Orto e Mangiato, l’introduzione!

Adriana Angelieri

orto in vaso

Per i lettori del Giornale del Cibo in anteprima esclusiva l’introduzione del nuovo libro di Martino Ragusa “Orto e Mangiato” (Sperling & Kupfer).

 

Orto…

Non sono io che curo l’orto, è l’orto che cura me. Cura il mio fisico, dandomi cose buone da mangiare, e cura la mia mente, rilassandomi, perché quando ci si occupa di una pianta il cervello si svuota di tutto per riempirsi solo di lei.
L’orto mi cura e mi coltiva. Mi ha educato all’attesa e alla pazienza, mi ha insegnato che l’alternarsi delle stagioni non è solo smettere di pagare le bollette del riscaldamento e iniziare con quelle del climatizzatore e mi ha fatto conoscere gioie intense e sconosciute. Prima non avevo mai visto crescere una melanzana piantata da me, né mi ero emozionato condividendola con le persone che amo.
È un rapporto intenso, quello con l’orto, nel quale è l’essere umano a guadagnarci: il sacrificio del tempo viene restituito, con gli interessi, sotto forma di buona tavola, soddisfazioni, divertimento e benessere psicofisico. Perfino i pochi soldi spesi – volendo parlare di argomenti molto concreti – si rivelano un investimento. La spesa dal fruttivendolo, alla fine dell’anno, si alleggerisce di molto. Il mio intenso rapporto con l’orto si è moltiplicato da quando mi sono convertito alla coltivazione in vaso. Conversione avvenuta per pura scelta e, come si conviene in questi casi, per illuminazione. Poiché abito in campagna, potrei coltivare campi interi di lattughe, e invece le faccio crescere nelle fioriere. L’illuminazione mi venne una decina di anni fa da un gigante buono con un nome che sembra quello di un personaggio delle favole: Felice Mangiaforte, fornaio di Pantelleria. Gli chiesi un’intervista perché è un grande conoscitore della cucina pantesca, e lui mi accolse nel suo dammuso. Nel cortile, per l’esattezza, circondato da vasi di peperoni, zucchine e melanzane. Quello, mi disse, era l’unico sistema efficace per contrastare il vento che spesso batte impetuoso sull’isola e per risparmiare la preziosissima acqua. Giuro che non avevo mai visto tanti peperoni attaccati allo stesso fusto. Pensando alle mie piante, piuttosto striminzite benché coltivate in pieno campo, mi venne voglia di provare e cominciai a seminare e piantare i miei ortaggi in vaso, come se la mia casa non fosse in campagna ma nel centro di una metropoli. Il grande successo del metodo Felice Mangiaforte non mi ha fatto più mutare rotta. Oggi sono più che mai persuaso che i campi vadano lasciati ai contadini veri, mentre per gli amatori la soluzione è il vaso. È questo il talismano che rende tutto più facile, perché tutto è contenuto, controllabile e adeguato alle possibilità di chi vuol fare il contadino senza esagerare, ma avere la sicurezza di raccogliere i frutti del suo impegno.

Perché coltivare l’orto in vaso?

Per la soddisfazione di coltivare le piante, vederne crescere i frutti e condividerli con famigliari e amici.
Per portare un po’ di natura in città.
Per mettere in tavola verdure indubitabilmente fresche.
Per avere prodotti a chilometro zero garantito.
Per mangiare biologico senza bisogno di consultare certificati.
Per disporre di ortaggi di nicchia pregiati e non sempre reperibili. Come alcune erbe aromatiche, varietà preziose di peperoni, ecotipi di broccolo eccetera.
Per essere sicuri di quello che si mangia. È noto che lattuga, rucola, spinaci, cime di rapa, valerianella, bietole e altre verdure tendono ad accumulare nelle foglie i nitrati presenti nel terreno e provenienti dall’azoto contenuto nei fertilizzanti. In teoria, chi coltiva queste verdure da foglia dovrebbe abbandonare il criterio della coltivazione intensiva e rassegnarsi a produrre lattughe in minore quantità, più piccole e meno belle. È lecito dubitare. Le verdure da foglia, fra l’altro, sono molto facili da coltivare in vaso e si può avere un raccolto soddisfacente anche andandoci molto piano con i fertilizzanti, compresi quelli biologici. Chi se ne importa se le lattughe saranno meno fotogeniche?
Per avere ortaggi in varie fasi di crescita. I piselli appena raccolti contengono zuccheri semplici. È a questi che si deve il delizioso sapore dolce. A solo un’ora dalla raccolta, però, gli zuccheri cominciano a trasformarsi in amidi e i piselli perdono il piacevole sapore dolce per acquisire quello farinoso. Un altro esempio è quello degli ajos tiernos saltati in padella, una tapa formidabile non realizzabile in Italia. Gli ajos tiernos (teneri), detti anche ajetes (aglietti), sono agli raccolti molto giovani, quando gli spicchi non sono ancora formati e assomigliano ancora ai cipollotti. Non c’è negozio che li venda, ma per averli basta piantare un po’ di spicchi di aglio in un vaso e raccoglierli molto precocemente.
Per disporre di piante aromatiche fresche, anche quelle difficili da trovare. L’esempio più vistoso è quello del dragoncello. Nei negozi si trova solo essiccato, che sa di fieno, oppure fresco della varietà russa (Artemisia dracunculoides), che non sa di niente. Basta coltivare la varietà francese (Artemisia dracunculus) per risolvere il problema. Lo stesso discorso vale per l’aneto, la nepetella, il timo limoncino.
Per ritrovare in ortaggi e frutta il «sapore di una volta».
Perché l’orto domestico è un hobby sano, divertente, socializzante ed economico.
Perché è un formidabile strumento pedagogico per i bambini e un passatempo praticabile dalle persone anziane per le quali è un’ottima forma di allenamento fisico e mentale.
Perché rieduca gli eco-analfabeti di ritorno alla conoscenza della natura e riabitua all’alimentazione con prodotti di stagione.
Perché con le piante si stabilisce un rapporto affettivo non molto dissimile da quello con gli animali domestici. Insomma, fanno compagnia.
Perché conviene al portafoglio. La salvia secca in vasetto costa più di 200 euro al chilo, quella del davanzale è gratis. Quando si ha bisogno di un rametto di prezzemolo se ne deve comprare almeno un mazzo di 50 grammi a 1,50 euro (30 euro al chilo). Quasi sempre finisce che si usa il rametto e si butta il resto del mazzo dopo un lungo stand-by in frigo. Lo steso vale per il basilico, l’erba cipollina e tante altre erbe aromatiche fresche.
Perché molte piante orticole sono belle, con un grande valore ornamentale.
Perché è un atto d’amore verso il pianeta. Nutrirsi delle proprie verdure di stagione significa rinunciare a prodotti trasportati da mezzi altamente inquinanti o coltivati in serre energeticamente dispendiose.
Perché le piante in vaso si ammalano poco rispetto a quelle coltivate in terra. La maggior parte degli agenti patogeni provengono dal terreno contagiato da coltivazioni precedenti. Cambiando a ogni coltivazione il terreno e il terriccio, il rischio è pressoché azzerato. Allo stesso modo si scavalca il problema della rotazione delle coltivazioni (non si può coltivare la stessa pianta per uno o più anni consecutivi nello stesso terreno).
Perché grazie al vaso la terra non è più troppo bassa, come dicono i contadini.
Perché l’orto è un eccellente anti-stress e un migliorativo dell’umore. Senza voler medicalizzare troppo, va ricordato che l’ortoterapia è una pratica psicoterapeutica.

… e Mangiato

Nel ricettario troverete la mia cucina delle verdure. Preferisco chiamarla così, e non cucina vegetariana, perché io non sono un vegetariano, anche se auspico e pratico una cucina che vede protagonisti i vegetali riservando a carni e pesci il ruolo di comprimari. Per esempio, le puntarelle sono un piatto per il 99% vegetariano e con l’1% circa di acciughe sotto sale o sott’olio. Lo stesso vale per la pizza o la pasta alla scarola, e per molti altri piatti a base di verdura. Le ricette, comunque, sono tutte rigorosamente vegetariane. In più, sono corredate dalla descrizione della variante per onnivori nei casi in cui la ricetta preveda la possibilità di
aggiungere qualche pezzetto di acciuga, di prosciutto o di pancetta.
Troverete un menu tutto vegetariano, dall’antipasto al dessert, e con piatti di ogni estrazione: di cucina alta e povera, d’autore e popolare, creativa e tradizionale, di tutti i giorni e delle feste, e ancora regionale, italiana, etnica e straniera. C’è di tutto perché ho deciso di condividere con voi quelli che ritengo i migliori piatti vegetariani del mio menu, selezionati in più di quarant’anni di appassionata pratica in cucina.
Ma ora basta con le parole. Passiamo all’orto e, da lì, dritto dritto ai fornelli!

 

Siciliana trasferita a Bologna per i tortellini e per il lavoro. Per Il Giornale del Cibo revisiona e crea contenuti. Il suo piatto preferito può essere un qualunque risotto, purché sia fatto bene! In cucina non devono mancare: basilico e olio buono.

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