piatti dimenticati

Piatti dimenticati da riscoprire: intervista alla chef Rita Monastero

Matteo Garuti
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    La cucina ha vissuto e continua ad attraversare cambiamenti significativi, motivo per cui, guardandoci indietro, è possibile trovare dei veri e propri piatti dimenticati, anche se negli ultimi anni stiamo vivendo la riscoperta di lontane tradizioni domestiche, spesso legate al recupero per evitare lo spreco. Ma quali sono le portate di una volta tuttora valide per essere sperimentate sulle tavole di casa? Dopo aver approfondito il tema dei frutti dimenticati, per saperne di più abbiamo coinvolto la chef Rita Monastero, autrice di una trilogia di libri che propone interessanti ricette del passato e reduce dalla recente pubblicazione del suo Manuale degli errori in cucina.

    Piatti dimenticati: tra identità, saperi e gusti autentici

    i piatti dimenticati

    I piatti dimenticati, di Rita Monastero, è l’ultimo capitolo di una trilogia dedicata a ricette del passato, dopo i primi due dedicati ai pani e ai dolci. “L’idea che ha ispirato questa serie di libri mi è venuta insegnando cucina in Italia e nel mondo, perché spesso i miei allievi si sono dimostrati molto interessati a questo tema, talvolta anche sottoponendomi testimonianze familiari”. A dare ulteriormente motivazione, precisa l’autrice, è stata anche la volontà di reagire rispetto allo scenario gastronomico dominante fino a una decina di anni fa, che privilegiava una cucina orientata alla spettacolarizzazione, che doveva a ogni costo stupire, a spese di una tradizione fatta di prodotti tipici, identità, saperi e gusti autentici, sempre meno considerata e valorizzata.

    Quelli presentati nel libro di Rita Monastero sono principalmente piatti poveri della cucina domestica, il cosiddetto comfort food nella denominazione internazionale. “Torniamo indietro nel tempo, con ricette che ci portano all’alimentazione durante la Seconda guerra mondiale, e spesso anche a epoche precedenti, quando nelle case della gente comune bisognava arrangiarsi con quello che si aveva. Ai giorni nostri, in questo periodo di isolamento forzato e di stato d’assedio contro il Coronavirus, abbiamo modo di sperimentare – almeno in parte – la necessità di cucinare con ciò che abbiamo in dispensa. Le ricette che ho raccolto, quindi, ci parlano soprattutto di soluzioni pratiche per soddisfare le esigenze quotidiane, ma sempre con gusto e inventiva”. Tuttavia, non mancano anche i piatti più elaborati e legati a tradizioni nobiliari o di benessere, ma, come accade spesso anche nella vita, si tratta di una minoranza.

    Ne I piatti dimenticati sono presentate ricette dell’Ottocento e anche più antiche, ma “non possiamo avere una datazione precisa, proprio perché sono state tramandate oralmente nell’ambito familiare, il modo più comune per insegnare a cucinare, un po’ come ho fatto io stessa, imparando da mia madre e insegnando a mia figlia. Tuttora faccio ricette della mia trisavola” aggiunge la chef. La classificazione, quindi, non è impostata in ordine cronologico ma segue sezioni tematiche sulla base del tipo di portata.

    Perché alcune ricette si sono perdute nel tempo?

    pane con grano antico

    shutterstock.com

    Per comprendere meglio le caratteristiche dei piatti dimenticati, è logico domandarsi perché si siano perduti nel tempo. Rita Monastero non ha dubbi: “è stato il benessere, dovuto al boom economico a partire dagli anni Sessanta, che progressivamente ha cambiato l’approccio al cibo, segnando anche la corsa all’uso di ingredienti sempre più sofisticati. Recentemente, in occasione di un’analisi che ho svolto sulle ricette degli anni Ottanta e Novanta, ho avuto la conferma che proprio in quel periodo – molto vicino a noi sul piano temporale – i grandi chef hanno consolidato questa tendenza. Mi riferisco, ad esempio, a Gualtiero Marchesi e al suo risotto oro e zafferano, arricchito appunto con foglia d’oro alimentare”. Sulla scia dei grandi maestri, si è diffusa questa ricerca del lusso, che non di rado ha prodotto imitazioni o eccessi poco sensati, caricando i piatti di un’aura portata all’esasperazione e privandoli della semplicità che ne delineava il carattere. 

    Negli ultimi anni, però, il trend si è invertito, e oggi prevale una maggiore consapevolezza su qualità, materie prime e preparazioni, che si traduce in una ricerca – sia gastronomica che salutistica – improntata al gusto autentico e ai cibi grezzi o poco lavorati, come testimonia l’affermazione dei prodotti integrali e dei grani antichi. Come sottolinea Rita Monastero, “a essersi evolute, inoltre, sono le tecniche in cucina, dove si privilegiano metodi orientati a mantenere inalterate le proprietà degli ingredienti, come le cotture a bassa temperatura, che non stressano gli alimenti e li lasciano teneri e succosi, oltre a preservarne i nutrienti”.

    Dal passato al presente: com’è cambiato il modo di cucinare?

    “Molti di questi piatti si basano sul recupero delle materie prime, anche quelle già cucinate precedentemente, perché un ingrediente veniva usato più volte, fino a quando davvero non spariva dalla tavola. Penso sia proprio questo aspetto a distinguere la cucina del passato da quella di oggi, infatti, sappiamo quanto spreco alimentare si sia creato in ambito domestico e professionale, quando gli avanzi venivano buttati e l’idea di riciclarli non si prendeva neanche in considerazione. Fortunatamente, però, negli ultimi anni si è fatto tanto per diminuire i numeri di cui abbiamo sentito parlare. Personalmente, mi sento male solo all’idea di buttare una briciola di pane, infatti ne I piatti dimenticati ho dedicato un’intera sezione al pane vecchio e indurito, con tante ricette per usarlo in mille modi, non soltanto per grattugiarlo”. 

    Se nel tempo, quindi, si era persa la capacità di riciclare, ora l’idea del recupero è tornata, grazie alla consapevolezza sullo spreco. Secondo la chef, invece, “gli ingredienti non sono cambiati moltissimo, escludendo i prodotti raffinati, tecnologicamente evoluti o presentati in modo diverso. La frutta, ad esempio, l’abbiamo sempre impiegata, e adesso nella cucina professionale si usa molto quella disidratata, come le polveri di lampone o di fragola, che trovano posto anche per arricchire i piatti salati”.

    Alcuni spunti da I piatti dimenticati di Rita Monastero

    frittata di pasta

    shutterstock.com

    Dopo aver chiarito la genesi e l’impostazione della ricerca, resta la curiosità sulla raccolta gastronomica di Rita Monastero. “I piatti sono preceduti da un’introduzione, dove viene precisata la collocazione temporale e famigliare, perché queste ricette mi sono state donate, arrivano veramente dalle case di persone, anche sconosciute, che hanno voluto regalare un po’ dei loro ricordi”.

    Tra i piatti della cucina domestica presentati nel libro, “mi piace parlare della cosiddetta carne dei poveri, una frittata di pane che faceva la madre di una mia compagna di liceo, perché a suo marito non piaceva la carne. Per fargli mangiare proteine, mescolava il pane vecchio con le uova, facendo un impasto arricchito con formaggio, prezzemolo e menta, di per sé molto buono, e dopo averlo fritto lo calava nel sugo. Questo passaggio ne aumentava notevolmente sia il volume che il gusto. Pur non trattandosi di carne, questa particolare frittata è comunque nutriente, oltreché appetitosa e bella da vedere”.

    Parlando invece di piatti dimenticati più ‘ricchi’, è interessante la storia dei ramarques, frittelle salate di pasta bignè ripiene con mortadella, uova, parmigiano e noce moscata. “Questa ricetta è legata ai ricordi di una mia cara amica. Sua nonna era una gentildonna che abitava in un palazzo nobiliare in un paese del basso Salento, dove disponeva di un’intera brigata di cucina, con diverse persone a suo servizio. Lei non si cimentava ai fornelli, ma si intendeva di cucina e dava istruzioni al suo capocuoco. I suoi nipoti amavano queste frittelle, e la signora, in occasione dei loro compleanni, le faceva sempre preparare”.

    “Mi piace citare queste due ricette, perché sono agli antipodi, e danno l’idea dello spirito del libro. Se una parla di benessere e opulenza, l’altra ci porta alla quotidianità delle persone comuni. Tutti i piatti che ho raccolto parlano di vita vissuta, di pranzi in famiglia come di occasioni per festeggiare”.

     

    Ci sono piatti dimenticati o di antica tradizione casalinga che cucinate ancora?

     

    Matteo è nato a Bologna e vive a San Giorgio di Piano (Bo), è giornalista, sommelier e assaggiatore di olio d'oliva, ha collaborato con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell'Università di Bologna. Per Il Giornale del Cibo si occupa di attualità, salute, cultura e politica alimentare. Apprezza i cibi e le bevande dai gusti autentici, decisi e di carattere. A tavola ama la tradizione ma gli piace anche sperimentare: per lui in cucina non può mancare la creatività, "perché è impossibile farne a meno!"

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