Come viene prodotto il Foie Gras etico?

Giulia Ubaldi
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    Immaginate un grande bosco di querce e lecci, pieno di animali liberi che si nutrono naturalmente di erbe, olive e ghiande. Ecco, non è un sogno, ma un paradiso che esiste realmente, nella parte meridionale occidentale della Penisola Iberica, nella regione dell’Estremadura: la Dehesa. In Spagna lo chiamano “el bosque humanizado”, cioè il bosco umanizzato, ma è quasi intraducibile in italiano. Durante un convegno sulla conservazione dell’ambiente è stata definita il triangolo perfetto tra uomo, natura e animali da Carlos Tristancho, un ex attore spagnolo ora dedito alla cucina che nella Dehesa ci si è proprio trasferito. Qui, oltre ai maiali iberici di razza bellota di Juan Pedro Domecq, di cui vi avevamo parlato a proposito del Pata Negra, razzolano libere anche le oche dell’unico produttore di foie gras etico al mondo: Diego Labourdette, lo conoscete?

    Un foie gras etico è possibile: come?

    Il foie gras, letteralmente fegato grasso, è uno dei simboli della ristorazione di alto livello, considerato un alimento molto pregiato. Eppure è tutto fuorché etico, anche se, come vedremo, non è sempre stato così: viene prodotto tramite il gavage, ovvero l’alimentazione forzata di anatre e oche, con imbuti e macchine pneumatiche che inducono a una crescita abnorme del fegato e a un aumento di grassi nelle cellule epatiche. Gli animali, obbligati a ingozzarsi, sono privati di qualsiasi possibilità di movimento.

    Non bisogna essere animalisti per ritenere una simil produzione inaccettabile, tant’è che per questo motivo è diventata illegale in molti paesi, tutti quelli dell’Ue, e in Italia dal marzo 2007. In Francia, il foie gras prodotto da anatre appositamente allevate in Dordogna (Canard à foie gras du Périgord) ha ottenuto la certificazione IGP, ma solo in conformità alla normativa europea che ha stabilito che:

    1. I paesi che consentono la produzione di foie gras hanno l’obbligo di sostenere la ricerca sui suoi aspetti salutistici e sui metodi alternativi che non implicano il gavage.
    2. Finché non saranno disponibili nuove prove scientifiche sui metodi alternativi e i loro aspetti salutistici, la produzione di foie gras dovrà essere condotta soltanto dove essa è pratica comune e quindi soltanto in accordo con la legislatura locale vigente.

    Oggi l’unico produttore al mondo di foie gras etico ed ecologico è Diego Labourdette, di origine francese, che si è trasferito nella Dehesa per vari motivi. Ecco quali.

    La Dehesa: un “pascolo ideale”

    dehesa

    Il modello di ecosistema della Dehesa – Foto di Emanuela Colombo

    La Dehesa era un terreno boschivo inadatto alla coltivazione, che solo grazie all’intervento selettivo dell’uomo e alla puntellatura di alberi di quercia, si è trasformata in un grande pascolo ideale, una sorta di eden dispensatore di frutti zuccherini e saporiti, le ghiande, bellotas in spagnolo. Come accennato in precedenza, la Dehesa è stata definita un triangolo perfetto tra natura, animali e uomo, un magnifico esempio di sostenibilità e convivenza: tre vertici, senza anche uno solo dei quali l’esistenza di questo ecosistema non sarebbe possibile, come ben rappresenta Carlos Tristancho nel suo disegno presentato al convegno.

    Il primo è un ecosistema chiamato foresta mediterranea, popolata da querce di vario tipo, la cui evoluzione naturale senza l’intervento degli altri due vertici sarebbe solo “boscaglia”, cioè una macchia selvatica che da sola non si evolverebbe a causa dell’assenza di erbe e nutrienti.

    Il secondo vertice è rappresentato dagli allevamenti autoctoni (pecore merino, mucche di razza, moruchas, maiali iberici e capre grossolane), un bestiame rustico che si perfettamente adattato all’ambiente e che si nutre di quella macchia, in particolare delle sue ghiande.

    Infine, l’elemento antropologico, poiché senza il lavoro di conservazione questo posto non sarebbe quello che è: infatti, dopo secoli di gestione, la presenza umana è diventata una parte indispensabile per il mantenimento del totale ecosistema. Insomma, la Dehesa è la dimostrazione che l’intervento dell’uomo nella natura può essere anche migliorativo e conservativo e non sempre associato a qualcosa di invasivo o negativo. Ed è proprio qui che si produce il primo foie gras senza gavage.

    dehesa bellotas ghiande

    Foto di Emanuela Colombo

    Diego Labourdette, l’unico produttore al mondo di foie gras etico

    È stato Diego Labourdette, da buon francese amante di foie gras, a studiare un modo per produrlo eticamente. Dottore in Ecologia e docente presso la Facoltà di Biologia all’Università Complutense di Madrid, esperto nella migrazione degli uccelli selvatici europei, ha iniziato i suoi studi nel 2013, in particolare sui fattori che scatenano l’istinto migratorio nell’oca selvatica europea, approfondendo lo sviluppo di metodi sostenibili di produzione di foie gras senza alimentazione forzata, attraverso una gestione in completa libertà.

    foie gras de bellota

    Per queste ricerche non ha scelto la sua terra d’origine, la Francia, ma la Spagna e gli spazi sterminati della Dehesa, dove oggi alleva oche in modo completamente naturale. In realtà, come spesso accade, è bastato tornare indietro più che andare avanti, ovvero risalire all’antica sapienza e tradizione secolare degli ebrei nell’allevamento delle oche. Questi animali, infatti, arrivarono qui dall’Egitto, dove il foie gras era un prodotto naturale, rappresentato nei geroglifici. Poi, nel tempo, la situazione è degenerata, il foie gras è stato sempre più apprezzato e, per averne in quantità maggiori, si è iniziato a produrlo con il gavage, cioè con l’alimentazione forzata per cui tutto il grasso si accumula in granuli più grandi che indeboliscono il fegato, fino ad arrivare anche a rompere la parete cellulare. Dunque, come produrlo eticamente? “Invece di combattere contro la natura e cercare di forzarla, siamo diventati suoi alleati. Invece di imporre le nostre regole agli animali, seguiamo madre natura per ottenere i nostri prodotti in modo più armonioso”, risponde Diego.

    oche in volo dehesa

    Foto di Emanuela Colombo

    Come si produce il foie gras etico

    Gli appezzamenti di terreno della Dehesa si trovano su un’antichissima rotta migratoria delle oche, ben conosciuto dagli uccelli e frequentatissimo dalle oche selvatiche. Queste, accoppiandosi con oche addomesticate, generano animali che prima del periodo migratorio, ovvero nel mese di novembre, hanno il “fegato grasso”, in quanto è la loro riserva naturale prima del lungo volo. Le oche selvatiche, infatti, accumulano naturalmente il grasso nel loro fegato come nutrimento e riserva da utilizzare durante la migrazione, che richiede un’energia maggiore. 
All’arrivo dell’inverno sono loro a sentire il bisogno di alimentarsi di più e ingrassare, e lo fanno seguendo il loro istinto. È un processo naturale che non forza l’alimentazione, ma genera il fegato grasso in modo lento, naturale e progressivo, durante una condizione chiamata “steatosi epatica”, che indica proprio un modo naturale di immagazzinare energia sotto forma di grasso all’interno delle cellule del fegato, con cui alcune specie animali si preparano a un dispendio energetico notevole. Le oche si nutrono di quanto trovano nella tenuta dove vivono: erbe, fichi, olive, ma principalmente ghiande, le stesse dei maiali del Pata Negra. La ghianda nella Dehesa è disponibile solo da ottobre a gennaio, quando matura e cade dall’albero: è il cosiddetto periodo della “montanera”, cioé dell’ingrasso naturale delle oche, che mangiano voracemente le ghiande, percorrendo diversi chilometri al giorno alla loro ricerca. Si tratta di un alimento altamente calorico che innesca l’infiltrazione di grasso nella carne e nel fegato delle oche. Questo cibo conferisce gran parte delle sfumature di gusto e degli aromi, che in bocca regalano consistenze e sapori unici, anche nella carne.

    Grazie a questa alimentazione, alla libertà di volare, e alla naturalità del processo, nascono un foie gras e dei prodotti derivati dalle oche assolutamente unici ed eccezionali, etici e ecologici.

    Non solo foie gras: la carne di oca

    In generale, gli animali che vivono nella Dehesa si alimentano di ghiande che, ricche di acidi omega 9, fanno si che le loro carni assorbano i nutrienti e siano a loro volta fonte di grassi buoni. In particolare, nel caso delle oche, oltre alla produzione naturale di foie gras, viene utilizzata in cucina anche la loro carne, ritenuta molto preziosa, sia il maigret per i palati più esigenti che le cosce confit, molto vendute. Queste carni si distinguono da tutte le altre per il colore rosso brillante finemente marezzato di grasso.

    prosciutto oca

    Foto di Emanuela Colombo

    Dove mangiare i prodotti della Dehesa

    Il foie viene utilizzato nelle più classiche preparazioni; quello prodotto in Estremadura ha un sapore di “bosco” e di ghianda e un grasso “buono”, non avendo sofferto forzature alimentari le sue cellule sono rimaste delle giuste dimensioni, dando così una consistenza e una texture ineguagliabili. La classica scaloppa di fegato non si scioglie a contatto con il calore e non rilascia parti grasse in eccesso.

    Per tutti questi motivi, sono molti gli chef che hanno scelto di inserire nei loro menu i prodotti della Dehesa. Da quel genio che è Mathias Perdomo di Contraste a Tano Simonato di Tano passami l’olio, sempre a Milano; al noto francese trapiantato in provincia di Brescia, al suo Miramonti L’altro e sto parlando di Philippe Léveillé, fino allo chef Ettore Bocchia del Mistral sul Lago di Como. Ma se oggi questo prodotto è arrivato sulle nostre tavole è grazie al lavoro attento e instancabile di ricerca dell’Azienda La Fenice, di cui vi avevamo parlato a proposito delle Acciughe del Cantabrico, che con viaggi continui ci porta sempre preziose novità dalla Spagna, e non solo.

     

    E che dire delle vostre cucine, siamo stati capaci di convincere anche voi a fare questa scelta etica e sostenibile?

    Antropologa del cibo, è nata a Milano, dove vive e scrive per varie testate, tra cui La Cucina Italiana, Scatti di Gusto, Vanity Fair e le Guide Espresso. Il suo piatto preferito sono gli spaghetti alle vongole, perché per lei sono diventati un'idea platonica: "qualsiasi loro manifestazione nella realtà sarà sempre una pallida copia di quella nell'iperuranio". Nella sua cucina non mancano mai pistilli di zafferano, che prima coltivava!"

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