Agricoltura biodinamica: cosa la distingue dal biologico e quali sono le sue basi?

Matteo Garuti
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    Gran parte delle persone che fanno abitualmente la spesa si è fatta un’idea sull’agricoltura biologica, sempre più apprezzata dall’opinione pubblica. Molti meno consumatori, però, conoscono l’agricoltura biodinamica, talvolta confusa con il bio e sulla quale aleggia quasi un’aura di mistero, legato alle pratiche pseudoscientifiche che la caratterizzano. Ma per cosa si distingue questo metodo? Può essere considerato un’alternativa credibile per l’alimentazione? Dopo aver più volte approfondito i vantaggi e gli svantaggi del biologico come cibo del futuro, questa volta cercheremo di saperne di più sul biodinamico e sulle credenze che lo accompagnano.

    Rudolf Steiner e le origini della biodinamica 

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    Il metodo biodinamico viene generalmente considerato il precursore dell’agricoltura biologica, ma alcuni dei suoi principi sconfinano nell’esoterismo, ponendosi del tutto al di fuori dell’alveo scientifico. Per introdurlo e aiutare a comprenderne la genesi, è utile saperne di più su chi l’ha ideato, nel 1924, ovvero l’austriaco Rudolf Steiner, un personaggio poliedrico e controverso, che inizia la sua carriera come critico letterario per poi orientarsi verso la filosofia e l’esoterismo. Interessato alla spiritualità e all’occultismo, nei primi anni del secolo scorso Steiner entra nella Società Teosofica, un culto di ispirazione indiana che crede nella fratellanza universale e nella reincarnazione. Nel 1913 si allontana dagli aspetti di origine orientale per fondare un’altra dottrina, la Società Antroposofica, che continua a contemplare i “poteri latenti dell’uomo”, fra i quali i “sette sensi interni”, che si aggiungerebbero ai cinque noti a tutti.

    Nel corso della sua vita, Steiner scrive opere teatrali a sfondo esoterico, costituisce una loggia massonica, progetta edifici e teorizza una nuova organizzazione della società tedesca. Il modello educativo che concepisce, tuttora esistente, è noto come “scuola steineriana”, mentre la “medicina antroposofica”, concettualmente simile all’omeopatia, è lo sbocco delle sue teorie in chiave curativa pseudoscientifica. Steiner muore nel 1925, pertanto l’elaborazione dell’agricoltura biodinamica è uno dei suoi ultimi lasciti.

    Alla luce di questa ricostruzione, è importante chiarire che l’agricoltura biodinamica non deve essere confusa con le tecniche contadine del passato, ma va riconosciuta come una vera e propria invenzione, relativamente recente, di un unico individuo essenzialmente votato all’occultismo.

    La fondazione di Demeter e i rapporti con la Germania nazista

    L’agricoltura biodinamica inizia a diffondersi dopo la morte di Rudolf Steiner, con la fondazione di Demeter, nel 1928, una cooperativa di produttori che avevano abbracciato questo metodo. La struttura ebbe rapporti piuttosto stretti col regime nazista, mentre Steiner, pochi anni prima, era stato osteggiato da Hitler. Agli occhi delle autorità nazionalsocialiste, infatti, il biodinamico appariva – erroneamente – come un ritorno alle tecniche agricole degli antichi Germani. I due fondatori di Demeter, Franz Dreidax e Erhard Bartsch, godevano soprattutto della stima di Rudolph Hess, uno dei più alti gerarchi nazisti, appassionato di occultismo.

    Negli anni Trenta, l’organizzazione dei produttori biodinamici diventa sempre più organica al regime, abbracciando ufficialmente l’ideologia nazista, probabilmente anche per opportunismo, una posizione confermata durante i primi anni della Seconda guerra mondiale e più volte esplicitata sul giornale della cooperativa. A partire dal 1941, il tramonto politico di Hess coincide con la fine dei legami col Terzo Reich, che attraverso i suoi nemici interni si stacca dalle associazioni mistiche precedentemente create proprio dal vice di Adolf Hitler: Demeter viene sciolta. Solo dopo la fine della guerra, il metodo di Steiner e l’associazione, oggi presente in 78 Paesi nel mondo, sono rilanciati ufficialmente.

    Agricoltura biodinamica: cos’è e cosa prevede

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    Con una grande semplificazione, questo metodo potrebbe essere definito come una versione estremizzata del biologico, che però si caratterizza per le sue pratiche esoteriche. L’agricoltura biodinamica da sempre divide, fra una netta maggioranza che la considera una credenza priva di fondamento e una ristretta minoranza – fatta di sostenitori fideistici e da chi ne riconosce alcuni pregi, scremandola dalle suddette pratiche – che invece la difende. 

    In sintesi, ecco quali sono i punti principali dell’agricoltura biodinamica.

    • La produzione agricola è concepita in senso “olistico”, come un organismo vivente e complesso, quindi la terra, le piante, gli animali e gli esseri umani sono visti come parte di un unico ecosistema naturale circolare, in cui tutto muore e rinasce, non necessitando di contaminazioni esterne. La preservazione della biodiversità e della fertilità dei terreni sono concetti fondamentali, che guidano questa forma di agricoltura.
    • Questa visione comporta il divieto di usare ogm, concimi chimici e pesticidi, comprese le sostanze consentite nel biologico, come il rame e l’acido citrico. È invece permesso l’uso di particolari preparati a base di erbe e minerali, da irrorare sulle piante. Nel biodinamico non esistono piante infestanti da eliminare, perché tutte sono considerate utili.
    • Una delle pratiche fondamentali del metodo di Steiner è la rotazione delle colture, universalmente riconosciuta e applicata in agricoltura per mantenere i terreni fertili.
    • L’agricoltura biodinamica segue i cicli lunari e i segni zodiacali, sia per la semina che per i lavori nei campi.
    • Altro nodo cruciale è l’utilizzo dei già citati preparati biodinamici, che avrebbero lo scopo di fertilizzare il suolo e trasferire forze cosmiche e soprannaturali alla terra. Su questa pratica, che palesa il misticismo del biodinamico, si concentrano le critiche della scienza. Steiner formula nove preparati – il più noto è il cornoletame – specificando i metodi per ottenerli e il loro utilizzo. Le procedure sono concettualmente simili a quelle previste nell’omeopatia; ogni preparato serve per un determinato processo e le dosi risultano minime rispetto alla massa dell’organismo da trattare. 
    • Nelle visione steineriana, i principi filosofici applicati all’agricoltura valgono anche per la società. La comunità che ospita la fattoria, infatti, dovrebbe diventare anche un modello culturale e sociale di convivenza, in armonia con la natura e gli equilibri cosmici ed energetici.

    Mancano le basi scientifiche, ma è prevista una certificazione

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    Anche per il biodinamico esiste un marchio di riferimento, e nella fattispecie si può parlare di una duplice certificazione. Questi prodotti, infatti, devono anche essere certificati secondo le linee guida dell’agricoltura biologica, oltre a possedere lo standard internazionale che fa capo solo a Demeter International. L’attestato, però, viene rilasciato a pagamento da questa associazione privata, e non si riferisce a un regolamento europeo o nazionale, come nel caso del biologico.

    Una review del 2016 sulle ricerche sull’agricoltura biodinamica conclude che, al netto della limitata letteratura e dell’assenza di dati certi a supporto dell’efficacia dei preparati steineriani, non si può distinguere in modo misurabile il biodinamico dal biologico, pertanto, il primo non dovrebbe essere raccomandato come metodo supportato da basi scientifiche. Secondo l’autrice, gli studi in qualche modo favorevoli al biodinamico trascurano i fattori che smentiscono presunti vantaggi o benefici.

    L’agricoltura biodinamica funziona?

    A questa domanda elementare, ma più che lecita, si potrebbe rispondere che le produzioni biodinamiche sono del tutto assimilabili a quelle biologiche, quindi più costose e meno redditizie sul piano quantitativo, ma in linea di massima preferibili all’agricoltura convenzionale sul piano della qualità e dell’ecologia. Rispetto ai cibi biologici, non è giustificabile un prezzo superiore, almeno seguendo le logiche della scienza. L’unico aspetto significativo, soprattutto in ottica di rispetto dell’ambiente e della salute, è l’assenza di utilizzo di composti derivati dal rame, da anni al centro di dibattiti sulla loro riduzione o sostituzione nell’ambito dell’agricoltura biologica.

    Il biodinamico nel panorama produttivo italiano

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    Nonostante la mancanza di basi scientifiche, l’agricoltura biodinamica ha il suo bacino di consumatori, anche sull’onda dell’aumentata attenzione nei confronti delle tematiche ambientali che si registra negli ultimi anni, della quale ha beneficiato il mercato del biologico. Nel nostro Paese sono circa 400 i produttori biodinamici certificati da Demeter, i quali, come detto, devono anche obbligatoriamente attenersi al Regolamento UE sul biologico. Da sottolineare, inoltre, che l’Italia, con oltre 11mila ettari, è seconda al mondo per la superficie destinata a questa forma di agricoltura, e in totale i produttori biodinamici italiani fatturano circa 450 milioni di euro l’anno. Solo la Germania, con più di 72mila ettari, supera queste cifre.

    Questo tipo di agricoltura, peraltro, recentemente ha beneficiato di una discreta attenzione da parte dei media e degli eventi di settore, trovando spazio anche al Sana 2019 di Bologna. Nel 2016, invece, ha suscitato polemiche la posizione dell’allora Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali, Maurizio Martina, favorevole ai corsi universitari per approfondire l’agricoltura biodinamica, già realtà alla Carlo Bo di Urbino, un’opinione contestata a stretto giro dalla senatrice e ricercatrice Elena Cattaneo, che ritiene indispensabile non dare credito – nemmeno involontariamente – alle teorie pseudoscientifiche.

     

    Conoscevate i principi dell’agricoltura biodinamica? Avete mai provato cibi o bevande prodotti in questo modo?

     

    Altre fonti:

    American Society for Horticultural Science
    National Geographic
    Demeter

     

    Matteo è nato a Bologna e vive a San Giorgio di Piano (Bo), è giornalista, sommelier e assaggiatore di olio d'oliva, ha collaborato con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell'Università di Bologna. Per Il Giornale del Cibo si occupa di attualità, salute, cultura e politica alimentare. Apprezza i cibi e le bevande dai gusti autentici, decisi e di carattere. A tavola ama la tradizione ma gli piace anche sperimentare: per lui in cucina non può mancare la creatività, "perché è impossibile farne a meno!"

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