Le mode alimentari non conoscono limiti, anche se talvolta è giusto parlare di eccessi. Sembra difficile non inquadrare in questo filone l’oro alimentare, che da alcuni anni sta trovando diverse applicazioni, dalla pasticceria all’alta cucina in genere. Almeno all’apparenza, si tratta di consumi nel segno dell’esclusività, finalizzati soprattutto a sottolineare un elevato status economico, col rischio di scivolare nel cattivo gusto. Ma parliamo davvero di un capriccio da ricchi? Ha senso mangiare questo metallo prezioso? Analizzando origini, applicazioni e costi, cercheremo di saperne di più su questa singolare tendenza.
Oro alimentare: quali sono le origini?
Non è facile trovare altre abitudini simbolicamente sfarzose come mangiare l’oro. Quella che sembra avere tutti i crismi di una moda recente ed effimera, per la verità, ha radici storiche, risalenti perlomeno all’antica Cina e all’Egitto, dove per i faraoni si preparavano pani con polvere d’oro nell’impasto. Per gli imperatori romani, invece, si servivano torte decorate con foglie sottili del metallo raro per eccellenza, e usi analoghi si praticavano in Giappone, dove si impreziosivano allo stesso modo liquori e piatti speciali. Nel corso del Medioevo e del Rinascimento, nei banchetti delle corti reali europee la polvere e la foglia d’oro e d’argento si utilizzano per guarnire le portate più scenografiche, per impressionare gli ospiti. Mangiare il più prezioso dei metalli, in quel periodo, era anche ritenuto utile per la prevenzione delle malattie cardiache. Inoltre, pare che il detto “indorare la pillola” derivi dall’abitudine dei medici di aggiungere piccole quantità d’oro alla preparazioni farmaceutiche.
L’alta cucina riscopre il metallo prezioso negli anni Ottanta del secolo scorso, e soprattutto a partire dal 1981, quando Gualtiero Marchesi propone il suo risotto oro e zafferano, una variante di lusso del celebre risotto alla milanese. L’interesse internazionale per il piatto e il suo successo nel mondo della gastronomia più esclusiva spingono la diffusione di questo particolare ingrediente, e con esso il mercato per le aziende specializzate nel trattarlo e commercializzarlo. Inizialmente, è soprattutto la liquoristica la principale destinazione d’uso dell’oro commestibile, che in seguito conosce nuove applicazioni, favorite dalla resilienza e dalla crescita del mercato del lusso, che come noto non conosce crisi. Negli ultimi vent’anni l’alta pasticceria si è avvalsa sempre di questo nobile ingrediente, in cerca di soluzioni estetiche originali e d’impatto.
L’oro commestibile fa bene o fa male?
Al pari di altri ingredienti, come ad esempio gli aromi, anche l’impiego gastronomico dell’oro e dell’argento è normato. Secondo la direttiva europea 94/36/CE, infatti, questi due metalli sono identificati come coloranti alimentari, rispettivamente con le sigle E175 ed E174. Nella sua forma edibile, l’oro è utilizzato puro (23-24 carati), e lo stesso vale per l‘argento (999-1000 millesimi).
Al netto delle antiche credenze, che attribuivano all’oro poteri curativi, è lecito chiedersi se mangiare questi metalli preziosi abbia ripercussioni sulla salute, come può averne l’alluminio in senso negativo. Tranquillizzerà chi può permettersi di portarli in tavola come ingredienti sapere che entrambi non presentano controindicazioni per l’organismo, e sono considerati innocui, inerti, nonché privi di significative proprietà benefiche. Tuttavia, l’oro trova anche una particolare applicazione medica: l’aurotiomaleato di disodio, infatti, è un farmaco per combattere l’artrite reumatoide.
Caratteristiche, formati e usi dell’oro edibile
Come abbiamo visto, l’oro alimentare non fa male e il suo uso è riconosciuto e regolamentato. A questo punto è naturale domandarsi che sapore ha, se ne ha uno. La risposta è semplice, perché questo metallo – così come l’argento – risulta del tutto neutro al palato, pertanto non provoca alterazioni sensoriali ai piatti nei quali è inserito come ingrediente. Sul piano della consistenza materica il discorso è simile, in quanto le foglie e le pagliuzze utilizzate in gastronomia hanno spessori estremamente fini, tali da rivelarsi appena percettibili.
Parlando dei formati impiegati per fini alimentari, per l’appunto, oro e argento vengono commercializzati in:
- fogli e lamine, in genere di forma quadrata, modificabili e adatti per risotti, dolci e parti esterne delle portate, specialmente quando le superfici sono piatte e regolari;
- polvere, estremamente fine, indicata per liquori, cocktail e bevande in genere, all’interno delle quali può restare in sospensione, risultando più visibile;
- briciole, di diametro leggermente superiore, versatili per guarnizioni di vario tipo;
- fiocchi, più grandi e luminosi, per gli usi di superficie di grande effetto;
- spirali e bastoncini, forme elaborate che si prestano bene per abbellire anche i piatti dalle linee irregolari.
Come si accennava, gli utilizzi oggi sono molto vari, anche se è la pasticceria di lusso la destinazione prevalente per la versione alimentare dei metalli preziosi, in particolare quando si tratta di coperture e decorazioni esterne di dessert e cioccolatini. Ad ogni modo, è chiaro che i materiali in questione – specialmente sotto forma di fogli – richiedono una certa pratica prima di poter essere utilizzati e dosati nei piatti, per evitare sprechi che potrebbero rivelarsi molto dispendiosi.
Oro alimentare aromatizzato, la nuova frontiera
Come abbiamo visto, oro e argento edibili si caratterizzano anche per l’assenza di gusto, un aspetto che però sembra essere superato dalle più recenti innovazioni di settore. Questi ingredienti esclusivi, infatti, possono essere arricchiti con particolari aromatizzazioni, che quindi possono cambiarne l’impatto sui piatti, non più limitato al solo valore estetico, ma da intendere come un vero e proprio condimento. Dopo un anteprima all’Expo 2015 di Milano, infatti, l’azienda Giusto Manetti Battiloro, in collaborazione con Giotti, ha brevettato una linea di oro e argento con aromi naturali di tartufo, lime e vaniglia, offrendo ai clienti anche la possibilità di ottenere gusti su richiesta.
Quanto costa mangiare l’oro?
Ora che il quadro sull’uso alimentare dei metalli preziosi è più chiaro, non resta che la nota dolente sulla quale fare luce, ovvero i costi di questi esclusivi ingredienti.
Si potrebbe pensare di trovare l’oro alimentare in vendita solo nelle boutique di lusso, ma è possibile acquistarlo nelle principali piattaforme di commercio online. I prezzi variano a seconda del livello di purezza – espresso in carati per l’oro e in millesimi per l’argento, come avviene per i gioielli – fondamentale anche per garantire la sicurezza alimentare, che non contempla contaminazioni significative di altri metalli. Indicativamente, le cifre al grammo si attestano intorno ai 150 euro per l’oro, mentre per l’argento ne “bastano” 90. In pratica, per una confezione da 20 fogli d’oro quadrati a 24 carati, da 44 millimetri di lato e dello spessore di 2 micron, si spendono circa 15 euro. A dispetto delle premesse iniziali, quindi, un piatto decorato o condito con questi metalli preziosi non è del tutto inavvicinabile, e si stima che una guarnizione d’oro per una torta da matrimonio ne incrementi il prezzo di circa il 25%. Se i costi non sono proibitivi, allora, ai consumatori il giudizio finale.
Avete mai visto o assaggiato cibi decorati con oro alimentare? Lo considerate un inutile eccesso oppure l’idea vi attira?
Altre fonti:
Giusto Manetti Battiloro
Bay A., Enciclopedia della Cucina, Milano, Garzanti, 2010.
Direttiva 94/36/CE