Jimbocho Den ristorante

In volo per cenare da Jimbocho Den: il Ristorante per cui vale il viaggio

Giovanni Angelucci

Vi avevamo raccontato alcune delle più autentiche anime del Giappone, ma un viaggio nel paese del Sol Levante può dipendere anche soltanto dalla scelta di un ristorante: quando si dice “vale il viaggio”.

Jimbocho Den: Ristorante giapponese per cui vale il viaggio

Ebbene Tokyo, la New York giapponese silenziosa ed ordinata, merita la scelta soltanto per una cena al ristorante Jimbocho Den. Zaiyu Hasegawa è il giovane e popolare chef che è riuscito a creare un luogo in cui convivono divertimento e alta cucina. Dimenticate per un attimo le formalità e il servizio “abbottonato” e rilassatevi al bancone del Den. Recentemente premiato dalla World’s 50 Best Restaurants 2016 con il One to Watch Award, posizione 37 nella Asia’s 50 Best e 77 nella mondiale, fino al 2014 deteneva ben due stelle Michelin e oggi la sua unica stella brilla come non mai: “cucino per i miei clienti e mi interessa solo il loro giudizio”.

La storia di Zaiyu Hasegawa

Zaiyu Hasegawa

Trentasettenne, ha creato e aperto il Den quando ne aveva ventinove, in realtà ha iniziato molto tempo prima quando la madre, che lavorava come geisha nei raffinati ristoranti a gestione familiare (ryōtei), lo ha introdotto facendo nascere le sue prime esperienze in cucine di livello. Oggi pare ancora un ragazzino, stravede per lo chef italiano Matias Perdomo e ha un perenne sorriso stampato sulla faccia, un giovane cuoco in grado di concepire alcuni piatti tanto mirabolanti quanto eseguiti alla perfezione.

La location

Jimbocho Den

Il Den è un piccolo locale, senza contare il piano superiore a cui accedere solo per eventi privati, la sala principale mette a disposizione un lungo banco in legno con dieci posti direttamente di fronte alla cucina in cui lavora una brigata di cinque ragazzi più i quattro addetti al servizio. Il simbolo del ristorante sono due pulcini che si guardano e rappresenta la nuova vita e il nuovo inizio, quello di ogni giorno, sia per il menù che varia continuamente sia per l’ingrediente principe, il riso utilizzato sempre fresco e mai invecchiato.

La proposta

Si mangia solo a cena e non si ordina alla carta ma si segue il menù che il ristorante ha pensato per la giornata. Verdure e vegetali sono immancabili, sono gli ingredienti preferiti da chef Zaiyu. Cucina kaiseki (serie di pietanze servite in piccole porzioni un tempo scelte per la cerimonia del tè) rinnovata e a base di vegetali, carne e pesce.

Dal menù

menu giapponese

Da soli la coscia di pollo fritta farcita con riso mochi, pinoli e verdure di montagna o l’insalata Den con venti diverse varietà servite a cotture differenti e crude, valgono la prenotazione (da fare con largo anticipo). Però poi c’è anche il monaka (dolce tradizionale giapponese) ad aprire il percorso, ripieno di foie gras marinato in miso bianco, cachi e radicchio affumicato, uno snack tipicissimo del paese reinventato in versione salata. O il misuji (sezione della spalla di manzo) servito con sottaceti giapponesi e zuppa di miso, il sashimi rivisitato di kuromustu (simile al tonno o sgombro) con salsa di alghe e il meraviglioso junsay servito in ciotola, un piatto freddo a base di frutto della passione, gelatina di pomodoro, semi di basilico e gelatina di dashi (brodo di pesce).

Alta cucina, pulizia, precisione, ordine, tanta conoscenza e soprattutto molto divertimento in una delle migliori tavole del Giappone. Se invece siete a Milano ma volete mangiare giapponese allora non potete che prenotare in uno degli indirizzi che vi abbiamo consigliato.

Giornalista e gastronomo, collabora con numerose riviste e quotidiani che si occupano di cibo e viaggi tra le quali spiccano La Stampa, Dove e la Gazzetta dello Sport. I suoi piatti preferiti sono gli arrosticini (ma che siano di vera pecora abruzzese) e gli agnolotti del plin con sugo di carne arrosto. Dice che in tavola non può mai mancare il vino (preferibilmente Trebbiano Valentini o Barbaresco Sottimano).

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