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Il microbiota intestinale aiuta a predire l’obesità infantile: la ricerca dell’Unibo

Angela Caporale
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    Il microbiota intestinale, ovvero l’insieme di microrganismi che si trovano nell’intestino, svolge un ruolo molto importante per la salute. Un recente importante studio dell’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, pubblicato sulla rivista Communications Biology, ha scoperto come la conoscenza della composizione del microbiota intestinale possa aiutare anche a predire il rischio di sviluppo dell’obesità infantile. Si tratta di un’ottima notizia perché consentirebbe di elaborare dei consigli nutrizionali ancor più personalizzati, rispetto a quanto è possibile fare oggi, per evitare l’aumento eccessivo di peso nei bambini e le conseguenze che questo comporta. Per comprendere meglio quale potrebbe essere l’impatto sulla salute e sull’alimentazione di questa scoperta, abbiamo intervistato la dottoressa Silvia Turroni e il dottor Simone Rampelli, membri del gruppo di ricerca.

    L’importanza del microbiota intestinale: la ricerca dell’Università di Bologna

    I risultati della ricerca, che ha coinvolto 70 bambini per un periodo di quattro anni, sono molto interessanti ai fini di una adeguata prevenzione dell’obesità infantile, una patologia che è stata definita come l’epidemia del millennio per la pervasività su scala globale e la gravità delle conseguenze.

    Prima di parlare delle scoperte del team di Bologna, chiediamo alla dottoressa Turroni, per introdurre e meglio comprendere l’argomento, di definire che cosa sia il microbiota intestinale e quale sia la sua funzione.

    Silvia Turroni – “Con il termine ‘microbiota intestinale’ si intende la complessa comunità di microrganismi, principalmente batteri ma anche funghi e virus, che a migliaia di miliardi popolano il nostro intestino. Si tratta di un ecosistema che vive in un rapporto di mutualismo con l’organismo ospite e che esercita una profonda influenza su diversi aspetti della nostra fisiologia. Sintetizza, infatti, le vitamine; consente l’estrazione di energia dalle fibre, altrimenti indigeribili; esercita un effetto barriera, vale a dire ci protegge da microrganismi patogeni, e regola lo sviluppo e la funzionalità del nostro sistema immunitario, endocrino e nervoso.

    Tali comunità microbiche possiedono un elevato grado di plasticità, ovvero si adattano, anche piuttosto rapidamente, a cambiamenti in variabili endogene e/o ambientali, come età, dieta o, in generale, stile di vita. Tuttavia, in alcune condizioni come abitudini alimentari scorrette, infezioni, infiammazione e assunzione di farmaci, possono indurre sbilanciamenti o alterazioni nel profilo del microbiota intestinale, tecnicamente dette disbiosi, che compromettono il mutualismo e scatenano o consolidano un eventuale stato patologico. Ad oggi, infatti, le disbiosi intestinali sono state associate a molteplici disordini, incluse obesità e diabete di tipo 2.”

    microbiota

    Alpha Tauri 3D Graphics/shutterstock.com

    Nello studio del microbiota intestinale e dei suoi effetti sulla salute si intrecciano una varietà di fattori. Quali sono, dunque, le ragioni che hanno portato a focalizzare l’attenzione di ricerca proprio sul tema dell’obesità infantile?

    Simone Rampelli – “Lo studio nasce all’interno di ‘MyNewGut’, progetto europeo da poco conclusosi, che ha visto il coinvolgimento di circa 30 partner, tra centri di ricerca, aziende e accademia, inclusa l’Università di Bologna. Tra gli scopi del progetto vi era proprio quello di definire il contributo del microbiota intestinale al metabolismo dei nutrienti e al bilancio energetico dell’ospite, così come quello di identificare possibili fattori predittivi del rischio di obesità e disordini metabolici correlati. La letteratura sul tema ha fornito, negli ultimi anni, interessanti evidenze sul coinvolgimento del microbiota, specialmente nel contesto dell’obesità e della resistenza insulinica, anche se i dati riportati sono solo parzialmente consistenti e il ruolo del microbiota nell’insorgenza e progressione di patologie rimane tuttora controverso.”

    ricerca unibo microbiota

    Sergei Drozd/shutterstock.com

    Per giungere alla recente pubblicazione dedicata appunto all’obesità infantile, come è stato condotto lo studio e quali sono stati i risultati a vostro avviso più rilevanti raggiunti?

    S.R. – “In questo studio, ci siamo occupati di microbiota intestinale e obesità in bambini e adolescenti di età compresa tra i 4 e i 15 anni. Nello specifico, abbiamo caratterizzato i campioni fecali di 70 bambini di diversa nazionalità, a due intervalli di tempo, a distanza di 4 anni l’uno dall’altro. Tutti i bambini erano normopeso al primo campionamento, mentre in corrispondenza del secondo, la metà di essi aveva sviluppato obesità. I dati del microbiota intestinale, ottenuti tramite le più moderne tecnologie di sequenziamento, sono stati analizzati assieme a quelli relativi a dieta, stato socio-economico della famiglia, parametri antropometrici, biochimici e infiammatori, e attività fisica.

    Lo studio dimostra l’esistenza di particolari configurazioni del microbiota, a bassa biodiversità e caratterizzate da microrganismi pro-infiammatori, correlate in maniera esclusiva all’obesità e associate a più alti livelli di infiammazione e ad una dieta poco diversa, ricca in grassi e carboidrati. Ma il dato sicuramente più rilevante è che tali configurazioni erano già presenti al primo campionamento, ovvero quando il bambino era ancora normopeso, il che suggerisce l’importanza del microbiota intestinale come possibile fattore predisponente lo sviluppo di obesità.”

    microbiota e obesità infantile

    winnond/shutterstock.com

    Per quale ragione, dunque, scoprire che esiste questo nesso tra il microbiota intestinale e il rischio di sviluppo dell’obesità infantile è rilevante?

    S.T. – “Pur coi limiti di uno studio prospettico basato su una piccola coorte di soggetti, i nostri dati evidenziano la rilevanza del microbiota intestinale come ulteriore fattore da monitorare per garantire la salute del bambino, evitando eccessivi aumenti di peso e tutti i rischi che ne conseguono. Integrato con dati dell’ospite, incluse abitudini alimentari e stile di vita, il profilo del microbiota intestinale potrebbe aiutare a determinare il personale rischio di sviluppare obesità e a guidare strategie di intervento atte a sfavorirne l’insorgenza in soggetti predisposti.”

    È possibile sin da ora immaginare quali possono essere i risvolti pratici, in termini di dieta e alimenti da preferire o evitare, derivanti dal vostro studio?

    S.T. – “Riteniamo che il nostro studio possa contribuire ad aprire una nuova prospettiva nella gestione e prevenzione dell’obesità infantile, una prospettiva in cui la modulazione del microbiota rappresenta un nuovo ed importante complemento a quelle che sono le attuali strategie di intervento. Verosimilmente in un futuro prossimo, il rischio di un aumento eccessivo di peso nel bambino potrà essere controllato mediante raccomandazioni alimentari su misura che, oltre ad aumentare la diversità della dieta limitando nel contempo cibi poco salutari, tengano in considerazione anche il profilo personale di microbiota, con il preciso intento di sfavorire configurazioni disbiotiche pro-infiammatorie predisponenti l’insorgenza di obesità. Fermo restando questo, vorrei sottolineare che il nostro studio evidenzia la rilevanza anche dello stile di vita e, in particolar modo, dell’attività fisica, come ulteriore tassello del complesso mosaico che è l’obesità, capace di esercitare un importante effetto protettivo.”

     

    Eravate già a conoscenza dell’impatto sul nostro organismo del microbiota intestinale?

    Passaporto friulano e cuore bolognese, Angela vive a Udine dove lavora come giornalista freelance. Per Il Giornale del Cibo scrive di attualità, sociale e food innovation. Il suo piatto preferito sono i tortelloni burro, salvia e una sana spolverata di parmigiano: comfort food per eccellenza, ha imparato a fare la sfoglia per poterli mangiare e condividere ogni volta che ne sente il bisogno.

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