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Biodegrapack: il packaging alimentare che si può piantare

Angela Caporale
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    Sono molte le sfide a cui rispondono aziende, ricercatori e start up che operano nel mondo della food innovation. C’è chi si occupa di agricoltura di precisione – come per esempio i fondatori di Elaisian, inseriti nella prestigiosa lista della rivista Forbes che elenca i 100 giovani talenti under 30 italiani – chi coniuga la tecnologia con l’esigenza dello sviluppo agricolo in Paesi in via di sviluppo, chi ancora sceglie di investire sulla ricerca di un packaging sostenibile.

    Come emerso anche durante l’edizione 2019 del SANA, il Salone del Biologico che si tiene a Bologna nel mese di settembre, questo aspetto è cruciale perché si riduca l’impatto ambientale del settore agroalimentare. Sostituire la plastica non è la sola strada da percorrere, e anzi è necessaria una riflessione che coinvolge tutti: dal punto di vista del cittadino, è utile promuovere uno stile di vita più attento e consapevole, dal punto di vista dell’innovatore, invece, la sfida è trovare un’alternativa che sia funzionale e davvero eco-friendly.

    Interessanti, a tal proposito, l’idea di sviluppare un packaging che si possa piantare e trasformare così un potenziale rifiuto in una pianta, senza immettere la confezione nel ciclo dei rifiuti. Ci ha pensato George Bosnas che ha inventato Biodegrapack, la confezione di uova che produce legumi, vincitore del primo Young Balkan Designer 2019. Ma non è il solo prodotto che risponde all’esigenza di ridurre i rifiuti plastici creando biodiversità. Scopriamoli insieme!

    Biopackaging e oggetti “zero waste”: una soluzione ecologica per sostituire la plastica 

    biodegrapack contenitore uova

    georgebosnas.com/portfolio/biodegrapak

    È stata approvata ormai un anno fa, nel maggio 2019, la direttiva dell’Unione europea UE 2019/904 sulle materie plastiche monouso (detta anche direttiva SUP, Single Use Plastics) che prevede il divieto di utilizzo di molti prodotti plastici monouso a partire dal 2021. Mentre, dal 2025, le bottiglie di plastica dovranno contenere obbligatoriamente almeno il 25% di materiale riciclato. L’obiettivo è ridurre l’impatto sull’ambiente, e in particolare sull’ecosistema marino, della plastica.

    Questa norma ha incentivato la ricerca in questo settore, già attiva da anni, con l’obiettivo di individuare e sviluppare materiali compostabili ed ecologici che possano svolgere le stesse funzioni, restando sicuri per la salute. Il Centro ricerche Enea di Brindisi, per esempio, sta testando dei film “smart” che cambiano colore mano a mano che il cibo si deteriora, diventando uno strumento utile anche per evitare gli sprechi alimentari. Come riporta Polimerica, sono oggetto di studio dei biopolimeri ottenuti dagli zuccheri di mais e barbabietole, e biocompositi a base di scarti della filiera alimentare.

    Ci sono anche alcune start up che hanno individuato le potenzialità di materiali organici e di scarto per realizzare oggetti zero waste ed ecologici. È il caso, per esempio, di Milk Brick, azienda sarda che realizza mattoni a partire dagli scarti dell’industria casearia. Come ci ha raccontato il fondatore Giangavino Muresu, “i nostri prodotti contengono la ‘fibra di latte’, una fibra biologica che assorbe l’umidità per poi rilasciarla rapidamente in termoregolazione. Si tratta di un materiale biologico che possiede importanti caratteristiche di isolamento termico, ed è altamente traspirante e antibatterico.”

    Biodegrapack: il packaging per le uova che diventa una pianta di legumi

    biodegrapack legumi

    georgebosnas.com/portfolio/biodegrapak

    Biodegrapack è un’invenzione del greco George Bosnas che ha pensato di creare una confezione per le uova che sia totalmente ecologica. Come spiega sul suo sito, “il riciclo è un processo multilivello che include il trasporto, lo smistamento, la lavorazione e la trasformazione dei materiali in nuovi beni.” Biodegrapack è innovativo perché, dopo l’uso, non c’è bisogno di gettare via il contenitore, ma è già pronto a trasformarsi in una piccola pianta di legumi direttamente a casa, sul davanzale o nell’orto.

    Il contenitore, infatti, è realizzato in polpa di carta, farina, amido e semi biologici di leguminose. È solido e robusto, adatto quindi a proteggere fino a quattro uova e, una volta consumate, non va buttato, ma piantato. Biodegrapack si decompone da solo liberando i semini contenuti al suo interno. L’obiettivo, spiega ancora il designer, è “creare un prodotto che sia autenticamente amico dell’ambiente”, un risultato che si può ottenere anche in breve tempo. Sul sito sito spiega, infatti, dopo circa 30 giorni le piantine dovrebbero germogliare e crescere, arricchendo di fatto anche il suolo. 

    Il dato è tratto e l’idea è stata sviluppata e condivisa da Bosnas che ha vinto, con questo progetto, anche il premio come Young Balkans Designer nel 2019. Ora ci vorrà del tempo per capire se Biodegrapack diventerà effettivamente una soluzione adottata e sviluppata a livello commerciale. Intanto, però, si tratta di un’invenzione interessante e green, che può stimolare l’attenzione e la sensibilità all’ambiente anche nel settore del food.

    Life Pack, piatti e posate 100% compostabili 

    L’idea di Bosnas non è la sola che coniuga la necessità di sviluppare materiali compostabili con l’idea di valorizzare la biodiversità. Una soluzione innovativa, infatti,  è quella della società colombiana Life Pack, infatti, ha creato Papelyco, una linea di piatti e posate 100% biodegradabili e compostabili. Gli oggetti sono prodotti con un mix di semi di mais e bucce di ananas, e dopo l’uso si possono semplicemente gettare nell’umido, oppure piantare. 

    Packaging eco-friendly anche a casa: l’esempio di Apepak

    Le soluzioni per ridurre l’utilizzo della plastica per imballare e custodire gli alimenti non sono rivolte soltanto alle industrie: esistono infatti prodotti altamente innovativi e compostabili perfetti anche per l’utilizzo domestico. Un esempio è quello di Apepak, un involucro per alimenti realizzato in cera d’api 100% sostenibile e biodegradabile. Questa “pellicola” alternativa può essere utilizzata per conservare spezie, insalata, pane, frutta o frutta secca; si lava normalmente in acqua fresca ogni due/tre settimane e quando arriva alla fine della sua vita può essere smaltita nell’umido. Come ci ha spiegato il founder Massimo Massarotto, entro quattro anni l’Apepak sarà completamente smaltito. Una soluzione che, lentamente, sta conquistando le famiglie italiane: in un anno, infatti, sono ben 12.000 quelle che hanno provato questa soluzione.

     

    Che ne pensate di queste invenzioni amiche dell’ambiente?

     

    Passaporto friulano e cuore bolognese, Angela vive a Udine dove lavora come giornalista freelance. Per Il Giornale del Cibo scrive di attualità, sociale e food innovation. Il suo piatto preferito sono i tortelloni burro, salvia e una sana spolverata di parmigiano: comfort food per eccellenza, ha imparato a fare la sfoglia per poterli mangiare e condividere ogni volta che ne sente il bisogno.

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