Mesciua, la zuppa “povera” della tradizione spezzina

Roberto Caravaggi
3 minuti

     

    Di primo impatto può sembrare insolito, ma uno dei piatti simbolo di La Spezia è una zuppa di cereali e legumi. Si chiama mesciua, si pronuncia mescciüa e deriva dal termine “mescià”, che nel dialetto locale sta per “mescolare”. È una ricetta dalle umili origini: gli ingredienti sono ceci, fagioli e farro per un piatto da servire e gustare caldo condito con un giro di buon olio EVO, sale e pepe. Ma cosa ci fa una zuppa a base di prodotti della terra tra le specialità di una città di mare? Se siete curiosi, non resta che seguirci e scoprire insieme cosa bolle in pentola.  

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    Mesciua, il piatto “di terra” che ha fatto breccia in una città di mare

    La Spezia è una città giocoforza legata al mare. Capoluogo dell’omonima provincia, si è sviluppata a partire dal suo porto e dai traffici commerciali via nave. E come accade in questi casi, l’elemento marino scandisce la vita di chi ci abita e ne influenza cultura e abitudini. Non sorprende quindi che la cucina spezzina sia improntata soprattutto a specialità marinare, come i celeberrimi muscoli di La Spezia. Eppure esiste un’eccezione a questa regola: si chiama mesciua ed è, di fatto, una zuppa di cereali e legumi. Un piatto che potrebbe sembrare di derivazione dall’immediato entroterra collinare, dove effettivamente c’è una forte vocazione contadina. Non a caso, qui si produce l’olio EVO Riviera di Levante DOP, frutto soprattutto della cultivar Razzola, varietà d’olivo molto simile alla più nota Taggiasca, oltre alla cipolla di Pignone e a una delle più apprezzate tipologie di ciliegie italiane, ovvero il durone sarzanese, per citare due PAT (Prodotti Agroalimentari Tradizionali) del territorio. Nonostante alcuni studiosi ipotizzino che una preparazione simile fosse già in uso circa tremila anni fa in Val di Vara, le origini della mesciua per come la conosciamo oggi riporterebbero più verosimilmente proprio alla città di La Spezia e al suo porto.

    Ceci, fagioli, farro e ingegno: la mesciua nella tradizione popolare

    Sembra infatti che nei secoli scorsi, i camalli – come sono chiamati gli scaricatori di porto liguri – usassero raccogliere quanto cadeva dai sacchi delle merci oggetto di carico e scarico dalle imbarcazioni. E in particolare granaglie e legumi, che diventavano risorsa importante per sfamare la famiglia. Sarebbe quindi dovuta alle mogli dei camalli del porto di La Spezia l’invenzione della mesciua. Ceci, fagioli, farro e grano: ecco i semplici ingredienti che costituiscono un piatto povero ma di sostanza, che ricorda molto da vicino la crapiata materana e che, più in generale, si inserisce nel solco delle ricette regionali nate dal dover fare di necessità virtù. E come spesso accade, quella che un tempo era considerata “cucina povera” viene ora rivalutata. Chi si trova a visitare La Spezia e dintorni si accorgerà che la mesciua è protagonista tanto nei menù delle osterie tradizionali, quanto in quello dei ristoranti più moderni. Il connubio tra grano e legumi, del resto, ne fa un piatto completo dal punto di vista nutrizionale e capace di rispondere bene anche alle esigenze di chi sceglie di mangiare vegetariano o vegano.  

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    La ricetta per preparare la vostra mesciua

    Come molti piatti della tradizione popolare – ad esempio della panzanella toscana – la mesciua si è diffusa tra le mura domestiche, tramandandosi di generazione in generazione. A differenza però della caponata siciliana e delle sue numerose versioni, qui la semplicità degli ingredienti e della preparazione rende meno complicato codificarla. Certo, le varianti rimangono, ma si limitano a pochi accorgimenti: c’è chi, ad esempio, cuoce separatamente i fagioli dai ceci, chi ci mette anche le lenticchie, chi usa solo il farro e chi, invece, aggiunge il grano saraceno. Ecco allora la ricetta che proponiamo per chi volesse mettersi alla prova.

    Ingredienti (per 4 persone)

    • 250 g di ceci secchi
    • 250 g di fagioli cannellini secchi
    • 100 g di farro
    • 2 cipolle
    • olio EVO q.b.
    • sale q.b.
    • acqua q.b.
    • pepe q.b.
    • rosmarino q.b.

    Procedimento

    1. Dopo avere opportunamente ammollato fagioli, ceci e legumi, scolateli e sciacquateli sotto l’acqua corrente. Metteteli quindi in una pentola capiente, coprite tutto con acqua fredda non salata e accendete il fuoco.
    2. Lasciate cuocere a fiamma bassa fino all’ebollizione, quindi proseguite la cottura schiumando o aggiungendo acqua bollente all’occorrenza. 
    3. Dopo circa due ore aggiungete il rosmarino e aggiustate di sale.  
    4. Lasciate sul fuoco ancora qualche minuto, poi spegnete e rimestate il tutto, valutando la consistenza dei legumi, che a questo punto dovrebbero essere teneri al punto giusto.
    5. Impiattate, aggiungete un giro d’olio Evo, una grattata di pepe e ornate con un rametto di rosmarino.

    La parte più laboriosa e delicata riguarda la fase di ammollo degli ingredienti. In genere occorrono diverse ore, che vanno quindi messe in conto per la preparazione del piatto. Fagioli, ceci e farro inoltre possono richiedere tempi diversi, motivo per cui c’è chi preferisce ammollarli e cuocerli separatamente. Per non sbagliare potete fare riferimento a quanto riportato sulla confezione stessa o documentarvi nel nostro articolo su come cucinare i legumi. Ad ogni modo, nella ricetta proposta abbiamo optato per cuocere tutto insieme. Questo può comportare che i fagioli, in genere più teneri, tendano un po’ a sfaldarsi, creando un effetto crema, che contribuisce a renderla più densa. Se però preferite che grano e legumi siano ben sodi, vale il suggerimento di cuocere in pentole diverse ciascun elemento, curandone la consistenza, per poi unire tutto alla fine.

    Infine, la temperatura di servizio: da tradizione la mesciua va assaporata calda, ma anche tiepida o scaldata l’indomani, dopo averla fatta raffreddare e conservata in frigorifero, ha il suo perchè. 

    Noi ve l’abbiamo servita volentieri, ora però tocca a voi: vi piacerebbe assaporare o, perché no?, preparare la vostra versione della mesciua?


    Immagine in evidenza di: Halil ibrahim mescioglu/shutterstock.com

     

    La prima passione di Roberto è la scrittura, la seconda è la buona cucina. Dopo anni da collaboratore di testate giornalistiche locali, nella redazione de Il Giornale del Cibo ha trovato il suo habitat ideale. Itinerari enogastronomici ed eccellenze alimentari, con qualche incursione nel mondo della birra artigianale, sono le aree tematiche con cui cerca di trasmettere "emozioni di gusto". Come quella di assaporare una piadina romagnola generosamente farcita di squacquerone e rucola, o una focaccia di Recco fatta a regola d’arte.

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