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Obesità infantile: l’epidemia negli ultimi dati dell’OMS

Elena Rizzo Nervo
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    Secondo uno studio condotto dall’Imperial College di Londra e dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), il numero di bambini e adolescenti obesi (tra i 5 e 19 anni) è aumentato di 10 volte negli ultimi 40 anni, mentre in Italia è cresciuto di quasi 3 volte nel 2016 rispetto al 1975.

    Ecco allora che, anche a fronte delle dimensioni dello spreco di cibo e dell’altrettanto preoccupante dato che riguarda, invece, la fame nel mondo, obesità e sovrappeso diventano indicatori della società e vanno affrontati dal punto di vista medico, ma anche culturale e sociale.

    Ma quali sono i dati più recenti del fenomeno a livello globale ed europeo?

    Obesità e denutrizione: le due facce della malnutrizione

    Obesità

    Obesità e denutrizione sono le due facce delle contraddizioni legate all’alimentazione. Nel 2016, per la prima volta dopo 10 anni, la fame nel mondo è tornata a crescere (e non a diminuire), e oggi coinvolge 821 milioni di persone (Rapporto FAO 2018). A contribuire a questo dato un circolo vizioso che intreccia cambiamenti climatici, siccità, carestie, guerre e crisi economiche. L’obiettivo Zero Hunger nel 2030 sembra lontano, tanto che i responsabili del Rapporto annuale delle Nazioni Unite hanno dichiarato che: “Se vogliamo raggiungere un mondo senza fame e malnutrizione in tutte le sue forme entro il 2030, è imperativo accelerare e aumentare gli interventi per rafforzare la capacità di recupero e adattamento dei sistemi alimentari e dei mezzi di sussistenza delle popolazioni in risposta alla variabilità climatica e agli eventi meteorologici estremi”.

    Eppure, aumentano anche le persone obese, oggi 672 milioni in tutto il mondo, per cui l’Organizzazione mondiale della sanità parla di un problema di sanità pubblica, dove sovrappeso e obesità incidono sulla mortalità mondiale più della denutrizione. Le maggiori preoccupazioni riguardano i giovanissimi: infatti, soprattutto quando è presente in età pediatrica, l’obesità si associa a una precoce insorgenza di patologie croniche, in particolare diabete, malattie cardiovascolari e respiratorie e cancro.

    Trend in aumento a livello globale

    obesità bambini

    Il fenomeno non riguarda solo l’Occidente, ma il trend è in aumento anche in Cina, in Messico, in Thailandia e in Africa. Nel rapporto Unicef “Diamogli peso: l’impegno dell’Unicef per combattere la malnutrizione”, pubblicato a dicembre 2018, emerge infatti che nel continente africano insieme a quello asiatico, si concentrano le percentuali più alte delle tre forme di malnutrizione infantile: cronica, acuta e sovrappeso. In particolare, nei dati del Rapporto, il 46% dei bambini in sovrappeso si trova in Asia e il 25% in Africa.

    Le cause alla base della crescita di sovrappeso e obesità infantili sono molteplici: adulti e bambini vivono sempre più in città, dove ci si sposta in macchina o con i mezzi pubblici, conducendo una vita sedentaria e con facilità di accesso a cibi pronti e bevande industriali e pochi spazi per l’attività fisica all’aria aperta. Tutto questo contribuisce a creare “l’ambiente obesogenico” di cui parla l’Organizzazione mondiale della sanità e che mette a rischio la salute dei più piccoli, soprattutto nei Paesi in cui mancano politiche di educazione alimentare e programmi di informazione sui rischi di una cattiva alimentazione, misure che invece i paesi occidentali stanno attivando già da qualche tempo.

    Ad aprile 2019 l’Organizzazione mondiale della sanità ha pubblicato le nuove linee guida su attività fisica, comportamento sedentario e sonno per i bambini sotto i 5 anni di età, sottolineando come “i comportamenti salutari e le abitudini acquisite da piccolissimi si mantengono anche durante l’infanzia, adolescenza ed età adulta”. Come riportato nella sintesi dell’Istituto superiore di sanità, tra le raccomandazioni principali c’è quella riferita al tempo, da trascorrere il più possibile in movimento invece che seduti, e l’indicazione di dormire sonni tranquilli, con orari regolari, dalle 10 alle 17 ore al giorno, compresi i sonnellini, a seconda che si tratti di neonati, bimbi di 1 – 2 anni o di 3 – 4 anni.

    Obesità infantile in Europa e in Italia

    Al Congresso europeo sull’obesità a Glasgow nell’aprile 2019, l’OMS ha presentato due studi con nuovi dati sull’obesità infantile in Europa, raccolti attraverso la Childhood Obesity Surveillance Initiative (COSI). Il primo, intitolato “Prevalenza dell’obesità grave tra i bambini delle scuole primarie in 21 paesi europei”, ha evidenziato come siano 400.000 i bambini di età compresa tra 6 e 9 anni colpiti da obesità grave tra i circa 13,7 milioni di bambini che vivono nei 21 paesi partecipanti.

    In Italia nella fascia d’età 8-9 anni, 3 bambini su 10 sono in eccesso ponderale e 2 bambini su 5 trascorrono più di due ore al giorno in attività sedentarie.
    Anche da noi, quindi, patria della dieta mediterranea, l’obesità infantile è un fenomeno diffuso, seppure in diminuzione. L‘osservatorio ministeriale “OKkio alla SALUTE”, sistema di sorveglianza sul sovrappeso e l’obesità nei bambini delle scuole primarie (6-10 anni), ha evidenziato un progressivo calo dell’obesità infantile in Italia:

    • per l’obesità, si è passati dal 12% del 2008/2009 al 9,3% del 2016, con una diminuzione relativa del 22,5%
    • per il sovrappeso, si è passati dal 23,2% del 2008/2009 al 21,3% del 2016, con una diminuzione relativa dell’8% (anche se si osserva un leggero aumento, non statisticamente significativo, del sovrappeso nell’ultima rilevazione rispetto a quella del 2014).

    Il secondo studio, “Associazione tra le caratteristiche al momento della nascita, l’allattamento al seno e l’obesità, in 22 Paesi”, ha rilevato che tra i bambini allattati al seno per almeno sei mesi ci sono meno obesi rispetto ai piccoli che sono stati allattati al seno per meno tempo, o che non lo sono stati affatto. Nonostante siano ormai noti i benefici dell’allattamento al seno, a livello europeo manca ancora una cultura radicata su questo aspetto e l’allattamento al seno esclusivo per i primi 6 mesi o più, non raggiunge ancora l’adesione diffusa e sperata, con alcuni casi rilevanti: in Irlanda il 46% dei bambini non veniva mai allattato al seno, in Francia il 38% e a Malta il 35%.
    I motivi? Secondo l’OMS si tratta di scarse politiche per incoraggiare l’allattamento al seno, della mancanza di preparazione di alcuni operatori sanitari per favorire questa pratica, ma anche del marketing intensivo da parte delle aziende produttrici di sostituti del latte materno, senza dimenticare la necessità di politiche adeguate a sostegno della maternità.

    “La promozione dell’allattamento al seno è un’opportunità in ottica di prevenzione dell’obesità, per rispondere al problema dell’obesità infantile in Europa” ha affermato Joao Breda, a capo della Childhood Obesity Surveillance Initiative (COSI) dell’OMS.
    Ma la prevenzione passa anche da corretti stili di vita e dall’educazione alimentare.

    Bevande zuccherate e sedentarietà tra le prime cause di obesità infantile

    Per l’OMS non ci sono dubbi: l’obesità infantile è dovuta soprattutto a junk food e bevande zuccherate. Le cause a livello generale sono multifattoriali poiché riguardano l’alimentazione, la sedentarietà, la predisposizione e anche una scarsa percezione del grado di sovrappeso dei figli da parte dei genitori. In Italia, gli ultimi dati del sistema di sorveglianza OKkio alla Salute (dati nazionali 2016), rivelano che il 37% delle madri dei bambini in sovrappeso o obesi ritiene che il proprio figlio sia sotto o normopeso, e solo il 38% di quelle dei bambini fisicamente poco attivi, pensa che effettivamente il proprio figlio non svolga abbastanza attività motoria.

    Il ruolo della scuola: mensa, attività fisica, educazione alimentare

    Come evidenziato nella sintesi dei dati 2016 di Okkio alla Salute, in Italia la scuola svolge un ruolo chiave nella lotta a sovrappeso e obesità, grazie alle proposte di attività fisica, anche extracurriculari, di percorsi di promozione della sana alimentazione, che coinvolgono le famiglie, come il progetto ministeriale “Frutta e verdura nelle scuole” e anche grazie alla mensa, presente nel 72% delle scuole. Qui, dietisti, nutrizionisti e Asl si occupano della scelta di menù bilanciati e sani, che tengono conto dell’età dei bambini e del loro fabbisogno nutritivo. Senza dimenticare l’importanza della condivisione del pasto, della socialità e delle regole, anche alimentari, in fase di sviluppo.

    Tra le numerose iniziative di sensibilizzazione, per promuovere una cultura della prevenzione e ridurre l’obesità nei bambini e nei giovani (6-18 anni), anche il bando “Premio sanitario Ue 2019” lanciato dalla Commissione europea, i cui vincitori saranno annunciati a ottobre 2019 a Bruxelles.

    A queste tematiche Il Giornale del Cibo ha dedicato la campagna “Crescere a Tavola”, avete già letto i nostri approfondimenti?

    Giornalista pubblicista, laureata in Sociologia, Elena dal 2021 è la Direttrice responsabile de Il Giornale del Cibo. Cresciuta a pane, politica e musica, da bimba si fa regalare una macchina da scrivere perché vuole fare la scrittrice (tutto pur di non occuparsi di numeri!). Lavora prima all’Associazione Italiana Agricoltura Biologica dell’Emilia Romagna e in un’agenzia di eventi, poi si dedica alla comunicazione per il web. Responsabile dei progetti editoriali di Noetica, dal 2016 scrive per Il Giornale del Cibo di attualità, sostenibilità e sana alimentazione. Ama cucinare ed è fan del carboidrato in tutte le sue forme. Per lei in cucina non può mancare una bottiglia di vino, "perché se c'è il vino c'è anche la buona compagnia".

    Una risposta a “Obesità infantile: l’epidemia negli ultimi dati dell’OMS”

    1. Carlo ha detto:

      L’escalation di obesità segue l’escalation del consumo di carboidrati. Le bevande zuccherine sono una minima parte del problema, il problema sono i 400/500 grammi di carboidrati che un italiano medio assume ogni giorno (provenienti da pane, pasta, riso ecc.). Questi, trasformati in glucosio, devono essere poi trasformati in grassi che si depositano in speciali cellule o rimangono liberi come colesterolo ossidato e trigliceridi nel sangue. Questi grassi si concentrano su fianchi e addome. Il sangue non tollera infatti che concentrazioni minime di glucosio. I grassi di altra origine, invece, provocano anche la produzione di ormoni che inibiscono la fame e producono un grasso più “sano”, meno ossidante, che viene immagazzinato uniformemente nel corpo perciò non producono obesità.

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