Storia e ricetta della “zuppa dei Sassi”: la crapiata materana

Roberto Caravaggi
2 minuti

     

    Non è soltanto un piatto rappresentativo del territorio, ma un vero e proprio rituale di convivialità: come definire altrimenti la crapiata materana? Quella che si presenta come una semplice zuppa di cereali e legumi è, in realtà, il simbolo di una tradizione contadina, tanto povera quanto sentita. Una tradizione fatta di condivisione, dal momento che la crapiata si prepara in un unico grande pentolone e si consuma in un momento che coinvolge tutto il vicinato

    Un appuntamento che si ripete il primo agosto di ogni anno nel borgo La Martella, dove tutto ha avuto inizio, e che è diventato elemento cardine della cultura locale. Al punto che la crapiata è, tra le tante specialità tipiche della Basilicata, il piatto scelto per inaugurare, nel 2019, l’anno in cui Matera è stata insignita del ruolo di Capitale europea della cultura. Seguiteci in questa visita guidata tra i sapori e la storia della famosa città dei sassi, che si concluderà un delizioso souvenir: la ricetta con cui cimentarvi nella preparazione casalinga della crapiata materana.

    Storia della crapiata: tutta la tradizione e l’orgoglio di un popolo in un piatto

    Sull’origine del nome “crapiata” ci sono teorie divergenti. Una vuole che derivi dal termine greco krambe, che indica una pianta di legumi. Un’altra fa riferimento al latino crepula, ovvero lo stato di ebbrezza legato all’abitudine di innaffiare il momento di convivialità con tanto vino. Una terza ipotesi riporta, invece, al termine dialettale cràpa, in riferimento all’antica usanza di ammazzare e mangiare una capra la domenica successiva alla celebrazione del raccolto. L’ultima, infine, fa riferimento al calabrese cràpia, con cui si indica il treppiede su cui si metteva il pentolone dove cuocere la zuppa. 

    A tanta incertezza sul nome, tuttavia, fa da contraltare la certezza su come sia nata. La crapiata è, infatti, il “pasto della ricompensa”, quello con cui si suggella la fine delle fatiche nei campi. Un sentimento che ha sempre coinvolto l’intera comunità contadina e che perciò si condivide in un unico, solenne momento di socialità. A partire dalla preparazione, che vede ogni famiglia portare in dote una manciata di cereali e legumi raccolti nei mesi precedenti da cuocere poi in unico pentolone.

    Alla scoperta del borgo La Martella, la culla della crapiata

    Un’altra certezza sulla crapiata è il legame col suo territorio d’origine. Un legame viscerale e a suo modo unico: prima ancora di essere una delle specialità simbolo della città di Matera, è infatti il rito in cui si identifica un luogo specifico, il borgo La Martella. Si tratta di una piccola frazione edificata negli anni Cinquanta del secolo scorso per ospitare gli sfollati del quartiere dei Sassi. All’epoca era il cuore della Matera popolare, abitato da famiglie di contadini che vivevano in condizioni di povertà estrema, senza nemmeno un’adeguata rete fognaria. L’opera nazionale di risanamento e bonifica di alcune aree rurali comportò quindi la decisione di dismettere le abitazioni di quello che oggi è uno dei siti di maggiore interesse storico della Basilicata e di accoglierle in questo nuovo spazio. 

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    La Martella prende il nome da “la marted”, termine dialettale con cui si identifica la pianta spontanea mediterranea nota come mirto. È qui, tra vicoli acciottolati e case di mattoni cotti e tufo, che ancora oggi si ritrovano usi e costumi popolari e quello spirito di convivialità e di condivisione da cui nasce la tradizione della crapiata. Il momento di aggregazione in cui le famiglie del vicinato si riuniscono per consumarla insieme ha una precisa collocazione temporale: è il primo di agosto, data in cui questo evento popolare si ripete puntualmente ogni anno. Dopo aver rischiato di perdersi, quando negli anni ‘70 la fuga verso le città ha svuotato le campagne, la crapiata ha conosciuto una rinascita, al punto che la sua preparazione è diventata una sagra aperta a tutti e rappresenta uno degli appuntamenti più importanti della città di Matera.

    Un trionfo di cereali e legumi: la crapiata materana

    Fagioli, lenticchie, ceci, cicerchie, fave, piselli, farro, grano: la crapiata è un trionfo di cereali e legumi, con giusto l’aggiunta di qualche patata novella e dell’olio a crudo. Tanta abbondanza di ingredienti per una preparazione facile, che non prevede particolari accorgimenti, se non la pazienza di ammollare i legumi e rispettarne i lunghi tempi di cottura. 

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    L’uso dei legumi secchi è l’aspetto distintivo della crapiata. Si tratta, infatti, di quanto raccolto durante l’annata di cui si celebra la conclusione. Ci sono poi il trito di sedano, carote e cipolla a dare una spinta di gusto, insieme alle erbe aromatiche come l’alloro, al peperoncino e a qualche pomodorino, che spesso si usa aggiungere nelle versioni moderne.

    Ne risulta un piatto completo dal punto di vista nutrizionale e ricco in quanto a gusto. La crapiata si può gustare calda, appena cotta, oppure anche dopo averla lasciata intiepidire. Per qualcuno è anche più buona il giorno dopo, quando gli elementi che la compongono hanno tempo per amalgamarsi meglio e insaporirsi ulteriormente.    

    Come preparare a casa la crapiata materana: la ricetta 

    Trattandosi di una specialità associata a un momento di aggregazione e quindi concepita per una moltitudine di persone, non sono state tramandate ricette per preparazioni domestiche della crapiata. Quella che vi proponiamo è dunque una rielaborazione dosata ad hoc per chi vuole cimentarsi a cucinarne una versione casalinga

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    Ingredienti (per sei persone)

    • 100 g di fave non decorticate
    • 100 g di ceci
    • 100 g di cicerchie
    • 100 g di piselli
    • 100 g di fagioli bianchi
    • 100 g di fagioli occhio nero
    • 200 g di lenticchie, preferibilmente piccole
    • 100 g di farro
    • 200 g di grano duro
    • 6 patate novelle piccole
    • 1 carota
    • 1 cipolla
    • 1 gambo di sedano
    • q.b. olio extravergine di oliva
    • q.b. di sale
    • q.b. di acqua
    • 2 foglie di alloro (opzionale)
    • q.b. di pomodorini (opzionale)
    • q.b. di pepe nero o peperoncino (opzionale)

    Procedimento

    1. Ammollate i legumi in acqua fredda per 24 ore, dopodiché scolateli e sciacquateli con acqua corrente.
    2. Pulite e lavate le patate novelle, senza eliminare la buccia.
    3. Mettete tutti i legumi e le patate in una pentola capiente e aggiungetevi l’acqua fino a coprirli di circa due dita
    4. Fate cuocere a fuoco lento per circa 45 minuti.
    5. Aggiungete il sedano, la carota, la cipolla, i pomodorini, una presa di sale, le foglie di alloro o erbe aromatiche a piacimento (salvia o rosmarino) e proseguite la cottura per  altri 45 minuti.
    6. A cottura ultimata, spegnete il fuoco, eliminate sedano, carota e cipolla e aggiungete un filo d’olio EVO.
    7. Rimestate e servite quindi in terrine concave, aggiungendo pepe o peperoncino a piacere. 

    La crapiata viene abitualmente accompagnata da fette di pane casereccio e innaffiata da del buon vino rosso del territorio, come il Matera DOC Primitivo. Per caratterizzare ulteriormente il piatto con un altro sapore tipico lucano, nella preparazione si potrebbe utilizzare il Fagiolo Verdolino di Sarconi IGP, piccolo, dalla forma tondo-ovoidale, che ben si presta a preparazioni dalla lunga cottura. O, ancora, spolverizzare il piatto con della polvere di Peperone di Senise IGP. Ad ogni modo, quella proposta vuole essere soltanto la migliore approssimazione di una ricetta mai codificata ufficialmente proprio perché la crapiata materana è, come detto, molto più di un piatto, ma un autentico rito collettivo

    Dopo aver conosciuto storia e tradizione che stanno dietro la crapiata materana, vi sentite pronti a preparare la vostra versione domestica e portare a casa i sapori del borgo La Martella?

    Nato a Milano, vive da sempre a Locate di Triulzi, nella provincia sud del capoluogo lombardo. Oltre a collaborare con alcune testate giornalistiche locali è food blogger per storiedifood.com, dove racconta soprattutto di specialità e piccole realtà artigianali. Il suo piatto preferito è la piadina romagnola perché, nella sua semplicità, sa appagare come poche altre cose.

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