allevamento etico

Allevamento etico: un’alternativa sostenibile?

Angela Caporale
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    Sono numerose le inchieste e gli studi che hanno evidenziato quanto sia pesante il costo in termini ambientali e non soltanto del sistema di allevamento intensivo. Questa è una delle ragioni che porta molte persone a scegliere un’alimentazione vegetariana o vegana, ma lascia aperti numerosi interrogativi anche in chi desidera seguire una dieta sostenibile senza rinunciare a carne e pesce.
    È bene ricordare che nel nostro Paese esiste un Piano nazionale per il benessere animale ed è attiva una rete di controllo nazionale per verificare che determinati standard previsti per legge siano rispettati. In aggiunta, è nata, in Italia, la rete “Allevamento Etico”, un’associazione di produttori che in trasparenza dichiara quali sono gli standard che rispetta e suggerisce al consumatore un elenco di indirizzi a cui rivolgersi per consumare carne in maniera rispettosa dell’ambiente e anche, almeno in parte, del benessere degli animali.

    Allevamento etico: un’alternativa per chi non rinuncia alla carne

    everest/shutterstock.com

    Il tema dell’etica applicata all’allevamento e, più in generale, al consumo di carne, coinvolge aspetti e scelte personali che possono generare dibattiti molto accesi. Allevamento etico è un’etichetta che alcuni allevatori del settore hanno deciso di darsi per poter sottolineare e raccontare le scelte che compiono e valorizzare le proprie ragioni. L’attributo di eticità a un sistema di allevamento infatti, esattamente come quando si parla di benessere animale, va interpretato in un contesto di sfruttamento intensivo dei capi e di non curanza delle esigenze fisiologiche degli animali.

    A questa tendenza, molto diffusa, vogliono rispondere le aziende che hanno aderito alla campagna Allevamento Etico, per dimostrare che un’alternativa esiste. Come sottolineano i promotori, quelli che seguono “sono metodi di allevamento dove l’attenzione per le esigenze etologiche e comportamentali dell’animale sono alla base del rapporto uomo-animale allevato, così come il rispetto dell’ambiente e l’attenzione verso un’elevata qualità del prodotto”. 

    Oltre ad attenersi alle linee guida definite dal manifesto dell’Allevamento Etico, gli autori dell’iniziativa recensiscono le aziende che prestano attenzione alle esigenze etologiche e comportamentali dell’animale, per dare al consumatore uno strumento concreto, al momento dell’acquisto.

    Il manifesto di Allevamento Etico

    Secondo il manifesto di Allevamento Etico, i criteri di eticità dell’allevamento riguardano sia l’attività dell’azienda che il trattamento degli animali. In primo luogo, infatti, è fondamentale che almeno il 50% del cibo per gli animali sia prodotto direttamente nell’azienda, che può così incrementare in maniera naturale la fertilità dei terreni, trasformando un elemento potenzialmente inquinante in una risorsa per il territorio. 

    Altro elemento cruciale è la trasparenza: ci si aspetta, infatti, che un allevatore etico conosca la provenienza del mangime che acquista e che prediliga prodotti non OGM e a basso impatto ambientale. Si richiede, inoltre, l’obbligatoria presenza di un piano alimentare rispettoso delle esigenze dell’animale: la dieta dev’essere adeguata alle necessità fisiologiche ed etologiche.

    Ci sono, poi, una serie di criteri che riguardano più strettamente il trattamento riservato all’animale. Si sottolinea, per esempio, che vadano assolutamente rispettate le cinque libertà a tutela del benessere della specie allevata, considerata come composta da “esseri senzienti”. La razza scelta dev’essere adatta all’ambiente in cui si colloca l’azienda, seguita da una figura professionale e, quando possibile, autoctona o in via di estinzione.

    Assolutamente vietate le forme di mutilazione degli animali, tranne in due casi regolati dal disciplinare: decornazione del bovino e castrazione dei suinetti maschi. Si raccomanda che queste operazioni vengano svolte nei tempi e nei modi adeguati, potendo la necessaria attenzione per ridurre al minimo la sofferenza degli animali.

    L’ambiente “etico” per l’allevamento

    WDnet Creation/shutterstock.com

    Il manifesto di Allevamento Etico dedica spazio anche alla descrizione di quali sono le condizioni ideali per l’accoglienza dei vari animali e quali sono le figure professionali necessarie. 

    Le condizioni imprescindibili sono sintetizzate così:

    • gli animali devono essere liberi e possono essere legati solo su indicazione di un veterinario, che ne determina anche la durata e chiarisce le motivazioni; 
    • gli animali devono essere in salute, nutriti secondo quanto anticipato e non devono presentare lesioni di nessun tipo, in particolare di tipo cronico;
    • gli spazi dell’allevamento devono essere confortevoli, puliti e asciutti sia d’inverno che d’estate, e devono permettere agli animali di manifestare il loro comportamento di specie;
    • gli ambienti e le strutture devono essere sicuri e non provocare alcun trauma agli animali;
    • gli ambienti devono essere ben ventilati ed esposti alla luce solare, a seconda di quanta ne necessitano gli animali; 
    • deve essere presente una zona all’aperto senza sovraffollamento;
    • le attrezzature devono essere funzionanti.

    Inoltre, si richiede la presenza di uno staff quantitativamente e qualitativamente in grado di gestire gli animali allevati. Tutte le attività che vengono effettuate sull’animale richiedono competenza e conoscenza, caratteristiche che, secondo la campagna Allevamento Etico, non possono mai mancare in qualsiasi momento. Si propone, inoltre, l’obbligo di un veterinario aziendale che segua la gestione ordinaria della salute degli animali, e la cura in caso di patologie. Si prediligono cure naturali, riducendo al minimo i trattamenti antibiotici ed escludendo, se possibile, antiparassitari di origine chimica.

    Dall’allevamento al piatto

    De Repente/shutterstock.com

    Il manifesto di Allevamento Etico conclude, infine, dedicando spazio alle caratteristiche necessarie a proposito di macellazione, trasporto e confezionamento del prodotto finale. Innanzitutto, si richiede che il trasporto dell’animale al macello debba essere attuato in condizioni di tranquillità ed evitando un animale alla volta. Fondamentale la scelta della struttura con cui collaborare che dev’essere vicina all’allevamento e deve rispettare le normative sull’applicazione di buone pratiche di macellazione. È resa obbligatoria l’eutanasia, invece, in caso di animali con lesioni gravi, impossibili da curare, e su suggerimento del veterinario aziendale.

    A tal proposito, vengono evidenziate anche delle condizioni di merito, non obbligatorie, ma che rendono l’attività dell’allevamento più etica. Tra queste, la macellazione in azienda, oppure all’arrivo al macello senza dover far sostare gli animali in un luogo sconosciuto; si suggerisce, inoltre, di abituare gli animali a operazioni di carico/scarico oppure di modifiche ambientali e si richiede agli operatori dell’allevamento di accompagnare i capi al macello in maniera tale che resti accanto a loro una persona conosciuta. 

    Fondamentali, infine, le garanzie per il consumatore. Il prodotto realizzato da un allevamento etico dev’essere in regola con tutti gli adempimenti di legge a proposito dei controlli sanitari, e ha l’obbligo di garantire la tracciabilità del prodotto. Qualsiasi garanzia ulteriore, compresa quella realizzata attraverso la tecnologia, sono considerati una condizione di maggior merito.

    Avete mai riflettuto sulla filiera della carne? Avete mai valutato questi aspetti prima di compiere un acquisto?

     

    Passaporto friulano e cuore bolognese, Angela vive a Udine dove lavora come giornalista freelance. Per Il Giornale del Cibo scrive di attualità, sociale e food innovation. Il suo piatto preferito sono i tortelloni burro, salvia e una sana spolverata di parmigiano: comfort food per eccellenza, ha imparato a fare la sfoglia per poterli mangiare e condividere ogni volta che ne sente il bisogno.

    Una risposta a “Allevamento etico: un’alternativa sostenibile?”

    1. fra ha detto:

      ma è uno scherzo?
      se l’animale viene fatto nascere SOLO per essere sfruttato e macellato lo chiamate allevamento etico?

      avessero messo gli schiavi in cabine di prima classe per deportarli nelle piantagioni lo avreste chiamato schiavismo etico?

      ma vergognatevi, nel 2021 si può vivere senza mangiare gli animali. Se non riuscite è perchè l’amore per la vostra “panza” viene prima del rispetto per un essere vivente di cui non avete bisogno. Basta riconoscerlo invece di arrampicarvi sugli specchi

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