Rapporto Osservatorio Ristorazione 2022: il digitale per uscire dalla crisi

Angela Caporale
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    Il settore della ristorazione vive una fase di profondo cambiamento. Le misure dettate dalla necessità di contenere la pandemia da Covid-19, l’instabilità data dalla guerra in Ucraina e il caro energia sono fattori che hanno influenzato profondamente un settore che, per la prima volta nella storia recente, vede calare le insegne, i clienti e il personale. È una fotografia preoccupante quella scattata dal Rapporto 2022 dell’Osservatorio Ristorazione, uno spin-off dell’agenzia RistoratoreTop, presentato in occasione del recente Forum della Ristorazione di Padova. L’analisi, discussa insieme a oltre 1.000 ristoratori e ristoratrici, è frutto dell’elaborazione di dati provenienti da istituti di ricerca come ISTAT e Censis, Federazione italiana pubblici esercizi (FIPE) e Federalberghi, Wearesocial, Infocamere e Plateform. Vediamo cos’è emerso e quali sono i fattori su cui puntare per il futuro

    Osservatorio Ristorazione 2022: i numeri del settore

    Partiamo dai dati. In Italia, nel 2021 anno a cui fanno riferimento i dati riportati nel rapporto erano attive 196.031 attività ristorative con cucina, 140.213 senza (ovvero bar e caffetterie), e 4.366 realtà che si occupano di ristorazione aziendale e catering. In media, si calcola che c’è un ristorante o simili ogni 166,6 abitanti. Il rapporto evidenzia come 99.402 siano imprese al femminile e 44.119 siano gestite o partecipate da persone di origine straniera.

    Questa la fotografia. L’Osservatorio, però, pone l’attenzione su due record negativi del 2021: il numero di iscrizioni di nuove attività ristorative è stato 8.942, in forte calo rispetto al passato, e il saldo tra iscrizioni e cessazioni è di -14.188. Un trend negativo che colpisce in primo luogo le grandi città: Roma (-8%), Milano (-0,6%) e Torino (-0,4%). Cresce, invece, il numero di attività a Palermo (+3,3%) e Napoli (+2,5%). Oltre alla pandemia e al caro energia, il rapporto evidenzia anche altri fattori che hanno portato a questo risultato in un anno considerato “zero” per il settore. 

    Il caro energia fa crescere i prezzi

    HAKINMHAN/shutterstock.com

    L’aumento dei costi dell’energia e quindi delle bollette è una delle principali preoccupazioni per le aziende del settore. Il 63,6% dei ristoratori intervistati dalla FIPE ha modificato la propria attività: uno su cinque ha ottimizzato i costi di produzione, uno su dieci ha operato dei tagli al personale, tre su dieci ha scelto di ridurre i consumi

    Un’altra faccia della medaglia è l’aumento dei prezzi al cliente. Il 26,95% degli intervistati ha effettuato aumenti inferiori al 5%, il 44,6% tra il 6 e il 10%, il 19,7% tra 11 e 15% e l’8,75% sopra il 16%. Una crescita sensibile, dunque, che deve fare i conti con una ridotta capacità di acquisto da parte degli italiani.

    La mancanza di personale è un problema strutturale

    Gli imprenditori della ristorazione lamentano la difficoltà relativa alla ricerca del personale, un problema che secondo l’Osservatorio è da considerarsi strutturale e che non riguarda solo l’Italia. Si parla di “the great resignation”, intesa come una tendenza dei giovani Millennials e Gen Z ad abbandonare il posto fisso a favore di un percorso imprenditoriale proprio, soprattutto in risposta a condizioni lavorative spesso precarie e a ritmi insostenibili, che raccontano una ristorazione che non è solo l’ambiente di lavoro molto cool promosso, negli ultimi anni, anche dai media.

    Si è rotta l’illusione della ristorazione come “lavoro dei sogni”. Tant’è che calano anche i giovanissimi che puntano a lavorare nel settore. È significativo il calo di iscritti nelle scuole alberghiere: nell’anno scolastico 2014/2015 era stato raggiunto il numero record di 64.296 nuovi studenti, nel 2021/2022 solo 34.015, meno 47%.

    “Questo clima di sfiducia” ha commentato Lorenzo Ferrari, presidente dell’Osservatorio Ristorazione, “va combattuto facendo sistema e ripensando il settore per attirare e, soprattutto, trattenere i più giovani, aprendo a figure professionali più consone alle competenze e alle aspirazioni dei nativi digitali.”

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    Come le abitudini di consumo influenzano i locali

    “Nel biennio caratterizzato dalla pandemia” ha aggiunto Ferrari, “sono sopravvissute o hanno addirittura prosperato quelle realtà che hanno saputo riorganizzarsi tempestivamente, rimboccandosi le maniche tra nuovi modelli di business, produzione di sala e cucina ottimizzata e processi di fidelizzazione dei clienti.” È il rapporto dell’Osservatorio a individuare quali sono le abitudini di consumatori che stanno mutando e che, quindi, possono guidare le imprese del settore verso investimenti proficui.

    Sin dall’inizio della pandemia, è stato evidente come la digitalizzazione fosse un argomento caldo. Sono nate e cresciute molte start up pensate per la ristorazione, spesso anche rese accessibili alle imprese a prezzi agevolati. I menù digitali, il delivery e le prenotazioni online sono diventati familiari per i clienti che oggi li ricercano abitualmente. Secondo i dati dell’Osservatorio, infatti, il 39,1% delle prenotazioni avviene via web, il 49,7% via telefono e solo l’11,2% direttamente nel locale. Internet pesa molto anche nella scelta del locale: oltre al classico passaparola, oggi il 14,85% delle persone sceglie o scopre un ristorante tramite Google, il 10,97% con TripAdvisor, il 13,13% da Instagram e il 7,14 da Facebook. Complessivamente, quasi la metà dei consumatori scopre un ristorante, un bar, un’osteria o una caffetteria online.

    menu digitale app

    Elvis Aguero/shutterstock.com

    In questi anni si sta trasformando anche il motivo per cui usciamo fuori a pranzo oppure a cena. La ristorazione è esperienza e, molto spesso, turismo: il 91% degli italiani cerca nuovi locali da provare anche lontano da casa. Il 33,72% frequenta ristoranti nella propria provincia ma non in prossimità di casa, il 19,72% cambia Regione, il 7,52% viene dall’estero. Solo il 9% dei clienti è abitudinario e torna spesso nello stesso locale, la maggior parte apprezza la novità, la ricerca e, appunto, l’esperienza. 

    Uno sguardo al futuro: i fattori che fanno (e faranno) la differenza

    Da quanto emerge dal Rapporto 2022 dell’Osservatorio Ristorazione, il settore della ristorazione vive ancora un periodo di grande difficoltà e incertezza, caratterizzato dall’ombra del caro energia e della guerra e chiamato a rispondere a una duplice trasformazione dei clienti che, da un lato sono più digitali ed esigenti, dall’altro hanno un minore potere d’acquisto.

    Lo stesso Ferrari identifica il mutamento in atto e la strada della ripartenza: “La ristorazione è vissuta sempre più come un’esperienza e non come un bene di prima necessità. Chi saprà interpretare al meglio questo concetto, sarà protagonista della ripartenza del settore nel 2022 e negli anni a venire dopo un 2021 che ha evidentemente rappresentato l’anno zero della categoria.” La ristorazione guarda al 2022 con una prudente fiducia, nella consapevolezza che i passi da compiere verso la ripresa passano anche attraverso un servizio contemporaneo, vicino alla sensibilità dei giovani che, chissà, torneranno a sognarla.

    Passaporto friulano e cuore bolognese, Angela vive a Udine dove lavora come giornalista freelance. Per Il Giornale del Cibo scrive di attualità, sociale e food innovation. Il suo piatto preferito sono i tortelloni burro, salvia e una sana spolverata di parmigiano: comfort food per eccellenza, ha imparato a fare la sfoglia per poterli mangiare e condividere ogni volta che ne sente il bisogno.

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