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Pasta risottata

Adriana Angelieri

C’è uno strepitoso piatto italiano, il risotto. E c’è unorribile neologismo “risottare”.

Il verbo è applicato a una tecnica di cucina che sembra una novità ma invece non lo è, e che tratta la pasta come se fosse il riso del risotto. Anziché  venire lessata in abbondante acqua bollente per poi essere mantecata con il sugo, la pasta viene tostata in  tegame in un grasso di cottura e poi bagnata con il brodo bollente (almeno si spera) fino a cottura. Tecnica e verbo hanno destato l’entusiasmo di alcuni, neanche troppi direi, e di certo non il mio. La pasta risottata risulta troppo legata al condimento in un appiccicoso abbraccio amidaceo. Perde il suo sapore originale e si smarrisce il contrasto tra la sua personalità e quella del sugo. Ne soffre anche la cottura, più difficile da azzeccare. Dicevo che non è neppure una novità. La pasta e patate napoletana è più o meno risottata, ma si si tratta di una semi-minestra nella quale la cremosità finale un po’ brodosa è ben accetta. La cucina si evolve e le novità sono la sua linfa vitale. Noi plaudiamo solo quelle con un senso, costruttive e non solo modaiole.
di Martino Ragusa

Siciliana trasferita a Bologna per i tortellini e per il lavoro. Per Il Giornale del Cibo revisiona e crea contenuti. Il suo piatto preferito può essere un qualunque risotto, purché sia fatto bene! In cucina non devono mancare: basilico e olio buono.

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