Quali sono le differenze tra olio d’oliva e olio extravergine d’oliva?

Laura Girolami
2

     

     

    L’olio d’oliva è un prodotto che non manca mai sulle tavole e nelle cucine italiane, ma è anche tra i più soggetti a frodi alimentari e contraffazioni. Sulla sua qualità e sulle sue origini, inoltre, c’è ancora poca informazione: in tanti sanno, per esempio, che ne esiste più di una tipologia, ma in pochi sanno davvero quali siano le differenze tra olio d’oliva e olio extravergine d’oliva. In questo articolo cercheremo quindi di fare chiarezza sull’argomento, partendo dal principio, cioè dalle fasi della sua produzione.

    La produzione dell’olio di oliva: molitura classica e frangitura

    Dopo la raccolta, che avviene  tra i mesi di ottobre e novembre, le olive vengono portate al frantoio e pesate. Successivamente sono sottoposte a lavaggio con acqua, per eliminare residui di terra o fango, che intaccherebbero la qualità finale del prodotto. A questo punto  occorre fare una precisazione: la lavorazione delle olive può avvenire secondo diverse modalità, la molitura classica e la frangitura. Il primo metodo è quello tradizionale, meccanico; nel secondo, invece, si ricorre a un macchinario industriale.

    Nella molitura classica l’estrazione dell’olio avviene grazie a una o più molazze, grandi macine in pietra, generalmente granito, che ruotano sui frutti: esse non schiacciano le olive, ma le “impastano”, è lo sfregamento dei noccioli e dei loro resti, ormai frantumati, contro la polpa, che permette all’olio di fuoriuscire. Oggi le molazze sono azionate da un motore, ma un tempo erano trainate da asini o cavalli.

    frantoio tradizionale

    Mrak.hr/shutterstock.com

    La frangitura avviene invece grazie a un frangitore metallico (a martelli, a dischi o di altra tipologia), un macchinario che viene caricato dall’alto con le olive già lavate: al suo interno, le olive vengono trasformate in pasta.

    Il prodotto della molitura e della frangitura deve poi passare alla fase di gramolatura (gramolazione), che consiste nel continuo movimento della pasta di olive all’interno di macchine chiamate appunto gramolatrici. Questa operazione deve avvenire a una temperatura massima di 28-32°C per ogni tipo di olio, mentre per quelli che vengono messi in commercio con la dicitura “estratto a freddo” tutto il ciclo di produzione deve avvenire a meno di 27°C.

    L’ultimo passaggio è rappresentato dalla separazione o estrazione dell’olio, che consiste nel separare la fase liquida (l’olio, appunto) da quella solida (la sansa) e avviene attraverso la pressione, il percolamento o la centrifugazione. A seconda del metodo utilizzato, la qualità dell’olio e le sue caratteristiche organolettiche saranno differenti, ma tutte le fasi del processo sono importanti e influiscono sul prodotto finale, così come lo stoccaggio delle olive nel periodo che intercorre tra la raccolta e la lavorazione, il grado di maturazione, la scelta della molitura o della frangitura.

    controlli produzione olio d'oliva

    wavebreakmedia/shutterstock.com

    Olio d’oliva e olio extravergine: la differenza e le caratteristiche

    Il mondo dell’olio presenta molte sfaccettature, per questo, da consumatori, è necessario essere informati il più possibile, in modo da poter scegliere sempre il meglio e, soprattutto, essere consapevoli di ciò che si acquista, anche quando si tratta di prodotti che annoverano l’olio tra gli ingredienti.

    Secondo la nuova classificazione, introdotta dal Regolamento CE 1531/2001, entrato in vigore nel 2003, sia gli oli di oliva che gli oli di sansa di oliva devono avere determinate caratteristiche. Gli oli d’oliva possono essere vergini o raffinati: i primi sono ottenuti da olive sottoposte a processi di spremitura meccanici, “che non causano alterazioni dell’olio e che non comprendano altri trattamenti diversi dal lavaggio, dalla decantazione, dalla centrifugazione e dalla filtrazione”. Quelli raffinati, invece, sono il risultato di processi sia meccanici che chimici.

    Olio di oliva extravergine

    È in assoluto la qualità più pregiata, perché presenta un ottimo profilo organolettico, con una presenza di acido oleico inferiore agli 0,8 g su 100 g. Anche il colore, l’odore e la consistenza devono rispettare delle indicazioni precise.

    Olio di oliva vergine

    L’olio di oliva vergine è ottenuto dalla molitura delle olive, ha difetti appena percettibili, e la sua acidità espressa in acido oleico non può eccedere 2 g per 100 g.

    Olio di oliva vergine lampante

    Pur essendo ottenuto attraverso processi meccanici, non può essere venduto al consumatore diretto, poiché ha bisogno di essere raffinato, prima del consumo; la sua acidità, infatti, è superiore a 2 g per 100 g e il suo profilo organolettico è basso, con sapore e odore sgradevoli.

    Olio di oliva

    Questa tipologia è meno pregiata, poiché è composta da olio di oliva “raffinato”, cioè ottenuto tramite un processo chimico e in seguito mescolato con parti di oli vergine (ma non lampanti) con un’acidità consentita inferiore a 1 g per 100 g.

    Olio di sansa di oliva

    È ottenuto da olio di sansa raffinato e da oli d’oliva vergini (non lampanti), con un’acidità che non supera 1 g per 100 g.

    Olio di sansa di oliva greggio

    Anche questa tipologia non può essere veduta al consumatore diretto. È l’olio ottenuto dalla sansa, la purea formata dai frammenti di nocciolino, sezioni di bucce, residui di polpa delle olive, tramite processi fisici o con solventi chimici.

    Olio di sansa di oliva raffinato

    È ottenuto dalla raffinazione dell’olio di sansa di oliva greggio e non può essere venduto al consumatore diretto.

    olive olio d'oliva

    Sarah2/shutterstock.com

    Consigli per scegliere l’olio d’oliva

    Dopo aver scoperto i segreti delle sue fasi di lavorazione, come si classificano i diversi di olio e quali sono le tipologie migliori è arrivato il momento di capire insieme come riconoscere l’olio migliore tra gli scaffali dei supermercati.

    Facciamo però un passo indietro e analizziamo brevemente il quadro di insieme della situazione italiana, sia per quanto riguarda la produzione che il mercato. Purtroppo il 2018 è stato uno degli anni più difficili per i coltivatori italiani, infatti si è registrato un crollo della produzione del 38% rispetto al 2017 su tutto il territorio nazionale.

    Questo ha avuto ripercussioni non soltanto sul mercato italiano, dove la domanda è molto alta, ma soprattutto su quello estero che è in continua espansione. I dati positivi ci sono infatti, e sono riscontrabili in particolare nella crescita del mercato cinese con un +41% e un giro di affari che supera i 40 milioni di euro. Un mercato che ha fatto registrare un incremento da record sono stati i paesi scandinavi, e in particolar modo la Svezia con un +58% in meno di 10 anni, dal 2008 al 2017.

    A fronte di queste informazioni è quindi sempre più importante riconoscere un prodotto di qualità “sopravvissuto” alla pessima annata. Uno dei modi migliori è quello di leggere, e saper leggere le etichette dell’olio. Dal 13 dicembre 2014 è infatti entrato in vigore il Regolamento europeo 1169/2011, che disciplina le etichette alimentari in generale e per il settore oleario rende obbligatorie alcune informazioni riguardanti il prodotto. Queste informazioni, che rientrano nella categoria “obbligatorie” sono: la denominazione di vendita, la designazione dell’origine, il nome o ragione sociale o marchio depositato, il termine minimo di conservazione, la modalità di conservazione e addirittura anche l’indicazione ecologica, cioè indicazioni o simboli per lo smaltimento ecologico del contenitore.

    Infine è utilissimo riconoscere i “falsi miti” per riconoscere un olio di alta qualità. Sono moltissimi infatti i dati errati ai quali ci riferiamo nel momento della scelta al supermercato, facendoci perdere di vista i criteri ad esempio per riconoscere un ottimo olio extravergine di oliva, quello con le caratteristiche migliori. Il colore, per esempio, non deve mai condizionare, tanto che gli esperti lo assaggiano in bicchieri di vetro scuro. Invece ciò che lo fa riconoscere al primo impatto come un prodotto di qualità è l’odore, che deve far pensare a una vera spremuta di olive, e il suo sapore amaro e leggermente piccante, che denota la presenza di polifenoli, antiossidanti alleati per contrastare i disturbi legati all’invecchiamento.

    Conoscevate le differenze tra i diversi tipi di olio d’oliva?

    Laura è nata a Macerata, e passa le sue giornate (e alcune notti) a scrivere. Il suo piatto preferito è la pasta perché è tradizione, ricordi e la base perfetta per tutti i sapori del mondo. Secondo lei in cucina non può mancare il tempo e la creatività per dedicarsi ai fornelli.

    Lascia un commento