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Modena, un ottima meta per un week end invernale

Adriana Angelieri

di Alice FregniChi l’ha detto che le mete dei week end invernalali, montagna a parte, sono poche?  Venite a Modena!  E’ una delle patrie della cucina adatta al freddo  e può essere l’occasione di degustazioni veramente ghiotte. Ma prima, un’interessantissima visita al centro storico ricco di monumenti di grande prestigio. Vi basti pensare che Il Duomo, la celeberrima Ghirlandina e Piazza Grande sono dal 1997 patrimonio UNESCO dell’umanità.  Non meno celebre è la gastronomia dominata dal maiale le cui carni sono declinate in numerose specialità, a cominciare dal Prosciutto di Modena, più sapido rispetto a quello di Parma, meno blasonato ma assolutamente da assaggiare. Imperdibile è anche il Salame di San Felice, dal caratteristico sapore dolce e fatto rigorosamente con carni provenienti da allevamenti del luogo. Ai più temerari è proposto l’assaggio dei ciccioli, piccoli tocchetti croccanti, ricavati dal grasso dei suini separato dalla cotenna, sono ipocalorici e vengono proposti come aperitivo; oppure della coppa di testa, un insaccato composto dal trito dell’interno della testa del suino e della lingua.La macellazione dei maiali ormai avviene con i ritmi imposti dall’industria. Tuttavia, sono ancora molte le case di campagna in cui sopravvive la tradizione di macellarlo una volta all’anno. In dialetto questo momento è detto della “Pcaria”, si tiene da novembre a gennaio e, come è facile immaginare, è l’occasione di una festa. E’ risaputo che del maiale non si butta via nulla, neppure le zampe che sono fondamentali per lo zampone, simile al cotechino ma tipico modenese. Per chi non lo sapesse, la differenza tra cotechino e zampone sta solamente nell’involucro, nel primo è un budello, nel secondo una zampa ripiena.Dal maiale si ottiene anche il lardo,detto pesto, che viene condito con aglio e rosmarino tritati, per poi essere utilizzato per farcire le crescentine. Sono focaccine fatte con un impasto di acqua, farina 00 e lievito e sono tipiche delle zone montane. Vengono cotte nelle tigelle, testi di terracotta,che hanno finito col dare il nome alle crescentine stesse, conosciute fuori dal modenese proprio come tigelle. Le crescentine modenesi, inoltre, non sono da confondere con quelle bolognesi che sono fritte e che a Modena prendono il nome di gnocco fritto. Un’altra tipicità delle zone “alte” sono i borlenghi, una sottilissima sfoglia simile a una crepe, ottenuta cuocendo in un’apposita piastra, chiamata róla, un impasto di acqua, farina e sale, condito con la “cunza”, altro nome del pesto. Celeberrimo prodotto tipico è l’aceto balsamico, famoso in tutto il mondo. Oltre che condimento è l’ingrediente principale di alcuni piatti (risotto, umidi) e si può trovare sia nei supermercati che dai rivenditori specializzati. Attenti alle differenze però! Se volete un prodotto di alta qualità, invecchiato 25 anni o più nei solai delle case dovete leggere sull’etichetta la parola “tradizionale” di Modena o di Reggio Emilia Dop. In questo caso non si tratta di verto e proproio aceto. E’ un mosto cotto e subisce un lungo invecchiamento. L’aceto che invece apporta la scritta “Aceto Balsamico di Modena” è un vero e proprio aceto di vino, addizionato spesso di caramello e può avere o meno il marchio Igp. I prezzi di questi due prodotti così differenti sono altrettanto diversificati: il tradizionale ha un costo che varia a seconda “dell’età” ed è chiaramente più alto.Modena è anche città di tortellini, pasta all’uovo ripiena, con la sfoglia tirata rigorosamente con il mattarello. I tortellini bolognesi sono molto simili a quelli bolognesi, ma con differenze riguardanti il ripieno: a Modena è cotto e di solito si compone di due terzi di maiale e un terzo di manzo o vitello, a Bologna il ripieno è crudo e prevede la mortadella. Si dice che la città di Castelfranco Emilia sia la vera patria del tortellino (sta a metà strada, guarda caso) e propone una mezza via tra le due versioni; qui il tortellino è così importante che in piazza gli hanno fatto una statua! Tutt’altra storia per le zone reggiane e quelle della Romagna, dove i tortellini diventano cappelletti.Una volta le rezdore (le donne “reggitore” che cucinano e si occupano della casa), facevano a gara a chi faceva il tortellino più piccolo. Più era minuto, più era difficile da chiudere, dunque era sinonimo di bravura.Altri piatti che si possono trovare a Modena sono i maccheroni al pettine al ragù, il risotto all’aceto balsamico servito con scaglie di Parmigiano e gocce di Aceto Balsamico Tradizionale e la salsa verde che si compone di un mix di verdure tritate e prezzemolo da accompagnare ai bolliti di manzo e vitello. Ci sono anche i paparòc (papparucci), piccoli quadrati di polenta fritta con i fagioli, che spesso si trovano nelle fiere di paese, sempre abbinati ad un buon bicchiere di vino rosso.Anche i vini fanno parte del patrimonio gastronomico di queste zone, in particolare il Lambrusco di Sorbara, prodotto nella pianura, con un aroma più delicato; il Lambrusco Grasparossa di Castelvetro, prodotto sulla collina, ha una gradazione più alta e una caratteristica schiuma rossa; il Lambrusco Salamino di Santa Croce, prodotto in tutta la parte Nord ed Ovest della provincia, dal sapore più armonioso e lievemente tannico. Tutti e tre Doc dal 1970. Il lambrusco è un vino che si abbina perfettamente ai piatti di queste zone, è facile da bere e l’ideale per sgrassare la bocca durante un pasto con le specialità modenesi.A volte ci capita di sentire sapori e odori che ci rapiscono particolarmente perché danno un ricordo della nostra infanzia. E’ l’effetto che alcuni dolci della tradizione modenese fanno alle persone di queste zone. Infatti si legano ai sapori di un tempo, all’euforia che precede le festività, al calore che da una casa quando dentro c’è chi la vive a pieno. Un dolce che rappresenta tutto ciò è il bensone, cotto al forno e ripieno di confettura Savor (un preparato che si lega storicamente alla saba, nel periodo successivo la vendemmia), che viene decorato con granella di zucchero, tagliato a fette e intinto nel vino. Sempre per parlare di delizie ripiene ci sono gli sguazarot (tortelli) farciti di marmellata, frutta secca o cioccolato.Salendo sulle prime colline troviamo le crostate di confettura di amarene o ciliegie di Vignola, conosciute per l’ottima qualità e lo zucarein o zuccherino montanaro, un biscotto caratterizzato dalla presenza nell’impasto di semi di anice e ricoperto da una glassa composta da zucchero e liquore di anice. Si prepara anche la colomba di Pavullo, che non ha molto a che vedere con la colomba pasquale che tutti conoscono, è infatti una focaccia dolce farcita di savor, marsala e frutta secca. Per continuare, potreste gustare gli amaretti morbidi, fatti di mandorle amare e dolci, uova e zucchero. Si portano spesso in regalo durante la Pasqua o per Natale. Infine la Torta Barozzi di Vignola, molto compatta a base di cacao e fondi di caffè. La ricetta è segreta, l’originale viene prodotta solo dagli eredi di Gollini a Vignola ed è tutelata da un marchio registrato.Tra i liquori, il Sassolino, tipico di Sassuolo da cui prende il nome. Ha un sapore intenso di anice e spesso viene utilizzato per insaporire e aromatizzare dolci e biscotti. Le foto sono tratte da Creativecommons.org

Adriana è Responsabile di Redazione e Social Media Manager per Il Giornale del Cibo dal 2016. Siciliana di origine, si è trasferita a Bologna per i tortellini e per la sua carriera. Unendo la sua grande passione per l'alimentazione alle competenze nei progetti editoriali, si dedica alla guida del team redazionale e alla creazione di contenuti che garantiscano ai lettori un'informazione chiara, utile e accurata. Oltre che per i tortellini, il suo cuore batte per i risotti, di ogni tipo, purché fatti bene! Il profumo del basilico e l'olio buono sono gli ingredienti che non possono mai mancare nella sua cucina.

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