Packaging alimentare sostenibile e innovativo, una soluzione per eliminare la plastica? L’esperimento di Lidl Svizzera

Angela Caporale
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    Rinunciare, ridurre e arrivare al più presto all’eliminazione della plastica negli ambiti dove è possibile è una priorità per tutti i settori. Anche quello agroalimentare, negli ultimi anni, ha accresciuto la consapevolezza che è necessario rendere la filiera più sostenibile e si è avviato un processo di transizione ecologica.

    Un passo importante è stata la messa al bando della plastica usa e getta da parte dell’Unione Europea, che ha portato all’accelerazione dei processi di ricerca di materiali che abbiano un minor impatto sul Pianeta. Per quanto riguarda i prodotti alimentari, ad avere conseguenze gravi dal punto di vista ecologico è il packaging.

    In tal senso sono tanti i progetti di ricerca che hanno l’obiettivo di individuare alternative capaci di contenere e conservare in maniera adeguata i cibi, come avviene con la plastica. Lidl Svizzera, insieme al Laboratorio federale svizzero di Scienza dei materiali (Empa), sta testando una pellicola al 100% biodegradabile e commestibile, realizzata a partire dagli scarti della frutta e della verdura, e quindi aiutando anche a combattere lo spreco alimentare. Facciamo il punto sul packaging sostenibile per gli alimenti, come deve essere, e scopriamo più nel dettaglio il progetto di Lidl Svizzera.

    Perché è importante un packaging più sostenibile per gli alimenti

    La sostenibilità ambientale del packaging è oggetto di numerose indagini che partono dalla quantità di imballaggi che, ogni anno, vengono buttati. Secondo la US Environmental protection agency, negli Stati Uniti il pack del settore food rappresenta quasi la metà dei rifiuti solidi urbani. Non sempre, inoltre, questi contenitori sono riciclati correttamente, nonostante gli sforzi e la diffusione della raccolta differenziata, soprattutto in Italia. Quella di imballaggi riciclabili e riutilizzabili in vetro o in stoffa è solo una delle strade percorribili per ridurre l’impatto sull’ambiente. È altrettanto importante ridimensionare l’impiego di materiali altamente inquinanti e difficili da smaltire, come la plastica.

    imballaggi di plastica

    Goncharov_Artem/shutterstock.com

    Oltre a questo, c’è anche un altro discorso da fare. Il packaging, infatti, è parte stessa del prodotto acquistato dai consumatori. Spesso senza rendersene conto, chi acquista lo fa anche in virtù della confezione in cui ciò che desidera è venduto. Non è una rilevanza che si limita al settore alimentare, ma proprio in questo ambito è stato ampiamente studiato il suo impatto sulle scelte di consumo.

    Negli spazi della Grande Distribuzione Organizzata farsi notare è d’obbligo, tant’è che Barilla scelse di vendere la pasta all’interno delle scatole di cartone colorate proprio per rispondere a un calo delle vendite del prodotto sfuso. Il packaging, in quel caso, è stato un modo per emergere rispetto ai concorrenti, ma può trasformarsi anche in un messaggio. Sempre la Barilla ha più volte modificato le confezioni per andare in contro al rinnovato interesse dei consumatori rispetto al tema della sostenibilità.

    Nell’estate del 2020, solo nel Regno Unito, ha eliminato la classica “finestrella” che, nelle intenzioni del brand, serviva a mostrare al consumatore il contenuto. La pellicola di plastica, però, rendeva complicato il riciclo della confezione. Alle persone veniva infatti chiesto di separare carta e plastica e conferirle in due bidoni diversi. Meglio quindi eliminare un elemento iconico a favore di un approccio più sostenibile, tant’è che oggi sulle confezioni si trova un riquadro con un messaggio al consumatore: “Niente più finestre di plastica. Cambiando il nostro mondo un pacchetto alla volta“.

    Imballaggio alimentare sostenibile: quali devono essere le loro caratteristiche?

    Produrre packaging alimentare sostenibile capace di garantire al consumatore finale un’esperienza di acquisto soddisfacente non è semplice. Talvolta rinunciare alla plastica implica delle criticità come confezioni che si deteriorano prima, più complicate da aprire oppure un accorciamento dei tempi di conservazione dei cibo. Questi elementi fanno sì che anche un consumatore che si dichiara green non compia sempre scelte coerenti.

    Claudio Dall’Agata, direttore generale di Bestack, consorzio forlivese dei produttori di imballaggi innovativi in cartone ondulato per ortofrutta, ci ha raccontato come il loro lavoro di ricerca è orientato alla realizzazione di cassette per l’ortofrutta che consentono di conservare gli alimenti più a lungo. Il packaging, dunque, ha sì un rinnovato valore agli occhi del consumatore, ma non deve perdere funzionalità altrimenti il costo per il produttore e distributore diventa troppo alto da sostenere e il rischio è che l’uso di plastica subisca una flessione più lieve e meno significativa.

    packaging sostenibile

    New Africa/shutterstock.com

    Un articolo pubblicato sulla rivista McKinsley & Company Paper, Forest Products & Packaging Practice, individua tre elementi che devono caratterizzare un packaging sostenibile sia dal punto di vista ambientale sia commerciale, tenendo conto delle preferenze e delle preoccupazioni dei consumatori:

    1. eliminare la dispersione del packaging nell’ambiente;
    2. aumentare la riciclabilità delle confezioni e l’uso di materiali già riciclati nella composizione del packaging;
    3. ridurre l’impronta ecologica del packaging, ovvero le emissioni di Co2 lungo l’intero processo produttivo.

    Un packaging sostenibile implica l’individuazione di un equilibrio tra questi tre elementi che sono interconnessi. A cui si aggiunge una piena funzionalità e la capacità da parte dei brand di sensibilizzare il consumatore, spiegandogli le ragioni delle scelte e perché vengono compiute.

    Una pellicola biodegradabile e commestibile a base di scarti di frutta: il progetto di Lidl Svizzera ed Empa 

    La ricerca nell’ambito del packaging sostenibile è un ambito che coinvolge aziende, la GDO, i centri di sviluppo in maniera trasversale e, talvolta, anche in partnership come nel caso di Lidl Svizzera insieme all’EMPA, il Laboratorio federale svizzero di Scienza dei materiali.

    Insieme, le due realtà hanno sviluppato una pellicola per rivestire la frutta e la verdura fortemente innovativa. È realizzata a partire dalla sansa, ovvero un materiale che deriva dalle bucce, pressate, della frutta e della verdura stesse che andrebbero gettate dopo la spremitura. In questo modo, gli scarti assumono un nuovo ruolo attivo, rispondendo in pieno all’esigenza di stimolare l’economia circolare.

    lavare frutta e verdura

    Morakod1977/shutterstock.com

    La “pellicola” in cellulosa può essere applicata su frutta e verdura in due modi: spruzzandola direttamente sopra le bucce, oppure per immersione. Ma come si elimina? Basta lavare l’alimento, ma può essere anche consumata.

    Secondo i primi test svolti nei laboratori svizzeri, gli alimenti così restano freschi per un periodo di tempo più lungo rispetto al confezionamento con le pellicole sintetiche oppure con la plastica. Nel caso delle banane, l’Empa ha osservato che la conservazione con questo film ecologico rende i frutti buoni una settimana in più.

    L’obiettivo di Lidl Svizzera e del Laboratorio di ricerca è continuare i test su questo materiale e, entro due anni, utilizzarlo in tutti i rivenditori dell’insegna della Svizzera e, se funziona bene, allargarlo anche negli altri Paesi dove è presente Lidl, Italia compresa.

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    Passaporto friulano e cuore bolognese, Angela vive a Udine dove lavora come giornalista freelance. Per Il Giornale del Cibo scrive di attualità, sociale e food innovation. Il suo piatto preferito sono i tortelloni burro, salvia e una sana spolverata di parmigiano: comfort food per eccellenza, ha imparato a fare la sfoglia per poterli mangiare e condividere ogni volta che ne sente il bisogno.

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