pasto domestico a scuola

Pasto domestico a scuola: cosa ne pensano i presidi?

Matteo Garuti

Da tempo ci stiamo occupando del tema del pasto domestico a scuola e delle conseguenze di questa scelta. Questa volta abbiamo interpellato Nicola Puttilli, vicepresidente dell’Associazione nazionale dei dirigenti scolastici, che ci ha concesso un’intervista approfondita su tutti gli aspetti dell’argomento. In questa prima parte ci concentreremo sulla gestione e sulle criticità del pasto domestico a scuola, ma anche sulla posizione ufficialmente assunta dai presidi. La seconda parte dell’intervista sarà invece incentrata sulla posizione degli insegnanti e delle istituzioni in merito a questo tema, mentre nella terza si focalizzerà sul ruolo delle scuole.

Pasto domestico a scuola: la situazione

Nicola Puttilli, vicepresidente dell’Associazione nazionale dei dirigenti scolastici (ANDIS), riassume la situazione che ruota intorno al riconoscimento del diritto al pasto domestico a scuola. “Sono ormai tre le sentenze del Tribunale di Torino su questa vicenda, la prima è stata emessa a giugno, mentre l’ultima a settembre. Quest’ultima ha esteso il diritto di avvalersi del pasto domestico a scuola anche per i non ricorrenti, quando invece la prima lo limitava alle 58 famiglie che avevano presentato ricorso a Torino. La situazione, quindi, sarebbe stata molto limitata. Nelle ultime settimane, tuttavia, il fenomeno a Torino è esploso, e comincia a essere rilevante anche in altre città e in tutta Italia.”

panino

Il parere dei presidi

Il dottor Puttilli illustra la posizione ufficialmente assunta da ANDIS sul tema del pasto domestico a scuola. “Sul nostro sito Internet nazionale abbiamo pubblicato un documento, presentato dall’ANDIS Piemonte, sostanzialmente contrario al consumo del pasto domestico a scuola. Nonostante la doverosa applicazione delle sentenze, il documento è stato scritto dopo un’analisi approfondita del tema e riflette la posizione di circa 60 dirigenti locali. Nel testo ci sono riferimenti precisi sulla situazione torinese, come il costo delle rette, che obbiettivamente a Torino è particolarmente elevato. Non è un caso che il fenomeno sia esploso proprio a Torino. Per le fasce cosiddette alte – con un ISEE di 30.000 Euro, parliamo di redditi medi – si rientra nella quota più elevata che è leggermente superiore ai sette Euro a pasto, una cifra considerevole rapportandola alle tariffe di altre città come Milano e Roma.”

Un estratto del documento di ANDIS:

(…) Risulta di chiara evidenza che il cibo portato da casa e consumato a metà giornata deve essere adeguatamente conservato e che la somministrazione dello stesso deve avvenire in condizioni igieniche di assoluto controllo ad evitare episodi di scambio e/o contaminazione che potrebbero avere conseguenze anche gravi sugli alunni, sempre più numerosi, affetti da allergie o intolleranze. Conservazione dei cibi, loro somministrazione, igiene dei locali sono funzioni che non competono alle scuole e che le stesse si trovano nelle nuove condizioni, giocoforza e loro malgrado, a dover svolgere, assumendosene di fatto la responsabilità, senza peraltro disporre di strumenti e risorse per farvi fronte. In questi primi giorni stiamo assistendo nelle nostre scuole a episodi che sono la contraddizione vivente di anni ed anni di educazione alimentare e alle pari opportunità. (…)

maestra

Difficile gestire il pasto domestico a scuola

Puttilli interviene sulle problematicità riscontrate dai presidi rispetto al pasto domestico a scuola. “Noi dirigenti scolastici consideriamo difficile l’applicazione del diritto al pasto domestico a scuola sul lungo periodo. La situazione può essere gestita in via temporanea o provvisoria, ma in via permanente a nostro avviso creerà grosse difficoltà. Già lo vediamo da queste prime settimane, perché si palesano alcune situazioni inaccettabili e obiettivamente improponibili, anche dal punto di vista dell’educazione alimentare e della corretta nutrizione.”

“Le scuole non sono attrezzate per la conservazione dei pasti, non sono provviste né di forni né di frigoriferi. I prodotti preparati il giorno prima difficilmente possono essere conservati in modo accettabile. Ci sono bambini che mangiano quasi sempre panini, pasta o pizza, spesso in quantità esagerate. Sono abitudini che protratte per un anno intero non sono certo consigliabili. Dal punto di vista dell’educazione alimentare, questa è una situazione difficilmente condivisibile.”

I problemi del pasto domestico a scuola

Nicola Puttilli sottolinea gli aspetti più critici del pasto domestico a scuola.

Le pari opportunità vengono meno

“Una questione trascurata ma rilevante riguarda le pari opportunità fra i bambini. La mensa dovrebbe essere un momento educativo e formativo. Se la mensa fornita dal Comune è uguale per tutti, con il pasto domestico a scuola si evidenziano situazioni estremamente differenziate. Perciò, non è solo una questione di educazione alimentare, ma anche di educazione alle pari opportunità.”

L’aspetto igienico e sanitario

“Fra i problemi pratici del pasto domestico a scuola c’è innanzitutto la conservazione dei cibi, che in genere rimangono per ore negli zaini, sotto i banchi o nei corridoi, anche a seconda delle dimensioni delle aule.”

“Non voglio enfatizzare troppo l’aspetto legato alle allergie e alle intolleranze alimentari, anche se è bene non sottovalutarlo. A Torino il Comune l’ha sempre curato molto, con diete specifiche controllate e servite con cura e rigore. Sicuramente i genitori conosceranno i problemi dei loro figli e penseranno al loro bene, ma ci troviamo ad assistere a fenomeni che certamente non sono da prendere come esempio. Innanzitutto, con il pasto domestico a scuola non è più possibile avere un controllo, come è stato finora, perciò il rischio di contaminazione aumenta rispetto a prima.”

bambini a scuola

“Obiettivamente, esistono dei problemi di carattere igienico e sanitario. I refettori sono gestiti dalle ditte che hanno in appalto il servizio, pertanto si presenta un’incertezza sulle responsabilità riguardo alla pulizia dei locali dove si consuma il pasto domestico. Dove ci sono carenze di personale ausiliario, la preparazione e la pulizia del refettorio diventa difficile.”

“Quella dei locali dove si mangia, quindi, è una questione aperta, perché non tutte le scuole dispongono di personale per organizzare e pulire questi spazi. È ovvio che se non lo fa il personale della mensa – e non lo fa perché non rientra nell’appalto, il personale deve pulire e curare il servizio solo per i bambini che usufruiscono della mensa e che pagano la quota – rimane l’incertezza su chi si deve occupare di questa mansione. A rigor di logica, è il personale statale ausiliario, i cosiddetti bidelli, che dovrebbero occuparsene, anche se questa nuova mansione non era prevista. Perciò bisognerà assegnare dei bidelli a questa funzione. Il problema è che se i bidelli sono pochi, assegnargli un’altra funzione non è una cosa così automatica. In ogni caso l’attribuzione di nuove funzioni comporta la relativa retribuzione attraverso il salario accessorio, e non è detto che la scuola ne abbia in questo momento la disponibilità, non essendo state previste. ”

L’alimentazione peggiora

“Quello che preoccupa, inoltre, è la profonda diversificazione nei pasti dei bambini, con estremi certamente non salutari. Vediamo bambini che vengono a scuola con uno yogurt o con una banana, mentre altri portano quantità esagerate di pasta fredda e troppo condita. Dal punto di vista alimentare il pasto domestico a scuola determina in linea generale un peggioramento nell’alimentazione dei bambini, alcuni sono sottoalimentati mentre si abituano a stili alimentari nocivi. Non mancano i ragazzi con alimentazioni più o meno corrette, anche se sempre fredde, ma dal punto di vista alimentare e sanitario il pasto domestico a scuola è difficilmente sostenibile. Obiettivamente è un grosso peggioramento, e lo sarà sempre di più, a meno che non si trovino nuove soluzioni.”

Per approfondire il tema del pasto domestico a scuola, oltre alla seconda e alla terza parte dell’intervista, può essere interessante leggere i nostri precedenti articoli, incentrati sull’aspetto educativo, pratico e nutrizionale di questa scelta. Abbiamo anche intervistato l’avvocato che ha sostenuto la rivendicazione del diritto al pasto da casa, oltre a proporre un’infografica sui pro e i contro che si possono determinare abbandonando la mensa.

Matteo è nato a Bologna e vive a San Giorgio di Piano (Bo), è giornalista, sommelier e assaggiatore di olio d'oliva, ha collaborato con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell'Università di Bologna. Per Il Giornale del Cibo si occupa di attualità, salute, cultura e politica alimentare. Apprezza i cibi e le bevande dai gusti autentici, decisi e di carattere. A tavola ama la tradizione ma gli piace anche sperimentare: per lui in cucina non può mancare la creatività, "perché è impossibile farne a meno!"

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