fetta di salsiccia come fosse uno dei tizzoni ardenti sotto al proceddu mostrando di avere capito il messaggio: qui si aspetta di essere serviti e io avevo infranto una regola elementare del bon ton barbaricino. "S’Istrangiu", il forestiero, è una specie di goim al quale è sempre riservato il trattamento migliore, a patto che non si renda odioso. Ma io devo aver fatto una faccia così sinceramente contrita, tanto inconsolabile che tutti e tre si sono precipitati a consolarmi. Tonino finalmente ha parlato: "Non è abituato ad alzarsi presto, non ha fatto due colazioni come noi, è chiaro che ha fame". Ha detto agli altri due. "Hai ragione!" hanno risposto in coro. Da quel momento quelli che vedevo come tre super-uomini sono diventati materni come api nutrici. Il rude pastore e i due Indiana Jones esperti in trekking estremi hanno preso a preoccuparsi del mio stomaco come neanche mia madre quando ero un bambino capriccioso e senza la minima preoccupazione di apparire per questo meno virili. Questa sì che è sicurezza! Sono arrivato al pranzo che potevo anche passare per sazio. Ma ho ricominciato volentieri. La levataccia e l’escursione mi avevano messo un appetito che avrebbe fatto onore al pranzo dei pastori. Sono stati serviti i salumi (la famosa salsiccia), formaggio e pomodori crudi da prendere a morsi con il sale. Poi è arrivato l’indimenticabile proceddu sul s'avaione, il vassoio di sughero che funge anche da piatto, e infine la ricotta con il miele servita sul pane carasau e senza cucchiaio, sostituito anch’esso da pezzetti di pane carasau. Alla fine del pranzo, Fabrizio ha tirato fuori una fisarmonica e i sardi presenti hanno cominciato a ballare il loro ballo tondo come i nuraghe, il pinnetu e il pane carasau. Ci siamo, penserete, ecco lo spettacolino per i turisti con le coreografie studiate da un coreografo di Cagliari. Invece no. A quel punto il ballo ci stava e si è ballato! È chiaro che dietro a tutto questo c’è un lavoro. Fabrizio ci campa, Tonino è pagato per farsi rompere le scatole dai visitatori e la fisarmonica era lì già preparata. Ma guai a frantumare tutto con il cinismo del turista smaliziato. Fortunatamente abbiamo anche noi una sensibilità e siamo capaci di capire se la gente sta ballando per gusto o per dovere. E se l’atmosfera non fosse stata quella giusta, sono sicuro che la fisarmonica sarebbe rimasta dov’era. Insomma, c’è lavoro e lavoro, e alla base di questo si sente soprattutto autenticità. I soldi devono girare per forza perché così va la vita, ma non sono la cosa più importante. Ho capito che i miei nuovi amici barbaricini trattano bene il visitatore non perché torni a spendere qui i suoi soldi, ma perché è uno specchio dei loro valori. Perciò deve meritarsi le attenzioni e saperle ricambiare. Di uno specchio opaco non sanno che farsene. Fabrizio lavora nel Centro Escursioni "Sardegna Nascosta", nato per sua iniziativa, che organizza gite "nell'intimità del territorio" a tema naturalistico, archeologico e gastronomico. Le escursioni sono di vari livelli di difficoltà, da quelle in fuoristrada per persone con problemi motori, anziani e bambini a trekking più o meno impegnativi che possono comprendere arrampicate, visite speleologiche nelle grotte e rafting. Il recapito è: Centro Escursioni Sardegna Nascosta, Supramonte – Barbagia Via Masiloghi, 35 08025 Oliena (Nu) Il telefono è 0784/ 28 85 50 Il cellulare di Fabrizio Caggiari è 349 44 34 665 mail: sardegnanascosta@tiscali.it web: http://www.sardegnanascosta@tiscali.it  Per dormire a Oliena vi consiglio l’Agriturismo di Gianmario Mereu che collabora con Fabrizio nelle escursioni. L’indirizzo è Agriturismo Marimundu Via Norgheri 08025 Oliena (Nu) Tel e fax 0784/ 28 73 60 email: marimundu@lycos.it Per mangiare: Ristorante Sa Corte Via Nuoro 08025 Oliena (Nu) Tel. 0784/ 28 53 13 Fax 0784/ 28 60 20 email: sa.corte@tiscalinet.it 

Siciliana trasferita a Bologna per i tortellini e per il lavoro. Per Il Giornale del Cibo revisiona e crea contenuti. Il suo piatto preferito può essere un qualunque risotto, purché sia fatto bene! In cucina non devono mancare: basilico e olio buono.

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