Valorizzare il cibo con l’etichetta alimentare Positive Food?

Alessia Rossi
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    Aiutare consumatori e consumatrici a comprendere ciò che c’è dentro – e dietro – ciò che acquistiamo al supermercato, sensibilizzando a una nutrizione più consapevole e, al tempo stesso, a una maggiore sostenibilità. È quello che da tempo aziende, Istituti e associazioni di categoria stanno cercando di fare sfruttando anche le informazioni contenute nell’etichettatura dei prodotti alimentari, e in questi anni sono state varie le proposte tra etichette a semaforo e i primi tentativi di climate labeling

    Nel panorama in continua evoluzione del settore alimentare, un’etichetta in particolare ha catturato l’attenzione di consumatori consapevoli e produttori impegnati. Si tratta di “Positive Food”, definita la “prima etichetta alimentare di sostenibilità” tutta italiana, in quanto sviluppata dall’Università degli Studi di Milano. Questo sistema di etichettatura potrebbe cambiare il modo in cui percepiamo e scegliamo il cibo, incoraggiando un approccio più responsabile e –  positivo – alla produzione e al consumo alimentare. Scopriamo come funziona!

    Positive Food: un’etichetta con un approccio olistico e multidisciplinare alla sostenibilità 

    SeventyFour/shutterstock.com

    Sviluppata dal Milan Center for Food Law and Policy – associazione costituita con l’obiettivo di dare seguito ai temi di Expo Milano 2015 – con il know-how scientifico dell’Università Statale di Milano, Positive Food è molto più di una semplice etichetta. È un progetto più ampio che vuole guardare oltre al prodotto alimentare in sé, riflettendo un cambiamento fondamentale nella nostra comprensione del cibo e del suo impatto sul pianeta. L’obiettivo è quello di promuovere un approccio olistico e multidisciplinare alla sostenibilità alimentare, considerando non solo gli aspetti ambientali ma anche quelli sociali ed economici della produzione e del consumo.

    Ed è per questo che l’Università degli Studi di Milano ha sviluppato un nuovo sistema di etichettatura in collaborazione con agricoltori, produttori alimentari ed esperti del settore per creare un sistema di valutazione chiaro, completo e trasparente. Si tratta della prima etichetta che valuta un alimento in un’ottica multifattoriale, andando oltre al contenuto delle singole informazioni nutrizionali, ad esempio come accade per le tanto discusse etichette a semaforo. Infatti, questo innovativo modello vuole superare i limiti di questo tipo di etichettatura, la cui valutazione sugli alimenti implica quasi una “autorizzazione” al consumo quando il semaforo è verde e una “proibizione” quando al contrario è rosso, andando anche a discriminare tra cibi “sani” e cibi “dannosi”.

    Il sistema di Positive Food, invece, prevede una colorazione di un blu uniforme, che non va quindi a influenzare visivamente i consumatori con colori associati al positivo (verde) o al negativo (rosso), lasciandoli liberi di scegliere. L’altro aspetto davvero innovativo è che si tratta di un indice che fornisce un punteggio sintetico relativo alla qualità dei prodotti alimentari tenendo conto di diversi fattori, tra cui l’impatto ambientale, il benessere degli animali, la salute umana e il sostegno alle comunità locali. Ma vediamoli nel dettaglio.

    I quattro indici di Positive Food

    George Rudy/shutterstock.com

    L’aspetto davvero innovativo di Positive Food consiste nella sua modalità di valutazione. L’indice finale che appare in etichetta esprime una valutazione del prodotto con un valore compreso tra 0 e 5, “voto” ottenuto dalla combinazione di quattro indici sintetici, sempre valutati secondo una scala crescente da 0 a 5. 

    Ambiente

    Se parliamo di sostenibilità, il primo punto non poteva essere che questo. Quando acquistiamo un prodotto, dovremmo poter sapere qual è l’impatto che ha sull’ambiente che ci circonda. Ma abbiamo visto, in altri approfondimenti, come spesso sia difficile capire davvero cosa s’intenda per “sostenibilità”, diventando un’etichetta vuota di contenuti

    Positive Food punta a “chiarire quanti e quali processi interessano un determinato alimento in relazione al mondo circostante”. Ad esempio, quanto sfruttamento di suolo richiede la produzione di quel prodotto? Quante risorse minerarie ed energetiche? Quanto intacca le risorse idriche di un territorio o quanto ancora quell’alimento concorra all’ecotossicità dell’acqua dolce? Fornendo tutte queste informazioni, il consumatore sarà informato e potrà prendere una decisione d’acquisto tenendo conto di tutti questi aspetti.

    Persone

    “Per fare l’albero ci vuole il seme”, recita la famosa canzone di Sergio Endrigo, e ugualmente potremmo dire che “per fare il cibo ci vogliono le persone”. Oltre al rispetto e al benessere dell’ambiente e della sua biodiversità, per essere davvero “buono” un prodotto deve tenere conto anche del benessere di coloro che hanno concorso a produrlo. In questi anni, abbiamo visto spesso come i diritti dei lavoratori e delle lavoratrici lungo le diverse filiere sono stati spesso negati: paghe non eque, sfruttamento, insediamenti informali in cui ogni servizio essenziale è assente.

    Positive Food valuta dunque questo aspetto essenziale: condizioni di lavoro sane, sicure e giuste, benessere dei lavoratori, inclusione e diversità, innovazione sociale, occupazione e parità di genere sono tutti indicatori che concorrono a certificare prodotti alimentari economicamente e socialmente sostenibili.

    Filiera

    Questo indice vuole tenere conto del percorso che ogni alimento ha, dalla sua nascita alla distribuzione, passando per la vendita, fino all’impatto che questo ha sul territorio e sulla società. Non sempre sono chiari – e dichiarati – tutti i passaggi a cui un prodotto è sottoposto, come abbiamo visto parlando anche della Mappa dei rischi umani e ambientali lungo le filiere di cacao, banane e caffè di Fairtrade. Per Positive Food, invece, territorialità, responsabilità, tracciabilità, promozione sociale, innovazione, economia circolare e benessere degli animali sono indicatori fondamentali per garantire una buona valutazione del prodotto.

    Nutrienti

    Interessante notare come l’ultimo indice sia proprio quello che tiene conto dell’aspetto nutrizionale del dato prodotto. Elemento, invece, centrale principale in altri sistemi di etichettatura o di valutazione degli alimenti, come nel caso di alcune app usate dai consumatori per capire quali cibi siano più salutari. 

    Un dato ovviamente importante, come sottolineano nel comunicato stampa, in quanto “un’alimentazione corretta e completa deve essere varia e di qualità, e consentire di attingere ad un elevato numero di differenti nutrienti. Fornire questo tipo di informazioni nutrizionali – in concomitanza con gli altri indici – permette al consumatore di compiere scelte consapevoli e di contribuire attivamente alla propria salute, nonché quella collettiva”.

    Una rivoluzione nel settore dell’etichettatura alimentare?

    Sorbis/shutterstock.com

    È quello che in molti si stanno chiedendo. Al momento si tratta di una certificazione che viene rilasciata su base volontaria, ma che segna un traguardo importante. Infatti, come spiega chi c’è dietro Positive Food, se gli aspetti nutrizionali sono una caratteristica intrinseca degli alimenti, tutto il resto – come l’aspetto ambientale, sociale ed economico – riguarda in primo luogo la responsabilità decisionale delle aziende e dell’intero comparto alimentare. La speranza è quindi che, adottando questo tipo di etichettatura, si inneschi su larga scala un circolo virtuoso, stimolando produttori a implementare tutte le strategie possibili per immettere sul mercato un prodotto buono, per l’ambiente e le persone.

    E si rimanda anche alla responsabilità del singolo consumatore, che al momento dell’acquisto potrà avere tutte le informazioni per fare una scelta davvero consapevole, completa e sostenibile. Positive Food rappresenta infatti un importante passo avanti nella promozione della sostenibilità alimentare e nel coinvolgimento dei consumatori nel processo. Con una “semplice” etichetta tutti noi possiamo fare la differenza, una scelta alla volta, per un futuro alimentare più sostenibile e positivo.


    Credits immagine in evidenza: Ground Picture/shutterstock.com

     

    È nata vicino a Bologna, ma dopo l'università si è trasferita a Torino per due anni, dove ha frequentato la Scuola Holden. Adesso è tornata a casa e lavora come ghost e web writer. Non ha molta pazienza in cucina, a parte per i dolci, che adora preparare insieme alla madre: ciambelle, plumcake e torte della nonna non hanno segreti per lei. Sta imparando a tirare la sfoglia come una vera azdora (o almeno, ci prova).

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