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Obesità infantile: come curarla e come fare prevenzione

Elena Rizzo Nervo
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    Il Giornale del Cibo si è più volte occupato di obesità infantile, un fenomeno mondiale di proporzioni preoccupanti che riguarda circa 40 milioni di bambini sotto i 5 anni, Italia compresa.
    Si tratta di una patologia le cui conseguenze per la salute, in particolare lo sviluppo di malattie croniche, non sono da sottovalutare, ma che fortunatamente si può evitare, puntando su corretti stili di vita.
    Per questo medici e nutrizionisti lavorano per individuare il giusto approccio terapeutico, reso complesso dalla molteplicità di fattori alla base del sovrappeso. Cerchiamo, quindi, di approfondire come si previene questa patologia, in base alle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità, per poi soffermarci sul percorso diagnostico e, quindi, su come curare l’obesità infantile, facendo riferimento alle recenti considerazioni presentate dall’ADI – Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica – e curate dal prof. Giuseppe Morino – U.O. Educazione Alimentare – dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

    Obesità infantile: un’origine multifattoriale

    bambino bilancia

    Sovrappeso e obesità infantile in Europa riguardano soprattutto la Spagna, Cipro e l’Italia. Nel nostro Paese, circa 1 bambino su 10 è in sovrappeso e, peraltro, permangono disparità e ingiustizie sociali, per cui il fenomeno è maggiormente diffuso nelle famiglie a basso reddito e nelle regioni del Sud.

    Come evidenziato nel documento ADI dal titolo “Obesità infantile: quale percorso diagnostico – terapeutico?”, il quadro clinico di questa patologia presenta diverse complessità, dovute sia alle complicanze metaboliche, sia alla molteplicità di fattori alla base del sovrappeso.

    Se l’obesità infantile non dipende (solo) dalle merendine, come vi abbiamo raccontato qualche tempo fa, all’origine della malattia possono contribuire:

    • fattori ambientali
    • sedentarietà
    • scorrette abitudini alimentari

    oltre a una predisposizione genetica, che secondo le stime influirebbe in media nel 25% dei casi.

    Ecco perché, “l’obiettivo principale della terapia non è il rapido calo ponderale, spesso non necessario in quanto la stabilizzazione del peso e la crescita staturale possono risolvere il problema; l’obiettivo principale appare invece l’ottenimento di un cambiamento permanente delle abitudini alimentari e dello stile di vita del paziente, associato ad una riduzione delle complicanze già presenti”.

    Come curare l’obesità infantile e come fare prevenzione?

    educazione alimentare

    Nel 2014 L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha istituito la Commission on Ending Childhood Obesity (Echo), coinvolgendo oltre 100 Paesi membri con l’obiettivo di “fornire raccomandazioni ai governi per prevenire lo sviluppo di obesità nelle giovani generazioni, ridurre il rischio di morbosità e mortalità a causa di malattie non trasmissibili, nonché diminuire gli effetti psicosociali negativi dell’obesità sia in infanzia che in età adulta”. A gennaio 2016 la Commissione Echo ha presentato il suo rapporto finale, individuando 6 raccomandazioni rivolte ai Governi, per invertire la tendenza, puntando sulla prevenzione.

    Prevenzione obesità infantile: come agire?

    Il report sottolinea la necessità di azioni intersettoriali comuni e l’importanza del fattore tempo: infatti, in un approccio life-course si può fare prevenzione verso l’obesità infantile, a partire da prima del concepimento.

    In particolare, la Commissione Echo ha individuato questi 6 punti che tutti i Governi dovrebbero seguire nella prevenzione dell’obesità infantile:

    1. Promuovere l’assunzione di cibi sani, con programmi globali e anche attraverso un freno al marketing di cibi non sani.
    2. Promuovere l’attività fisica.
    3. Assistenza durante pre-concepimento e gravidanza, per ridurre il rischio di obesità infantile, poiché molti pediatri sono ormai convinti di quanto i primi 1000 giorni di vita, concepimento e gravidanza compresi, siano fondamentali per impostare corretti stili alimentari.
    4. Attenzione precoce alla dieta e all’attività fisica infantili, da promuovere nei luoghi frequentati da bambini fornendo indicazioni e supporto riguardo all’importanza del sonno, di una dieta sana e dello sport.
    5. Salute, alimentazione e attività fisica per i bambini in età scolare, implementare programmi completi nelle scuole che promuovano l’alfabetizzazione di bambini e adolescenti sui temi della salute, della nutrizione dell’attività fisica (in particolare attraverso la definizione di standard per i pasti scolastici).
    6. Sostegno ai servizi che si occupano di controllo del peso attraverso azioni multisettoriali che coinvolgano le famiglie.

    La sesta raccomandazione fa un chiaro riferimento al ruolo educativo della scuola, la quale attraverso la ristorazione scolastica, l’attività fisica e i progetti di educazione alimentare, può contribuire in maniera rilevante alla salute dei bambini e alla lotta all’obesità infantile. In particolare, il documento della Commissione specifica che si dovrebbero sviluppare programmi di educazione alimentare con una partnership tra mondo educativo e mondo sanitario e che queste tematiche dovrebbero rientrare nel curriculum scolastico. Non solo, Echo auspica la collaborazione tra scuola, famiglia e comunità per fornire a bambini e giovani le corrette nozioni in ambito di alimentazione e salute, prevenendo lo sviluppo di sovrappeso e obesità infantile.

    Percorso diagnostico: il ruolo centrale del pediatra

    Secondo le ultime direttive, i criteri per identificare il soggetto in sovrappeso e/o obeso utilizzano le curve dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO Multicentre Growth Reference Study Group, 2006) sotto i 5 anni e quelle di riferimento dell’OMS (de Onis M,et al. 2007) tra 5 e 18 anni, basate sull’Indice di Massa Corporea.
    Al di là degli aspetti strettamenti medici, tutti gli studi in merito concordano sul fatto che la complessità dell’obesità infantile chiami in causa diverse figure professionali che in fase diagnostica devono collaborare a vari livelli.

    Centrale è il ruolo del pediatra, “che ha il compito di individuare precocemente i bambini a rischio, di motivare la famiglia ad un percorso di cura, di iniziare precocemente il trattamento e inviare ai livelli di assistenza più intensivi i casi specifici”.

    obesità infantile cuore

    Una volta che l’obesità infantile è conclamata il percorso diagnostico richiede un centro di II livello dove effettuare anche:

    • esame clinico
    • elettrocardiogramma
    • monitoraggio ambulatoriale della pressione arteriosa
    • spirometria

    allo scopo di mettere in luce “il rischio cardiovascolare e respiratorio, il profilo endocrino-metabolico, le eventuali limitazioni funzionali e lo stato psicologico”.

    Inoltre, in base alla gravità del quadro clinico, il prof. Morino sottolinea come al centro del problema metabolico ci sia il fegato, per cui anche nell’ultima Consensus Italiana sull’obesità infantile, “viene messa in rilievo la necessità dell’ecografia epatica tra gli esami di base da effettuare”.

    Solo nei casi gravi di obesità si pone la necessità di un intervento assistenziale di III livello che compete ai Centri Specializzati in Obesità Pediatrica, all’interno dei quali “le ultime evidenze scientifiche pongono la necessità di prevedere anche la chirurgia bariatrica tra le possibili soluzioni poste all’adolescente complicato e con gradi estremi di obesità”.

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    Percorso terapeutico per obiettivi

    Secondo la recente Consensus su diagnosi, trattamento e prevenzione dell’obesità del bambino e dell’adolescente, presentata presso il Ministero della Salute lo scorso 4 dicembre dalla Società Italiana di Pediatria e dalla Società Italiana di Endocrinologia Pediatrica, gli obiettivi del percorso terapeutico sono:

    • trattamento e miglioramento/risoluzione delle complicanze, se presenti, nel più breve tempo possibile
    • raggiungimento di un equilibrio tra spesa energetica e apporto calorico (mediante l’aumento dell’attività fisica e l’acquisizione di abitudini alimentari più corrette)
    • mantenimento dei ritmi di accrescimento adeguati con il raggiungimento di un buon rapporto tra peso e statura
    • riduzione dell’eccesso ponderale (e non raggiungimento del peso ideale), riduzione della massa grassa e mantenimento della massa muscolare metabolicamente attiva
    • salute psicologica, in termini di autostima, attitudini corrette verso il cibo e il proprio corpo e miglioramento della qualità di vita
    • mantenimento dell’equilibrio staturo-ponderale raggiunto e prevenzione delle ricadute.

    È evidente, come sottolinea il prof. Morino dell’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica, la necessità di un protocollo condiviso nel trattamento dell’obesità infantile, basato non solo su dieta e attività fisica, ma orientato a un cambiamento degli stili di vita.

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    Educazione terapeutica

    L’approccio nel trattamento dell’obesità infantile, quindi, è quello dell’Educazione Terapeutica (ET), generalmente utilizzato negli adulti per contrastare le malattie croniche. “Necessita di competenze professionali specifiche, utilizza strumenti dell’approccio cognitivo-comportamentale (diario alimentare) e si basa su un percorso, a piccoli passi, volto ad aumentare la motivazione al miglioramento delle abitudini alimentari ed all’incremento del movimento spontaneo ed organizzato”.
    Si tratta di un “patto”, in cui il paziente si fa carico del proprio stato di salute e con lui la famiglia, partecipando alle decisioni che lo riguardano e impegnandosi a collaborare e a modificare il proprio stile di vita. Per combattere le malattie metaboliche, ridurre il rischio cardio-vascolare e l’obesità, occorre condurre una vita attiva ed essere responsabili della propria salute. 

    Giornalista pubblicista, Elena è nata a Bologna, dove vive e lavora. Per Il Giornale del Cibo si è sempre occupata di attualità, sana alimentazione e sostenibilità. Il suo piatto preferito é il Gâteau di Patate, "perché sa conquistare tutti, unendo gusto e semplicità". Per lei in cucina non può mancare una bottiglia di vino, "perché se c'è il vino c'è anche la buona compagnia".

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