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Piante e bacche tossiche: i consigli per riconoscerle

Matteo Garuti
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    Le piante tossiche rappresentano un pericolo al quale in genere si pensa poco, ma che invece richiede consapevolezza e attenzione. In autunno e in primavera, le passeggiate nei giardini e nei boschi diventano un piacere che è giusto concedersi, a patto di non cadere nella tentazione di mettersi in bocca o portare in cucina bacche o vegetali sconosciuti. Dopo aver approfondito le contaminazioni da aflatossine negli alimenti, questa volta vedremo quali sono le piante e i frutti da cui tenersi alla larga, che in alcuni casi somigliano ad altri prodotti più noti e commestibili, coi quali possono essere confusi.

    Piante tossiche: un rischio da non sottovalutare

    Dall’alba dei tempi i vegetali sono utilizzati per le loro proprietà benefiche e terapeutiche, che nel corso dei secoli le conoscenze umane sono riuscite a sfruttare al meglio, in modo sempre più evoluto e specialistico. Tuttavia, sono molte le specie che esercitano un’azione dannosa, in base alle peculiarità e alle quantità di principi attivi contenuti. Venire a contatto con queste sostanze può essere molto pericoloso, anche perché la valutazione dei sintomi non è semplice, e può complicarsi ulteriormente a causa del diverso grado di assorbimento delle sostanze nel sistema digerente. I trattamenti effettuati dopo la raccolta – come la cottura, l’essiccazione o la macerazione – possono infatti modificare questo aspetto.

    A seconda delle tossine, che possono avere modalità e tempistiche di azione molto diverse fra loro, i sintomi possono ricadere solo sulla zona di contatto, oppure interessare più parti dell’organismo, con un rischio notevolmente superiore in questa seconda ipotesi. Se vengono attaccati organi vitali, come il cuore o il fegato, ad esempio, le conseguenze cliniche possono essere particolarmente difficili da affrontare.

    Secondo le indicazioni del Centro antiveleni di Milano, i casi più ricorrenti di intossicazioni accidentali riguardano l’ingestione di piante ornamentali da parte di bambini. Gli avvelenamenti più gravi, però, interessano gli adulti che utilizzano incautamente piante tossiche a tavola o per automedicazioni, quasi sempre per aver confuso le essenze velenose con altre note per le loro caratteristiche benefiche. Una terza possibilità ha a che fare con l’uso consapevole a scopo stimolante o allucinogeno, mentre, fortunatamente, sono molto più rari i casi da avvelenamento volontario di altre persone a scopo criminale.

    Ma quali sono le piante tossiche e le bacche velenose da non confondere con altre officinali o commestibili?

    Le bacche da evitare assolutamente

    Soprattutto in autunno, quando la stagione invoglia a fare passeggiate nei parchi e nei boschi, quando si verificano avvelenamenti accidentali, le prime indiziate sono le bacche, sia che provengano da piante ornamentali che da quelle selvatiche. Nel nostro approfondimento sui frutti dimenticati d’autunno abbiamo trattato le specie commestibili e dall’alto valore organolettico tipiche di questa stagione, ma esistono anche bacche, drupe e frutti in genere da non toccare o ingerire per nessun motivo.

    Il caprifoglio (genere Lonicera) è un rampicante presente nei giardini che avvolge le piante, generando fiori molto profumati. Le bacche di molte specie di Lonicera, di colore rosso-arancio, contengono xilosteina e sono tossiche, pertanto in via precauzionale è meglio evitarle. L’agrifoglio, o pungitopo (Ilex aquifolium), pianta ornamentale tipica dell’inverno, produce piccoli frutti rossi che contengono ilicina e saponine, sostanze in grado di causare disturbi gastro-intestinali già in quantità minime, mentre le dosi massicce possono rivelarsi mortali. Anche le bacche del vischio (Viscum album) sono tossiche, seppure in forma più lieve.

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    Agrifoglio (Ilex aquifolium) – vcaenis/shutterstock.com

    Per il clerodendrum (genere Clerodendrum), pianta da giardino di grandi dimensioni con fioriture profumate di colore bianco e rosa, valgono considerazioni analoghe. Le bacche bluastre che produce sono velenose e non vanno mangiate. I frutti del lauceraso (Prunus laurocerasus), invece, sono pericolosamente simili alle ciliegie. Come tutte le parti di questo grande arbusto sempreverde, possono essere mortali, in quanto contengono acido cianidrico.

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    Clerodendrum – nnattali/shutterstock.com

    Il tasso (Taxus baccata), fra gli alberi ornamentali più diffusi nei parchi pubblici, non a caso è conosciuto anche come “albero della morte”. Infatti, la sua corteccia, le foglie e i semi circondati dagli arilli – i piccoli frutti rossi – contengono tassina, alcaloide dall’effetto narcotico e paralizzante. Questa sostanza potenzialmente letale, tuttavia, trova impiego nella produzione di farmaci antitumorali, come altri principi attivi ricavati dai veleni vegetali e animali.

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    Tasso (Taxus baccata) – tomtsya/shutterstock.com

    Le bacche scure, simili ai mirtilli e chiamate anche “ciliegie di Satana”, ma anche le foglie e le radici della belladonna (Atropa belladonna), sono altamente velenose e possono uccidere, anche in piccole quantità. Questa pianta, associata ai riti satanici e ad usi allucinogeni, è diffusa allo stato selvatico nei boschi delle Alpi e degli Appennini. Il suo nome deriva dall’antico uso che le donne facevano del succo dei suoi frutti, impiegati per dilatare le pupille e rendere gli sguardi più intensi e fascinosi.

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    Belladonna (Atropa belladonna) – vainillaychile/shutterstock.com

    Anche i piccoli frutti a grappolo del tàmaro (Dioscorea communis) sono tossici, mentre i germogli di questo rampicante, simili ad asparagi, possono essere consumati e le radici hanno proprietà officinali. I semi della piracanta o agazzino (Pyrachanta coccinea), arbusto spinoso tipicamente utilizzato nelle siepi, contengono glicosidi cianogenetici e sono velenosi. Letali anche in dosi minime sono i frutti rosa e la corteccia della fusaggine o “berretta del prete” (Euonymus europaeus), arbusto che cresce spontaneamente nei boschi ed è usato anche per abbellire i giardini. Da evitare assolutamente sono anche i piccoli frutti dell’abro (Abrus precatorius), un legume di origine asiatica che genera bacche rosse e nere, simili a coccinelle, in grado di uccidere anche in quantità ridottissime.

    Originaria dell’area caraibica è invece la mancinella (Hippomane mancinella), uno degli alberi più velenosi al mondo. I suoi frutti, detti “mele della morte”, possono essere letali, ma anche il solo appostarsi sotto questa pianta, tossica in tutte le sue parti, può essere pericoloso, ad esempio a causa del dilavamento di gocce di linfa favorito dalla pioggia. Nelle zone di diffusione, gli alberi sono marchiati con segni rossi o contrassegnati con cartelli, per mettere in guardia i visitatori. In passato i nativi usavano il succo di mancinella per avvelenare i nemici e le frecce, come quella che nel 1521 uccise il conquistador spagnolo Juan Ponce de León.

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    Mancinella (Hippomane mancinella) – Karuna Eberl/shutterstock.com

    Altre piante tossiche da temere

    Oltre a quelle che producono bacche velenose, sono molte le piante tossiche, o addirittura letali da non ingerire o maneggiare. Recentemente ci siamo occupati del colchico (Colchicum autumnalis), letale se mangiato, che può essere pericolosamente confuso con lo zafferano o con l’aglio ursino. Analogamente, il veratro (Veratrum album) può essere scambiato per la genziana, con la quale condivide l’habitat montano, e la temibile mandragora (genere Mandragora) – pianta legata a miti e riti oscuri in diverse culture – per la borragine o anche per gli spinaci. Il velenosissimo aconito (genere Aconitum) invece, assomiglia al radicchio selvatico; lo si può trovare sui prati di montagna e genera fiori a pennacchio di colore blu-viola. La stessa etimologia del nome, che deriva dal greco antico, significa “pianta velenosa”, mentre anticamente questo vegetale trovava spazio nella mitologia e veniva utilizzato per avvelenare la punta delle frecce o attentare alla vita dei nemici. Pare che a uccidere la regina Cleopatra sia stata proprio questa pianta, e non il morso di un aspide.

    mandragora

    Mandragora – Chrispo/shutterstock.com

     

    Secondo la storiografia, a dare la morte al filosofo greco Socrate è stata invece la cicuta (genere Conium), forse la più nota tra le piante tossiche. Simile al cerfoglio e al prezzemolo selvatico, in tutte le sue parti contiene alcaloidi in grado di paralizzare i muscoli e il sistema respiratorio. Fra le “piante delle streghe” già menzionate, rientra a pieno titolo anche lo stramonio (genere Datura), non a caso detto “erba del diavolo”, in passato usata per rituali sciamanici e avvelenamenti. Soprattutto i semi, ma non solo, hanno un forte potere allucinogeno e possono uccidere. Il ricino (Ricinus communis), di origine africana, è conosciuto per l’olio da esso ricavato, purgante dal gusto terribile che veniva somministrato a scopo punitivo dalle squadre fasciste, ma era conosciuto fin dall’antichità per diversi usi: i semi della pianta sono molto velenosi.

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    Cicuta (genere Conium) – Olha Solodenko/shutterstock.com

    Nell’area mediterranea è molto diffuso a scopo ornamentale, e lo si trova anche ai bordi delle strade, ma l’oleandro (Nerium oleander), in tutte le sue parti, è una pianta altamente velenosa, tanto che l’ingestione di una sola foglia potrebbe uccidere un bambino. L’Ageratina altissima, originaria dell’America settentrionale, contiene tremetolo e nell’Ottocento la sua ingestione da parte delle vacche causò la cosiddetta malattia del latte, che rendeva questo prodotto altamente nocivo.

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    Oleandro (Nerium oleander) – Amvi Jovas/shutterstock.com

    Servono prudenza e consapevolezza

    Quelle citate sono solo una parte della lunga lista di vegetali velenosi che possiamo incontrare nei parchi o nei boschi. Senza scadere in un allarmismo insensato, alla luce dei tanti rischi che un uso avventato delle piante può riservare, è chiaro che la prudenza risulta imperativa. Preparare ricette con erbe spontanee può essere un’ottima idea, che ci permette di assaggiare gusti antichi e poco conosciuti, avvicinandoci alla natura e alla sua stagionalità. Questa scelta, tuttavia, non può prescindere dalla conoscenza dei vegetali e dalla cautela che dovrebbe sempre guidarci.

     

    E voi conoscete le piante tossiche e i pericoli che possono celare?

     

    Altre fonti:

    Centro antiveleni di Milano

    Matteo è nato a Bologna e vive a San Giorgio di Piano (Bo), è giornalista, sommelier e assaggiatore di olio d'oliva, ha collaborato con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell'Università di Bologna. Per Il Giornale del Cibo si occupa di attualità, salute, cultura e politica alimentare. Apprezza i cibi e le bevande dai gusti autentici, decisi e di carattere. A tavola ama la tradizione ma gli piace anche sperimentare: per lui in cucina non può mancare la creatività, "perché è impossibile farne a meno!"

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