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Te’: Curiosità

Adriana Angelieri

di Gianluigi Storto.

Tè sfuso o in bustine?

In genere per le bustine viene impiegato un tè che ha una maggiore solubilità nell’acqua calda, in modo da diminuire i tempi di infusione e venire incontro alle esigenze di consumatori meno attenti alla tradizione e con meno tempo disponibile. La maggiore solubilità si ottiene utilizzando un prodotto che espone una maggiore superficie a contatto con il liquido, ovvero, semplicemente, un tè più sminuzzato, quasi un polverino.
In generale un tè in bustine non ha un aroma e un gusto qualitativamente peggiore di uno venduto sfuso solo per il fatto di essere stato imbustato, ma piuttosto perché di solito si imbustano solamente qualità meno pregiate, fino al polverino (Dust), lasciando le migliori qualità alla vendita sfusa o in scatoline solitamente molto belle da vedere. È anche vero che nei tè più sminuzzati, a parità di peso, è esposta all’aria una maggiore superficie, per cui le perdite di aroma risultano più pronunciate. Proprio questa ragione, oltre a valutazioni di tipo estetico da non sottovalutare e ad altre di tipo merceologico (il tè in cui si riconoscono ancora le foglioline originarie è piùdifficilmente sofisticabile), è alla base del maggior valore commerciale dei tè con maggiore pezzatura.

Latte freddo nel tè caldo o viceversa?

bottiglia di latteEntra in gioco il formaggio!
Molti si chiedono se sia meglio aggiungere il latte freddo al tè già in tazza ovvero versare il tè caldo dalla teiera nella tazza contenente già un po’ di latte. La domanda sembra banale ma in realtà non lo è affatto. Tutto dipende infatti dalla temperatura e dal fatto che questa influenza direttamente il corso di molte reazioni chimiche, fra cui quella della coagulazione della caseina, la proteina più importante del latte.
Se si aggiunge il latte al tè caldo direttamente nella tazza, come si vede spesso fare nei bar da persone frettolose, succede che il poco latte che cola dal bricco si trova di colpo immerso in una grande quantità di liquido molto caldo. In queste condizioni la caseina si separa dalla massa di liquido con un sapore e odore che è proprio quello del formaggio fresco. Ovviamente non si forma vero e proprio formaggio nel tè, ma l’aroma è proprio quello ed è provocato dalla formazione di caseina.
Se invece si mette il latte freddo nella tazza vuota e poi si aggiunge lentamente il tè caldo, la temperatura del latte sale più lentamente e così si evita, o meglio si riduce, la formazione della saporita caseina. Provare per credere! Ma anche in questo caso, dipende molto dai gusti e possono esserci coloro che, invece, apprezzano il gusto forte della caseina in grado di smorzare o mascherare un gusto amarognolo e pungente di un particolare tè che trovano peggiore di un lieve aroma di formaggio.

 

Il tè per antichizzare gli avori

L’avorio è il materiale con cui sono fatte le zanne degli elefanti e dei trichechi, e il corno dell’ippopotamo e del narvalo. È un materiale che si lascia lavorare molto bene e con il quale, da tempi antichissimi, sono stati ottenuti articoli di grande valore artistico. Da qualche tempo ne è vietato il commercio per salvaguardare le specie da cui si ricavava, per cui, almeno ufficialmente, l’avorio in giro non dovrebbe essere recente.
Quando invece era un materiale comune, anche se pregiato, il valore dei manufatti dipendeva fortemente dalla loro età: più era antico, maggiore ne era il valore. Poiché l’avorio naturale ha la proprietà di ingiallire naturalmente con il passare del tempo, il suo ingiallimento era considerato un indicatore dell’età e, di conseguenza, del valore.
Per questo motivo era facile che manufatti recenti venissero colorati o imbruniti con varie tecniche per antichizzarne l’aspetto. Uno dei metodi più diffusi per invecchiare l’avorio era proprio quello di lasciarlo immerso per qualche tempo in un’infusione di tè nero. Le teorubigine aranciate venivano facilmente assorbite dall’avorio, che ha una struttura interna molto aperta, con cellule serrate fra loro e un’infinità di canali che le attraversano, colorandolo di bruno. L’effetto finale era quello di un avorio dall’aspetto vecchio, difficilmente riconoscibile, almeno per i non esperti, da un pezzo autenticamente antico.
In realtà, il modo di riconoscere un articolo d’avorio giovane e colorato (con il tè o con altri sistemi) da uno antico esiste ed è anche molto semplice. Ma per scoprirlo, rimandiamo i lettori alla lettura del libro*, dove se ne parla con maggiore precisione.

 

Perché il tè verde sa spesso d’erba appena tagliata?

foglie di the verdeChi non conosce il tè verde, quando le prime volte prova ad assaggiarne, spesso si lamenta del sapore di fieno o di erba appena tagliata che questo presenta. Altre volte capita di sentire che un certo tè verde ha un sapore come di fresco. Si è soliti attribuire queste sensazioni al gusto personale ma in realtà c’è una ragione ben precisa se il tè verde possiede questo tipo di aromi.
Il tè verde contiene infatti una certa quantità di oli essenziali, dove l’aggettivo indica la qualità di “essenza profumata” dell’olio. Responsabile del sapore d’erba fresca nelle foglie di tè, come d’altra parte nelle foglie di quasi tutte le piante verdi, è una molecola, che si chiama beta ionone, dalla struttura molto simile al beta carotene, che è invece responsabile del colore arancione delle carote o delle foglie secche. Quando si versa l’acqua calda sulle foglioline di tè, gli oli essenziali fuoriescono dalle foglie e galleggiano sulla superficie dell’infuso, formando quel velo leggerissimo e oleoso che a volte dà un particolare effetto di colore cangiante se si osserva l’infuso in certe condizioni di illuminazione e sotto particolari angolazioni.

L’alta temperatura dell’acqua favorisce l’evaporazione dei principi odorosi e determina quindi le condizioni perché ogni tè abbia, a seconda delle percentuali relative dei vari oli essenziali in esso contenuti, un suo aroma particolare.
Se il beta ionone è responsabile dell’odore di erba tagliata di recente, altri oli essenziali, pure contenuti nel tè verde, gli danno invece quell’aroma di fresco che molti gradiscono. La fermentazione fa sì che molte di queste molecole si trasformino in altre ed è questa la ragione per cui i tè neri, o fermentati, non hanno in genere questo tipo di aromi. Nel libro c’è un elenco abbastanza dettagliato dei vari oli essenziali contenuti nei tè verdi.
Nel mio libro (“Il tè, verità e bugie, pregi e difetti”, Avverbi editore, Roma 2006) sono riportate risposte scientifiche ad altre curiosità sul tè molto comuni, come per esempio cosa fa l’aggiunta di limone al tè e perché lo schiarisce, dove è meglio conservare il tè, se è corretto ed opportuno lavare tazze e teiere, quale deve essere la durata ottimale delle infusioni, se è vero che per eliminare la caffeina basta gettare via l’acqua di una prima brevissima infusione e farne subito dopo un’altra, come si producono i tè decaffeinati o deteinati, qual è l’acqua migliore per farsi un buon tè e tante altre ancora, ma per queste rimandiamo ovviamente alla lettura del testo.

Siciliana trasferita a Bologna per i tortellini e per il lavoro. Per Il Giornale del Cibo revisiona e crea contenuti. Il suo piatto preferito può essere un qualunque risotto, purché sia fatto bene! In cucina non devono mancare: basilico e olio buono.

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