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Porchetta Di Ariccia

Adriana Angelieri

di Martino Ragusa.

Le porchette che si vedono ad Ariccia, sembrano elementi scenografici per un film ambientato nell’Antica Roma, e in realtà i romani erano grandi mangiatori di una porchetta pressoché uguale a quella che mangiamo oggi, pare che Nerone ne fosse ghiottissimo.
Gli ingredienti sono sempre quelli: un maialino di sessanta/settanta chili, sale, pepe, aglio, e aromi a scelta tra finocchio selvatico orosmarino a seconda del norcino che l’ha preparata. L’unica variazione in millenni è l’abitudine attuale di disossare il maialino e legarlo per poterlo poi vendere a fette. Anche i procedimenti di cottura sono identici, con i maialini sistemati su cavalletti e infornati per circa tre ore. Oggi, però, vengono fatti raffreddare in un locale munito di aspiratori a soffitto che permettono la dissipazione dei fumi e dei vapori di cottura che inquinerebbero la fragranza delle carni.

Benché sia diffusa in tutti i Colli Albani (antico nome dei Castelli Romani) e in Ciociaria, la patria indiscussa della porchetta è Ariccia. Basta girare per le strade del centro per vederla spuntare dalle vetrine delle rosticcerie e delle salumerie, o stesa sulle spianatoie di bancarelle e chioschi. La ragione di tanta vocazione va cercata nelle antiche condizioni ambientali della città, una volta immersa fra boschi di querce – il cosiddetto “barco” – popolati da branchi di suini allo stato brado. Se pensate che la porchetta sia micidiale per il livello del vostro colesterolo, vi sbagliate. Grazie a una temperatura di cottura che raggiunge 300 gradi, la maggior parte dei grassi si scioglie, cola e lascia la carne pressoché magra. Senz’altro impegnativi, invece, sono gli zampetti di maiale che qui usano cuocere sotto la porchetta nel grasso di colatura. Per affrontarli occorre un coraggio non indifferente, e devo ammettere che ho faticato non poco per decidermi a un assaggio che però mi ha deliziato.

La porchetta si gusta fredda, con pane di Genzano e vino dei Castelli. Viene venduta a peso e non “a panino”, quindi potete decidere quanto ricca dovrà essere la farcitura del vostro delizioso sandwich. E ricordate che la parte più ghiotta è la cotenna, lucida, croccante e meno grassa di quanto si possa pensare sempre per via della colatura dei grassi.

Siciliana trasferita a Bologna per i tortellini e per il lavoro. Per Il Giornale del Cibo revisiona e crea contenuti. Il suo piatto preferito può essere un qualunque risotto, purché sia fatto bene! In cucina non devono mancare: basilico e olio buono.

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