Gli “ambasciatori dei territori”: un viaggio alla scoperta delle De.Co. italiane

Mariangela Ciavarella
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    Se dici “tortellino”, il pensiero va a Bologna e alle sue Due Torri, mentre il panettone, protagonista della tavola natalizia, porta con sé le immagini e le atmosfere milanesi. E che dire del cioccolato di Modica e degli spettacolari panorami siciliani a cui è legato? Ognuno di questi prodotti ha la capacità di riportarci alla mente suggestioni e ricordi legati a una città o a un particolare territorio. Possiamo addirittura considerarli dei veri e propri “ambasciatori” di una Regione o di una cultura gastronomica.

    E per molti prodotti funziona proprio così: rappresentano i Comuni italiani e lo fanno in veste ufficiale attraverso il marchio della Denominazione Comunale, la De.Co. Questa certificazione viene riconosciuta a produzioni e pietanze, ma anche a manufatti artigianali, saperi e tradizioni che incarnano un importante tassello di storia locale e a cui il Comune dedica una procedura di riconoscimento ad hoc.

    Ma cosa significa scegliere questo tipo di prodotto e che caratteristiche hanno le produzioni a cui viene conferito il marchio? Iniziamo il nostro viaggio alla scoperta della denominazione che premia le eccellenze dei territori italiani!

    Prodotti De.Co: tra marketing territoriale e tutela dei consumatori

    Per ogni prodotto che riceve il bollino De.Co. inizia un percorso nuovo, un cammino che dall’attività produttiva approda a progetti di valorizzazione, salvaguardia e promozione. In due parole: marketing territoriale. Questi prodotti diventano ufficialmente sinonimo dell’unicità gastronomica del territorio e, proprio in virtù di questo, giocano un ruolo chiave nel raccontare la città attraverso i suoi simboli gastronomici, le sue filiere e i suoi produttori.

    OlgaBombologna/shutterstock.com

    Ma c’è di più. Il valore del prodotto De.Co. si rivela prezioso anche sul fronte delle certificazioni di qualità. Attraverso il riconoscimento di una De.Co., infatti, i Comuni hanno la possibilità non solo di mettere in risalto l’origine di un piatto o di una specialità agroalimentare, ma anche di fissarne la composizione e di garantirne gli ingredienti impiegati: questo significa che il consumatore avrà sempre la certezza che quel determinato prodotto presenterà le caratteristiche certificate dal Comune, il tutto in una logica di filiera corta e km 0.

    Come viene attribuita la Denominazione Comunale?

    L’attribuzione della Denominazione Comunale è in capo alle amministrazioni locali che, come abbiamo visto, rafforzano la potenza evocativa di un prodotto contribuendo alla costruzione di un vero e proprio brand a carattere territoriale.

    Nel solco della Legge n. 142 dell’8 giugno 1990 (che consente ai Comuni di deliberare in materia di valorizzazione delle attività agroalimentari tradizionali) possono ottenere il marchio De.Co. tutti quei prodotti che, sebbene non inseriti nell’elenco delle Dop o delle Igp, sono ritenuti tipici di un determinato territorio e ne esprimono la storia gastronomica conservandone nel tempo la riconoscibilità.

    Gli strumenti normativi necessari all’istituzione del marchio De.Co. sono due:

    •  il Decreto legislativo 267/2000: riconosce il Comune come “l’ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi, ne promuove lo sviluppo, il progresso civile, sociale ed economico”. Sulla base di questa premessa, dunque, l’amministrazione assume un ruolo attivo in termini di valorizzazione, promozione e tutela.
    • La delibera del Consiglio comunale: attraverso questo atto viene adottato il “Regolamento per la valorizzazione delle attività agroalimentari tradizionali e l’istituzione delle De.Co. – Denominazione Comunale”.

    culturabologna.it

    Sulla scorta di quanto prescritto da questo documento, il comune si impegna a istituire un albo delle produzioni agroalimentari, un registro De.Co. e un marchio “De.Co.” che attesti l’origine del prodotto e la sua composizione.

    L’iter per l’attribuzione del marchio prevede, poi, la nomina di una commissione ad hoc. Quest’organo valuta le richieste dei produttori che intendono proporre le proprie specialità  per il riconoscimento e ne verifica la conformità rispetto al disciplinare di produzione. Gli elementi sotto esame, in particolare, sono:

    • il nome;
    • le caratteristiche e i metodi di lavorazione, di conservazione e stagionatura consolidati nel tempo a seconda delle tradizioni locali;
    • i materiali e le attrezzature impiegati per la preparazione e il confezionamento;
    • la descrizione degli ambienti in cui avvengono la produzione, la conservazione e la stagionatura.

    Tre categorie di prodotti De.Co.

    Quando si entra nella galassia delle specialità tipiche a carattere locale si ha di fronte una gamma di prodotti con caratteristiche spesso molto diverse, ecco perché la certificazione De.Co. identifica tre gruppi di produzioni:

    • prodotti tipici: includono, ad esempio, le coltivazioni legate a uno specifico territorio;
    • prodotti di artigianato: ricadono sotto questa etichetta tutti quei manufatti artigianali realizzati a partire da un sapere che ha dato avvio a un’attività artigianale tipica di un territorio;
    • prodotti di artigianato alimentare: in questo caso parliamo di produzioni alimentari locali che esprimono l’elemento identitario di una località o di una determinata area geografica.

    ricetta tinca al forno

    Ma non finisce qui. Il mondo delle De.Co., infatti, è molto variegato e prevede anche una macro-categoria dedicata alle produzioni immateriali che ruotano attorno alla sfera culturale: parliamo di ricette, feste o saperi che codificano una determinata tradizione. Spesso, poi, la certificazione prevede anche una formula multipla che raccoglie sotto lo stesso bollino quelle tradizioni che si esprimono sia attraverso prodotti tipici tangibili, come una pietanza – è il caso della Tinca al forno di Clusane – sia per mezzo delle competenze necessarie alla sua realizzazione.

    Per ogni categoria i requisiti fondamentali al riconoscimento del marchio sono la storicità e l’espressione di un patrimonio collettivo. Ma quali sono queste De.Co.? Facciamo qualche esempio!

    Prodotti De.Co.: alcuni esempi di eccellenze italiane

    La denominazione crea uno stretto legame tra il prodotto e la dimensione identitaria del territorio. Questo elemento, insieme a caratteristiche, storia e motivazioni alla base della tutela, è parte di un vero e proprio bagaglio culturale che ogni città punta a valorizzare.

    Lo sa bene il Comune di Bologna che, nel 2020, ha avviato l’iter per istituire il marchio comunale con l’obiettivo di dare un riconoscimento alle lavorazioni tipiche e tradizionali. E così la certificazione De.Co., già conferita a eccellenze agroalimentari come il tortellino, il castrato, il formaggio e il savoiardo di Castel San Pietro, arriva anche per il ragù, la tagliatella all’uovo, lo strichetto, l’Olio extra vergine dei Colli di Bologna e il tagliere dei Salsamentari, con i suoi salumi, i formaggi e gli ortaggi sott’olio.

    Micaela Fiorellini/shutterstock.com

    Milano non è da meno e vanta tra le sue De.Co. alcuni dei piatti più famosi d’Italia, come il risotto alla milanese e la cassoeula, piatto povero per eccellenza, preparato con verdure e parti meno nobili del maiale.

    Restando nel campo delle ricette tipiche ci spostiamo nel Lazio dove troviamo un grande classico della gastronomia italiana: la salsa all’Amatriciana, il cui disciplinare di produzione, conservato dal Comune di Amatrice, prevede la possibilità di prepararla sia in versione bianca che rossa. Se rimaniamo in zona, un menzionare speciale va al guanciale amatriciano, a sua volta tutelato dal marchio De.Co.

    A voler seguire un percorso scandito dai prodotti a Denominazione Comunale si potrebbe attraversare l’Italia assaporando prelibatezze e scoprendo anche piatti meno noti: durante un viaggio in Liguria, ad esempio, si può assaggiare, la Stroscia di Pietrabruna, un dolce tipico della pasticceria locale a base di olio extravergine di oliva taggiasca.

    Proprio l’olio è un prodotto che vanta diverse De.Co.: c’è l’extravergine ricavato dall’Oliva di Impruneta, in provincia di Firenze, quello che porta il nome del Comune di Biccari, in provincia di Foggia, e la varietà prodotta a Roseto Capo Spulico, piccolo comune del Cosentino. E la lista è ancora lunga: seguendola è possibile scoprire il volto più autentico dell’Italia che produce.

    Acquistare i prodotti a marchio De.Co. significa portare a casa un pezzetto dei sapori e della tradizione di una città o di un territorio: voi li conoscevate? Li scegliete abitualmente quando visitate una nuova città?

    Ha anima e origini pugliesi, ma da diversi anni vive a Bologna, dove lavora come giornalista televisiva. Si occupa di imprese e consumi e cura un format dedicato al mondo dell’agroalimentare. Per il Giornale del Cibo scrive di attualità e food innovation. Il suo piatto preferito è tutto ciò che ha il profumo e il sapore di casa. Nella sua cucina non manca mai il formaggio, ingrediente magico in grado di legare ed esaltare i sapori.

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