Week end nel Supramonte di Oliena

Adriana Angelieri

Quante persone conoscente che siano state in Supramonte? Io ben poche, malgrado i miei amici siano stati quasi tutti in Sardegna. E anche per me questa è la mia prima volta, perchè finalmente mi sono convinto a tirare il Supramonte fuori dall’area mentale del ‘boh?’ dove accumulo i miti ‘personali’. I miei colleghi neurofisiologi non troverebbero per niente scientifica questa definizione e vi direbbero esattamente di quale area del cervello vi sto parlando, ma a me piace chiamarla così, anche se potrebbe chiamarsi il ‘Mah?’, il ‘Chissà?’ e per qualcuno il ‘mainfondochissenefrega?’.Arriva sempre il momento giusto per tirare un mito fuori dal ‘Boh?’, almeno quando è possibile. Il Supramonte è lì, basta andarci e vedere con i propri occhi se è davvero così selvaggio e misterioso, impervio e pericoloso.Può esistere davvero un posto così nel cuore dell’Europa? E come è possibile che nel periodo dei sequestri la polizia, i carabinieri e l’esercito non riuscissero a trovare una grotta?Ma le cose andavano così, e il Supramonte sprofondava nel ‘Boh?’.Ora che ci sono venuto, i dubbi si sono finalmente sciolti. ‘Vedi quei lecci più alti degli altri?’ Mi ha chiesto la mia guida Fabrizio ‘Segnalano l’ingresso di una grotta bellissima e molto particolare. Si chiama ‘Eli es hartas’ che significa proprio ‘lecci più alti’.’L’ingresso era totalmente invisibile e ci si poteva passare a un metro di distanza senza notarlo. Ma se qualcuno ti indica dove puoi entrare scopri uno spettacolo inimmaginabile: dal soffitto della grotta non pendono solo le stalattiti ma anche le radici degli alberi e nell’ultima sala si trovano stupende stalattiti a forma di radice perchè si sono modellate su queste.Anche nella vicina voragine di Tiscali si entra dal basso attraverso un buco strettissimo che solo recentemente è stato allargato.’Prima ci potevano passare solo le persone magre come te’ mi ha detto Fabrizio dando finalmente un senso alla mia magrezza ‘Senò si doveva scendere in corda per 103 metri senza toccare la parete. è una grotta buia, ma nei mesi estivi verso le 11.30 un raggio solare riesce a filtrare dall’ingresso superiore – anche questo è un buco come quello inferiore, solo un po’ più largo – illuminandola a giorno per un’ora. è magnifica!’Per intenderci, il Supramonte è più o meno tutto così. Per questo è indispensabile una guida. A proposito, Gianmario, il collaboratore di Fabrizio, mi ha raccontato questo aneddoto: ‘è successo che un gruppo di persone con solo una settimana di vacanza ha perso cinque giorni per cercare il villaggio nuragico di Tiscali e il sesto hanno preso la guida’.Post scriptumFabrizio lavora nel Centro Escursioni ‘Sardegna Nascosta’, nato per sua iniziativa, che organizza gite ‘nell’intimità del territorio’ a tema naturalistico, archeologico e gastronomico. Le escursioni sono di vario livello di difficoltà, da quelle in fuoristrada per persone con problemi motori, anziani e bambini, a trekking più o meno impegnativi che possono comprendere arrampicate, visite speleologiche nelle grotte e rafting.Il recapito è:’Centro Escursioni Sardegna Nascosta, Supramonte – Barbagia’Via Masiloghi, 3508025 Oliena (Nu)Il telefono è 0784 288550Il cellulare di Fabrizio Caggiari è 349 4434665E-mail sardegnanascosta@tiscali.itInternet www.sardegnanascosta@tiscali.itPer dormire a Oliena vi consiglio l’agriturismo di Gianmario Mereu che collabora con Fabrizio nelle escursioni.L’indirizzo è:Agriturismo MarimunduVia Norgheri 08025 Oliena (Nu)Tel. 0784 287360Fax 0784 287360Email: marimundu@lycos.itMa anche le guide hanno le loro guide. Sono i pastori, senza i quali Fabrizio e i suoi colleghi si troverebbero in serie difficoltà. Sono loro i veri padroni di casa del Supramonte ed è a loro che gli organizzatori di questi tour si appoggiano per dareospitalità ai turisti.I pochi rimasti abitano in capanne circolari come i nuraghi. Si chiamano ‘sos pinnetos’ e sono le uniche possibili su queste montagne perchè fatte con materiali che si trovano in loco e cioè pietre, tronchi e frasche di ginepro.Io sono stato nel pinnetu di Tonino Fadda a Tingiosu, un’altura nella valle del Lanaitho di fronte al Monte Tiscali.Tonino vive con le sue capre che gli obbediscono come fossero cuccioli. Ve lo dico a ragion veduta, perchè ho assistito alla mungitura più strana della mia vita (e come sapete ne ho viste parecchie).Circondato da un nugolo di capre,Tonino indicava con un dito quella che doveva essere munta. Le diceva una parola in ‘limba sarda’ che probabilmente voleva dire ‘tocca a te’ oppure ‘vieni qua’ o forse era il nome della capra. E questa obbediva. Si dirigeva verso di lui facendosi strada fra le colleghe che le lasciavano il passo senza muoversi finchè non venivano chiamate anche loro. Dopo la mungitura ci siamo trasferiti nel pinnetu, dove Tonino ha preparato il formaggio e la ricotta. Qui i ruoli sono cambiati di colpo. Fino a quel momento il capo era stato Fabrizio che è stato degradato ad assistente di cucina. Smessi i panni del casaro, Tonino ha preso in mano lo scettro del comando che aveva la forma di uno spiedo e ha infilzato con cura meticolosa mezzo maialino. Poi è comparsa l’altra metà e ha ultimato il rito dell’avvio della cottura rimanendo in assoluto silenzio.Ma c’era il loquace Fabrizio ben felice di parlare al posto suo:’L’arte di arrostire un maiale non è facile.’ Mi ha spiegato ‘Se il ‘proceddu’ è piuttosto grandicello, come in questo caso, si taglia in due mezzene che vengono infilzate negli spiedi e cotti per un paio d’ore in verticale per fare liquefare e colare tutto il grasso. Poi la cottura continua in posizione orizzontale e viene la parte complicata: perchè bisogna far cuocere in modo uguale sia le cosce e le spalle, che sono parti spesse del maialino, sia le costine, che sono parti sottili. Perciò si deve fare un letto di braci non omogeneo, più sottile sotto le costine e più spesso sotto la coscia e la spalla. La buona riuscita dipende dalla capacità di chi arrostisce di dosare le braci.’La preparazione è piuttosto lunga e io a un certo punto ho allungato una mano per prendere una fetta della salsiccia appassita già tagliata per il pranzo. Non l’avessi mai fatto! Sono stato fulminato dal fuoco incrociato delle occhiate di Fabrizio e Gianmario più istintive che ragionate. Ho ritirato la mano da quella fetta di salsiccia come fosse uno dei tizzoni ardenti sotto al proceddu mostrando di avere capito il messaggio: qui si aspetta di essere serviti e io avevo infranto una regola elementare del bon ton barbaricino.’S’Istrangiu’, il forestiero, è una specie di goim al quale è sempre riservato il trattamento migliore, a patto che non si renda odioso. Ma io devo aver fatto una faccia così sinceramente contrita, tanto inconsolabile che tutti e tre si sono precipitati a consolarmi.Tonino finalmente ha parlato: ‘Non è abituato ad alzarsi presto, non ha fatto due colazioni come noi, è chiaro che ha fame’. Ha detto agli altri due.’Hai ragione!’ hanno risposto in coro. Da quel momento quelli che vedevo come tre super-uomini sono diventati materni come api nutrici.Il rude pastore e i due Indiana Jones esperti in trekking estremi hanno preso a preoccuparsi del mio stomaco come neanche mia madre quando ero un bambino capriccioso e senza la minima preoccupazione di apparire per questo meno virili. Questa sì che è sicurezza!Sono arrivato al pranzo che potevo anche passare per sazio. Ma ho ricominciato volentieri. La levataccia e l’escursione mi avevano messo un appetito che avrebbe fatto onore al pranzo dei pastori.Sono stati serviti i salumi (la famosa salsiccia), formaggio e pomodori crudi da prendere a morsi con il sale. Poi è arrivato l’indimenticabile proceddu sul s’avaione, il vassoio di sughero che funge anche da piatto, e infine la ricotta con il miele servita sul pane carasau e senza cucchiaio, sostituito anch’esso da pezzetti di pane carasau. Alla fine del pranzo, Fabrizio ha tirato fuori una fisarmonica e i sardi presenti hanno cominciato a ballare il loro ballo tondo come i nuraghe, il pinnetu e il pane carasau.Ci siamo, penserete, ecco lo spettacolino per i turisti con le coreografie studiate da un coreografo di Cagliari.Invece no. A quel punto il ballo ci stava e si è ballato! è chiaro che dietro a tutto questo c’è un lavoro. Fabrizio ci campa, Tonino è pagato per farsi rompere le scatole dai visitatori e la fisarmonica era lì già preparata. Ma guai a frantumare tutto con il cinismo del turista smaliziato.Fortunatamente abbiamo anche noi una sensibilità e siamo capaci di capire se la gente sta ballando per gusto o per dovere. E se l’atmosfera non fosse stata quella giusta, sono sicuro che la fisarmonica sarebbe rimasta dov’era.Insomma, c’è lavoro e lavoro, e alla base di questo si sente soprattutto autenticità. I soldi devono girare per forza perchè così va la vita, ma non sono la cosa più importante. Ho capito che i miei nuovi amici barbaricini trattano bene il visitatore non perchè torni a spendere qui i suoi soldi, ma perchè è uno specchio dei loro valori. Perciò deve meritarsi le attenzioni e saperle ricambiare. Di uno specchio opaco non sanno che farsene.

Siciliana trasferita a Bologna per i tortellini e per il lavoro. Per Il Giornale del Cibo revisiona e crea contenuti. Il suo piatto preferito può essere un qualunque risotto, purché sia fatto bene! In cucina non devono mancare: basilico e olio buono.

Lascia un commento