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Il pecorino CLA abbassa il colesterolo? Il parere del prof. Spisni

Matteo Garuti
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    Ormai da alcuni anni si discute del pecorino CLA, un tipo particolare di formaggio ovino prodotto in Sardegna, che secondo alcune ricerche avrebbe un effetto positivo sulla colesterolemia. La pubblicità che esaltava questo aspetto, tuttavia, è stata ritenuta ingannevole dalle autorità competenti, decisione alla quale ha fatto seguito una censura, mentre nell’area dell’Unione europea sarebbe una sorta di vizio di forma a frenare la promozione di questa particolare caratteristica. Ma come stanno le cose? In che modo la dieta può intervenire sui livelli di colesterolo? Il professor Enzo Spisni, fisiologo della nutrizione dell’Università di Bologna, ci aiuterà a saperne di più.

    Il caso del pecorino CLA

    Può sembrare paradossale che il colesterolo possa essere abbassato da un pecorino, prodotto conosciuto per il suo gusto inconfondibile ma anche per l’elevata percentuale di grassi saturi. I formaggi CLA (CLA = acido linoleico coniugato), però, nascono proprio per consentire questo piacere della tavola a chi deve stare molto attento alla colesterolemia, grazie alla presenza di Omega 3 (acido alfa-linoleico, ALA). Questa caratteristica, che non interviene sul piano organolettico, viene ottenuta in modo naturale, con una particolare selezione dei pascoli destinati agli ovini. Il progetto, peraltro, coinvolge in un piano di ricerche e controlli le università di Cagliari, Sassari e Pisa, gli allevatori e gli organismi sanitari del capoluogo di regione sardo.

    Quello del pecorino CLA, tuttavia, diventa un caso quando nel gennaio 2014 Il Comitato di controllo del Giurì della pubblicità si pronuncia contro una réclame dell’azienda Argiolas, che esaltava le doti anti-colesterolo del prodotto, censurandola in quanto “comunicazione commerciale ingannevole”. Il messaggio conteneva la scritta “abbasso il colesterolo” su una lavagna, con una ‘W’ rovesciata come si usa nel gergo sportivo.

    La pubblicità contestata

    Lo slogan, secondo il Giurì, avrebbe potuto favorire un’interpretazione errata, in quanto “strutturato in modo da attribuire a un prodotto alimentare come il formaggio caratteristiche sanitarie, presentate con accredito scientifico, tali da vantare, proprio attraverso un consumo costante, il risultato di una diminuzione del colesterolo”. Secondo il pronunciamento, la stessa dicitura ‘pecorino CLA’ sarebbe scorretta, “in quanto solo specifici Omega 3 possono vantare un effetto di ‘mantenimento’, e non di ‘abbassamento’, dei valori normali della colesterolemia”. La sigla ‘CLA’, inoltre, alluderebbe alla presenza di un acido grasso al quale l’Efsa non ha attribuito un “riconoscimento di specificità”. L’Unione europea, infatti, non ha ancora inserito questa sostanza nell’elenco delle indicazioni nutrizionali ammesse, aspetto che per essere modificato richiede un’autorizzazione con un iter lungo, complesso e costoso, assai oneroso per le piccole e medie aziende che dovrebbero farsene carico. Ad ogni modo, i produttori di pecorino CLA mirano a ottenere questo riconoscimento.

    Pecorino CLA: il parere del professor Spini

    pecorino cla caratteristiche

    Alessio Orru/shutterstock.com

    Difendendo il pecorino CLA e il percorso imprenditoriale e accademico alla base di questa produzione, Argiolas ha evidenziato i risultati di una ricerca pubblicata sul British Journal of Nutrition. Di questo studio abbiamo parlato con il professor Enzo Spisni, che ne ha subito evidenziato i limiti statistici, dei quali sono consapevoli gli stessi produttori di formaggio, impegnati a incrementare lo spessore scientifico delle ricerche e il campione statistico nelle future rilevazioni, per affrontare la procedura di approvazione che abbiamo descritto in precedenza.

    La ricerca in questione si basa su un numero ristretto di individui (42) – peraltro appartenenti a un territorio piuttosto circoscritto – ed è stata condotta in un arco temporale di sole tre settimane. “In venti giorni non ci si possono attendere cambiamenti drastici, infatti l’eccesso di grassi saturi nell’alimentazione produce effetti negativi per la nostra salute che si verificano nell’arco di decenni”. Inoltre, come sottolinea il professore, il test non controllava la dieta, al di là della dose giornaliera di pecorino. Il miglioramento misurato, secondo Spisni, potrebbe effettivamente spiegarsi con le qualità del pecorino CLA, che nella dieta dei soggetti presi in esame può aver sostituito un formaggio non altrettanto salutare. Tuttavia, se non si controlla esattamente l’alimentazione degli individui è difficile trarre delle conclusioni di valore universale. Questa ricerca, quindi, pur presentando risultati plausibili, non modifica le indicazioni che già possiamo trarre dalla letteratura scientifica precedente.

    Ricerca e cibi di origine animale

    In genere, ricorda Spisni, le ricerche epidemiologiche ben strutturate verificano nel corso di molti anni le casistiche delle persone che mangiano prodotti di origine animale, aspetto per il quale non esistono dubbi in merito alla nocività di un’alimentazione fortemente improntata su questi cibi. “Non esistono alimenti che fanno male in assoluto, ma l’eccesso di grassi saturi è certamente nocivo”.

    Regolarmente, però, balzano agli onori della cronaca pubblicazioni che in un certo modo “riabilitano” i grassi saturi e gli alimenti di origine animale, come lo studio PURE, presentato dai media con la conclusione che la carne non fa male e gli zuccheri possono essere molto più nocivi dei grassi, come abbiamo approfondito in un’altra intervista al professore. “Spesso si tratta di studi limitati o con campioni statistici non sufficientemente attendibili, che non spostano la massa delle informazioni scientifiche che abbiamo”.

    Dall’altra parte, però, sui danni provocati dai saturi e dalle proteine animali sono stati realizzati migliaia di studi su popolazioni ampissime, dove si dimostra che chi mangia più carne e latticini presenta maggiori rischi di tipo cardiovascolare. Pertanto, aggiunge Spisni, non c’è da meravigliarsi se saltuariamente nuove ricerche evidenziano altri aspetti o in parte ridiscutono le conoscenze assodate. “Sul colesterolo ho letto di tutto. C’è anche uno studio apparentemente ben fatto sul succo d’arancia, che abbasserebbe notevolmente la colesterolemia”. Ad ogni modo, non possiamo dimenticarci della letteratura esistente. I risultati di PURE, ad esempio, non sono stati sufficienti per rivedere le linee guida internazionali sull’alimentazione per la prevenzioni delle patologie cardiovascolari.

    Nel panorama scientifico, poi, bisogna tenere conto della presenza di ricerche sponsorizzate da aziende private portatrici di interessi, che costituiscono una quota importante, soprattutto negli Stati nei quali i finanziamenti pubblici sono scarsi.

    Alimentazione delle pecore e caratteristiche dei formaggi

    alimentazione pecore pecorino sardo

    Ekaterina Pokrovsky/shutterstock.com

    Il professor Spisni conferma che il pascolo può influire sul profilo nutrizionale del pecorino, aspetto che vale per tutti gli alimenti di origine animale, come abbiamo visto nel nostro approfondimento sull’allevamento estensivo. La dieta delle pecore, quindi, può migliorare il contenuto lipidico finale del formaggio, e la ricerca in questione si concentra sul CLA, un acido grasso già trattato da molti studi e commercializzato anche in forma di integratori, ma rispetto al quale è meglio essere prudenti prima di trarre conclusioni definitive. Tutto quello che si può dimostrare riguardo a particolari nutrienti come i CLA, comunque, non toglie nulla alla pericolosità dei grassi saturi e alle conoscenze già assodate sulla carne e sui latticini.

    Ad ogni modo, per il professore sarebbe poco realistico pensare di creare tipi di latte più salutari, non considerando gli effetti negativi dovuti ai saturi e alle caseine che un forte consumo di questo alimento può comunque favorire. Bisogna poi valutare il problema ambientale, perché com’è noto il pianeta non può sostenere un uso troppo elevato di prodotti di origine animale.

    Come limitare il colesterolo

    come limitare il colesterolo

    udra11/shutterstock.com

    Come abbiamo visto nel nostro articolo sui nuovi parametri del colesterolo, oggi si considerano limiti sempre più stringenti, pur avendo una popolazione che dopo i cinquant’anni in gran parte è al di sopra dei 200 mg/dl, valore considerato come soglia da non superare. Anche alla luce di queste considerazioni, il professor Spisni sottolinea che la colesterolemia è un dato multifattoriale e complesso da analizzare nell’ottica delle cause. I fattori in gioco sono tanti, e spesso si tende a sopravvalutare il ruolo dell’alimentazione. “Si pensi che le persone anoressiche in fase avanzate hanno ipercolesterolemia, chi segue una dieta vegana può avere il colesterolo alto, mentre ci possono essere forti consumatori di carne con valori ben più bassi”. Anche dal punto di vista nutrizionale, questo parametro dipende da molte componenti, e non ce n’è una sola in grado di spostare nettamente i valori. La base genetica è fondamentale, e quasi sempre nelle persone che hanno ipercolesterolemia familiare i livelli si abbassano solo coi farmaci.

    Per chi invece non rientra in questa casistica, l’alimentazione è importante, ma non va pensata in senso privativo, nell’idea di mangiare solo alimenti senza colesterolo. Secondo il professore, è più corretto seguire una dieta equilibrata, con sufficienti quantità di fibra e antiossidanti. “In base ad alcune ipotesi, il colesterolo ossidato – oltre a essere più nocivo perché si deposita maggiormente nelle arterie, formando le placche arteriosclerotiche – viene scarsamente riconosciuto dal fegato, che reagisce producendone altro.

    Questa reazione dipende dalle cotture dei cibi, ma soprattutto dalla carenza di antiossidanti endogeni, in grado di contrastare l’ossidazione, e per questo è importante mangiare alimenti in grado di apportare questi nutrienti. I grani antichi, ad esempio, essendo ricchi di polifenoli e di fibre, possono aiutare a contenere la colesterolemia. Le compresse di Omega 3, oggi piuttosto in voga, hanno una discreta efficacia, ma è sempre preferibile mangiare pesce azzurro per assumere questi acidi grassi. Nel complesso, con una dieta corretta i valori di colesterolo si possono abbassare indicativamente di 20-30 punti”.

    Un’altra componente decisiva è l’attività fisica, perché aiuta a bilanciare il rapporto fra colesterolo cattivo (LDL) e buono (HDL) a favore di quest’ultimo, riducendo quindi il rischio cardiovascolare, con un’importante funzione anti-infiammatoria per tutto l’organismo.

    Non c’è uno sport in particolare da preferire contro il colesterolo, però è importante mantenere un’intensità discreta ma non eccessiva, possibilmente bilanciando la componente aerobica (jogging, ciclismo, ecc.) con quella anaerobica (pesistica, fitness, ecc.). Come sempre, “bisogna scegliere un’attività che sia adatta al proprio stato di forma, secondo le preferenze individuali, ma l’importante è muoversi” conclude Spisni.

     

    E voi conoscevate il pecorino CLA? Fate qualcosa per limitare i vostri valori di colesterolo?

     

    Altre fonti:

    Argiolas
    Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria – IAP
    Regolamento CE 1924/06
    Regolamento CE 353/2008
    British Journal of Nutrition
    PMC – U.S. National Library of Medicine, National Institutes of Health

    Matteo è nato a Bologna e vive a San Giorgio di Piano (Bo), è giornalista, sommelier e assaggiatore di olio d'oliva, ha collaborato con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell'Università di Bologna. Per Il Giornale del Cibo si occupa di attualità, salute, cultura e politica alimentare. Apprezza i cibi e le bevande dai gusti autentici, decisi e di carattere. A tavola ama la tradizione ma gli piace anche sperimentare: per lui in cucina non può mancare la creatività, "perché è impossibile farne a meno!"

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